Presentazione Dossier
Lo slogan gridato e scritto su striscioni innalzati da un folto gruppo di fedeli, soprattutto giovani, in Piazza San Pietro l’8 aprile 2005, durante il funerale del papa Giovanni Paolo II, non è stato solo folklore: 20 giorni dopo, in deroga alla legge del 1983, papa Benedetto XVI concedeva la dispensa dai cinque anni di attesa dopo la morte di Karol Wojtyla prima di iniziare il processo di canonizzazione. Il 28 giugno dello stesso anno veniva aperta ufficialmente la causa di beatificazione, conclusa dallo stesso papa il 14 gennaio 2011, fissando la data della celebrazione: dal 1° maggio Karol Wojtyla è il beato Giovanni Paolo II.
«Papa santo» non è l’unica qualifica usata da ammiratori e «papa boys» per descrivere la personalità di Giovanni Paolo II; molti altri titoli, espressioni e aggettivi sono stati usati per sottolineare la ricchezza della sua figura e la complessità dell’esercizio del suo pontificato: Karol il Grande, papa carismatico e mediatico, homo viator, papa pellegrino, parroco del mondo, apostolo della giustizia e della pace, papa operaio, poeta e filosofo; alcuni hanno cercato di ingabbiarlo in definizioni contrastanti, come moderno o nostalgico, conservatore o progressista, anticomunista o anticapitalista, di destra o di sinistra… a seconda del punto di vista ideologico da cui veniva guardato. Tutte queste categorie e dimensioni egli le ha comprese, attraversate e superate, lasciando un’immagine non univoca e una eredità ancora aperta.
C’è tuttavia un denominatore comune che qualifica tutti i 27 anni di pontificato di Giovanni Paolo II, un aspetto non sempre evidenziato dai media, ma che ci sta particolarmente a cuore: la sua missionarietà. «Egli ha fatto del suo servizio alla missione e all’evangelizzazione il fondamento e l’asse portante del suo ministero: il suo infaticabile impegno nell’autentica missionarietà e il suo costante magistero sulla missione hanno contribuito a fare acquistare una nuova comprensione dell’identità missionaria della Chiesa, a suscitare un nuovo slancio nell’azione evangelizzatrice, a chiarire principi e criteri per meglio delineare la missione e l’attività missionaria» (Giuseppe Cavallotto).
In occasione della sua beatificazione, sentiamo il dovere, come missionari, di sottolineare questa dimensione fondamentale del suo ministero pastorale, sottolineando l’eredità di pensiero e il dinamismo impresso alla chiesa in 27 anni di pontificato. Il beato Giovanni Paolo è stato e rimane ancora oggi il papa della Redemptoris missio e dei viaggi in giro per il mondo; il papa che ha dato impulso alla realizzazione di molte intuizioni del Concilio, come l’inculturazione, l’ecumenismo, il dialogo interreligioso, il protagonismo missionario della chiesa locale, la giustizia e la pace, la solidarietà tra i popoli e la salvaguardia del creato… Sono tutte facce della stessa missione, sfide che attendono ancora di essere affrontate e portate a soluzione. In tutti i continenti i problemi ancora aperti sono molti e l’eredità lasciata da Giovanni Paolo è già una strada da seguire, uno stimolo a tutta la Chiesa per pensare e ripensare nuove forme di annuncio e testimonianza della Buona Notizia di Cristo.
Sarebbe illusorio pensare che siamo già arrivati là dove il papa ha voluto condurci. Traghettando la Chiesa nel terzo millennio, Giovanni Paolo II l’ha esortata a prendere il largo (Duc in altum); la sua beatificazione rilancia tale invito ad allargare sempre più gli orizzonti. Arrendersi alla difficoltà, rassegnarsi alla mentalità diffusa che favorisce il disimpegno personale, chiudersi nel passato e vivere di rendita sono atteggiamenti non solo poco evangelici, ma il modo peggiore di onorae la memoria e la santità.
L’ammirazione non basta. Per questo, oltre a rievocare la sua figura e i suoi viaggi apostolici per incontrare e incoraggiare i discepoli di Cristo sparsi in tutto il mondo, vogliamo dare spazio alla sua voce sui temi che riguardano «questo dovere supremo: annunziare Cristo a tutti i popoli» (RM 3).
«La missione è ancora agli inizi» afferma Giovanni Paolo II, rimarcandone la sua costante urgenza, sottolineando al tempo stesso i benefici che lo slancio missionario riversa sulla fede e la vita cristiana, nella convinzione che «la missione rinnova la Chiesa, rinvigorisce la fede e l’identità cristiana, dà nuovo entusiasmo e nuove motivazioni. La fede si rafforza donandola!» (RM 2).
Benedetto Bellesi