Cooperando
Si è concluso il progetto promosso da Missioni Consolata Onlus in sostegno agli agricoltori di Gambo (Etiopia), finanziato dalla Regione Piemonte nell’ambito del Programma di sicurezza alimentare e lotta alla povertà in Africa Sub – sahariana (anno 2009). Grazie al progetto, che ha visto anche la partecipazione di LVIA, ong di Cuneo, 96 agricoltori di Gambo hanno potuto seminare e raccogliere grano e rifornire la mensa del Gambo Rural Hospital.
Montagne coperte di grandi alberi verdi e campi dalla terra scura e umida: il paesaggio, quasi alpino, che si osserva arrivando a Gambo, nell’Etiopia sudorientale, è quantomeno insolito per chi si aspetta il panorama africano classico, fatto di acacie dalle radici che lottano fra le crepe della terra ocra per bere avidamente le poche gocce d’acqua che il calore soffocante non si è ancora portato via. In uno scenario come questo non ci si aspetta di trovare scarsità di cibo e problemi di malnutrizione come quelli che stanno mettendo a rischio la vita di oltre dieci milioni di persone in tutta l’Africa orientale a causa della devastante ondata di siccità che ha colpito la regione nel corso dell’estate. «Qualcuno la chiama green drought, siccità verde, o green famine, carestia verde», dice suor Laura, missionaria della Consolata che lavora a Gambo, «ma, al di là dei termini tecnici, il risultato è evidente: tutto è verde e rigoglioso, ma i raccolti vanno perduti perché la pioggia è caduta al momento sbagliato».
Gambo Rural Hospital
Gambo è un villaggio di circa duemila abitanti a 2.200 metri sul livello del mare, nella regione dell’Arsi a quaranta chilometri da Shashemane; si è sviluppato intorno alla missione e al suo ospedale e la sua popolazione è profondamente legata alla vita del Gambo Rural Hospital, che serve tutta la zona circostante foendo assistenza sanitaria a decine di migliaia di persone. «La missione nasce negli anni Venti con i padri cappuccini, che negli anni Sessanta costruiscono il dispensario per la cura dei lebbrosi», spiega Fratel Francisco Reyes, missionario della Consolata, medico e direttore dell’ospedale. «Il Gambo Rural Hospital nasce dunque come lebbrosario ed è a partire dagli anni Settanta, quando i missionari della Consolata subentrano ai cappuccini, che si sviluppa come ospedale generale». Oggi conta 145 posti letto, ospedalizza circa quattromila pazienti e offre servizio di ambulatorio per circa cinquantamila persone all’anno. Ha una mateità, due sale operatorie, un centro nutrizionale, una farmacia, un laboratorio e realizza programmi di diagnosi e cura della lebbra, della tubercolosi e dell’HIV/Aids in quanto centro-sentinella nell’ambito del programma nazionale etiope di sorveglianza della diffusione del virus.
La popolazione di Gambo è attivamente coinvolta nella vita dell’ospedale: il personale è quasi tutto composto da abitanti del villaggio che prestano servizio sia nell’assistenza sanitaria sia nella manutenzione e nel funzionamento ordinario dell’ospedale come tecnici, operai, cuochi, elettricisti, idraulici, personale amministrativo. «Un legame così profondo fra villaggio e ospedale rischia di creare dipendenza», spiega padre Renzo Meneghini, che si occupa dell’amministrazione della missione. «Per questo, fin da subito noi missionari ci siamo sforzati per evitare il mero assistenzialismo e far sì che la gente di Gambo partecipi e collabori attivamente e responsabilmente alle attività della missione e dell’ospedale che foiscono loro assistenza sanitaria e istruzione».
Sostegno agli agricoltori
È in questo contesto di collaborazione e partecipazione che si inserisce il progetto finanziato dalla Regione Piemonte dal titolo Sostegno agli agricoltori di Gambo, Etiopia, per la coltivazione di frumento per consumo domestico e foitura all’ospedale di Gambo.
L’obiettivo del progetto era doppio: da un lato, mettere gli agricoltori di Gambo in condizione di seminare e raccogliere grano per provvedere al fabbisogno delle proprie famiglie; dall’altro lato, ottenere una riduzione dei costi di gestione dell’ospedale ricevendo dai contadini parte del loro raccolto grazie al quale rifornire la mensa dell’ospedale, che serve circa duecento pasti al giorno.
