Americhe
Dall’animazione alla missione
Nata prima della Seconda Guerra Mondiale come attività di animazione missionaria e vocazionale (Brasile 1937), la missione nel continente americano scoprì e sviluppò in breve tempo la sua vera dimensione ad gentes. I territori sconfinati delle grandi pianure del Nord argentino, della foresta amazzonica e le valli montane della cordigliera si rivelarono infatti “terre di missione” che ben poco avevano da invidiare alla, fino ad allora per noi classica, missione africana.
Oggi, dopo quasi tre quarti di secolo, i nostri missionari sono presenti in Brasile, Argentina, Colombia, Venezuela, Ecuador, Stati Uniti, Canada e, di recente, in Messico.
Molteplici sono gli ambiti di missione in cui l’Istituto è impegnato oggi in America. L’animazione missionaria e vocazionale, l’impegno nei mezzi di comunicazione sociale, la formazione e, specialmente in Nord America, la raccolta di fondi a servizio delle missioni, rappresentano attività logistiche di supporto a presenze pastorali e di evangelizzazione diretta sul territorio. Quante volte, sulle pagine di questa rivista, i nostri missionari hanno raccontato la storia della nostra presenza in America, parlando di Cristo e di come, grazie al loro lavoro, si è incarnato negli angoli più sperduti di questo grande territorio. Le nostre macchine fotografiche si sono infilate dappertutto, riportando immagini di popoli indigeni, comunità afro-discendenti, comunità rurali e vite compresse nelle immense baraccopoli metropolitane. Abbiamo documentato storie di guerra, ma anche bellissime iniziative di riconciliazione per ricostruire la pace. Abbiamo anche provato a contestualizzare le nostre vicende leggendole insieme a quelle più grandi e importanti di una chiesa che, nel continente, ha saputo in molti casi essere segno di contraddizione, rottura e liberazione profetica dei più poveri. Una chiesa che, tra le altre cose, ha cercato di darsi, sin dal primo incontro delle sue Conferenze Episcopali (Celam – Rio de Janeiro 1955), una dimensione continentale, poi venuta pian piano maturando con le importanti tappe degli incontri sinodali di Medellin, Puebla, Santo Domingo e Aparecida. Anzi, a partire dall’incontro di Santo Domingo, il cammino si è fatto ancora più interessante e complesso, includendo nel percorso ecclesiale anche le comunità del Nord America. Illuminanti a questo riguardo le parole di papa Giovanni Paolo II contenute nell’Esortazione Apostolica post-sinodale Ecclesia in America, pubblicata come documento conclusivo dell’incontro di Santo Domingo: «Gli elementi comuni a tutti i popoli dell’America, tra i quali risalta una medesima identità cristiana come pure un’autentica ricerca del consolidamento dei legami di solidarietà e di comunione tra le diverse espressioni del ricco patrimonio culturale del Continente, sono il motivo decisivo per il quale ho chiesto che l’Assemblea Speciale del Sinodo dei Vescovi dedicasse le sue riflessioni all’America come ad una realtà unica. La scelta di usare la parola al singolare voleva esprimere non solo l’unità sotto certi aspetti già esistenti, ma anche quel vincolo più stretto al quale i popoli del Continente aspirano e che la Chiesa desidera favorire, nell’ambito della propria missione, volta a promuovere la comunione di tutti nel Signore» (EA, n. 5).
Senza confini
Questo spirito di collaborazione tra i due emisferi si è riflesso anche nelle attività dell’IMC, con una dimensione continentale nettamente più marcata che in altre parti dell’Istituto. Un segno di questa collaborazione fra le diverse circoscrizioni americane è dato dall’apertura della nuova missione in Messico, a cui ogni gruppo ha contribuito. Altre iniziative sono state prese a livello di pastorale, formazione e animazione missionaria e vocazionale, cercando di condividere i nostri cammini con le suore missionarie della Consolata e il crescente mondo laicale. Ovviamente, il mettere insieme realtà così diverse come quelle rappresentate dai due poli continentali, Nord e Sud, non è stata cosa facile. Per alcuni, anzi, il Nord America presenterebbe tratti distintivi molto più simili a quelli dell’Europa con cui potrebbe relazionarsi più facilmente tanto a livello di tematiche, che di strategie e mezzi. Finora si è preferito insistere nel creare relazioni fra le due Americhe. Si è creduto infatti importante rinsaldare a livello di fede, un legame già esistente a livello politico ed economico.
L’idea soggiacente è quella di abolire le frontiere dove ciò sia possibile. Ad un mondo che tende ad innalzare barriere in nome di un’idea di sicurezza che tutela i ricchi dai più poveri (il vergognoso muro fra Stati Uniti e Messico non è che un esempio, ma lo sono anche le unità abitative di lusso che separano le persone abbienti delle città latinoamericane da quelle che vivono nelle favelas), la testimonianza missionaria oppone l’abolizione della frontiera, strumento di divisione. Il confine, sia esso rappresentato da una strada o da un fiume, diventa semmai spazio ed occasione di incontro. Un pensiero, questo, in linea con la cultura indigena, refrattaria a fare della natura creata per tutti uno spazio lottizzato.
Per questa ragione il continente americano privilegia un’organizzazione secondo ambiti missionari per la quale i problemi comuni di chi si occupa, per esempio, di pastorale indigena, vengono affrontati a livello continentale con la possibilità di formare e gestire personale specializzato in quel tipo di attività.
Anche l’ultimo progetto, tuttora in fase di implementazione, va in questa direzione: si tratta di organizzare una missione in zona amazzonica che coinvolge addirittura tre paesi: la Colombia, l’Ecuador e alcune comunità in territorio peruviano. A voler significare che il Vangelo tende ad unire e non conosce frontiere.
Ugo Pozzoli