Nelle fasi preliminari, il progetto ha dovuto tenere in considerazione una serie di difficoltà che la popolazione di Gambo sperimenta a causa dell’isolamento del villaggio.
Innanzitutto, il reperimento delle sementi. Se è vero che ci sono iniziative del governo etiope per distribuire i semi nei villaggi attraverso le autorità locali e a pagamento, il villaggio di Gambo non ha finora beneficiato di questo intervento. Il centro di distribuzione delle sementi più vicino si trova a venti chilometri dal villaggio ed è raggiungibile solo con molta difficoltà attraverso una strada sterrata sulla quale circolano trasporti collettivi privati che funzionano però solo in modo intermittente e occasionale. Spesso, per raggiungere i villaggi circostanti, è necessario muoversi a cavallo e la maggior parte del trasporto di merci avviene a dorso d’asino: per questo, procurarsi un quintale di sementi può essere, per un agricoltore, molto costoso ed estremamente disagevole.
La seconda difficoltà è la mancanza di liquidità per l’acquisto delle sementi.
Pagare in natura
Un sistema, quindi, basato sulla restituzione di parte del raccolto a titolo di rimborso delle sementi e del fertilizzante ricevuto, era il solo che potesse mettere i coltivatori in grado di prendere parte al progetto e, nel contempo, di contribuire a ridurre i costi che l’ospedale deve affrontare per l’alimentazione dei pazienti.
Si è proceduto all’acquisto e alla distribuzione di sementi e fertilizzante utilizzando per il trasporto sedici asini. Le fluttuazioni del costo dei semi sono state favorevoli nel periodo dell’intervento e questo ha permesso di servire non 78 agricoltori, come il progetto originale prevedeva, ma 96, di cui un terzo sono donne. «Le difficoltà sono state diverse», spiega Fratel Francisco Reyes, responsabile del progetto, «e alcuni contadini hanno chiesto proroghe per la restituzione del grano poiché in alcuni casi le piogge hanno rovinato il raccolto. Alcuni purtroppo non sono riusciti a restituire il quintale di grano ricevuto. Tuttavia, il progetto può dirsi concluso: gli agricoltori che vi hanno preso parte hanno infatti ottenuto ca. 18 quintali di grano per ogni quintale seminato e, oltre ad aver contribuito a sostenere la mensa dell’ospedale, potranno garantire la sicurezza alimentare della propria famiglia per l’anno in corso».
Bilancio e prospettive
Il progetto prevedeva la collaborazione con LVIA – Associazione internazionale volontari laici, una ong di Cuneo che vanta un’esperienza quarantennale nella cooperazione allo sviluppo con presenze in undici Paesi africani e ha vaste competenze per quanto riguarda l’ambito agricolo in particolare.
Dalla visita a Gambo effettuata dall’agronomo incaricato da LVIA, il dottor Ayele Gebreamlak, sono emersi alcuni aspetti sui quali sarà necessario concentrarsi in futuro per rendere l’iniziativa più sostenibile e efficace.
In primo luogo, si legge nel rapporto finale, occorrerà valutare l’opportunità di utilizzare sementi differenti da quelle utilizzate nel progetto (che non possono essere ripiantate per più di un raccolto o due) per poter garantire una dotazione costante di sementi per le attività future.
Inoltre, per raggiungere la sostenibilità dell’iniziativa, occorre prendere in considerazione l’ipotesi di ripensae la struttura in modo da renderla un vero e proprio intervento di microcredito che coinvolga in modo più mirato le organizzazioni locali (in particolare gli iddirs, gruppi di solidarietà spontanei che rappresentano la principale forma associativa autoctona in Etiopia). A questo proposito, LVIA ha condiviso con MCO l’esperienza maturata in progetti agricoli realizzati presso i kebele (la più piccola unità amministrativa del sistema etiope) di Halaba, Shashego e Lemo, che si trovano in un’area non lontana da Gambo e ne rispecchiano perciò alcune caratteristiche.
Al di là del progetto specifico, vale la pena di sottolineare che il cornordinamento e la collaborazione fra partner inteazionali e locali per la realizzazione di interventi sostenibili e coerenti si rivela di un’importanza cruciale in zone come l’Africa orientale, dove l’esigenza di promuovere la sicurezza alimentare delle popolazioni locali si fa ancora più urgente alla luce delle emergenze legate alle ondate di siccità come quella che nel corso del 2011 ha privato milioni di persone di acqua e cibo.
Chiara Giovetti