Le multinazionali del farmaco (seconda ed ultima puntata)
La lobby delle case farmaceutiche ha mille facce. Dagli articoli pseudo-scientifici, alla sperimentazione su popolazioni dei paesi «poveri», alla modifica dei parametri di salute. Per arrivare alle campagne di vaccinazione inutili e dannose.
Occorre una maggior indipendenza dei medici ma anche un approccio più responsabile di tutti rispetto al consumo dei farmaci.
Gli sforzi per incrementare i guadagni delle industrie farmaceutiche non si limitano solo a quanto descritto (si veda MC marzo 2011, prima puntata), già di per sé molto discutibile. Le strategie messe in atto da quella che risulta essere una vera e propria lobby del farmaco sono molteplici e decisamente illecite. Si va dai metodi più innocui, come la promozione di congressi e giornate dedicate alle varie patologie (comprese quelle che fino a qualche anno fa non erano considerate malattie come la menopausa, l’osternoporosi, l’incontinenza o la stipsi), fino a quelli un po’ più subdoli, come inviti a ristoranti prestigiosi e regali di vario tipo per i medici prescrittori dei loro farmaci. Peggio ancora, queste industrie riescono a pilotare le pubblicazioni su alcune riviste scientifiche, spesso al soldo di «Big Pharma» (la lobby farmaceutica), in modo da influenzare i medici nelle loro scelte. In pratica esse assoldano degli autori sconosciuti (i quali fanno spesso capo ad agenzie di marketing) per redigere articoli, che magnificano le qualità dei loro prodotti e mettono in cattiva luce, senza peraltro valide prove scientifiche, i prodotti concorrenti. Oppure mitigano i rischi, che l’assunzione del farmaco pubblicizzato può comportare, o ancora promuovono farmaci non adeguatamente testati. Tali articoli vengono poi sottoposti alla firma di un luminare medico, che non ha partecipato ad alcuna ricerca sul farmaco in questione, ma è disposto a sottoscrivere l’articolo, per avere una pubblicazione in più nel suo curriculum. In tal modo l’articolo acquisisce credibilità, viene pubblicato su una rivista scientifica e quindi utilizzato per pubblicizzare il proprio farmaco presso i medici curanti, che purtroppo non sempre cercano le prove scientifiche di quanto viene pubblicato.
Al fine di contrastare questa pratica, dannosa per la vera informazione scientifica, ma soprattutto per i pazienti, si è costituito un gruppo di operatori sanitari, denominato «No grazie, pago io», con omonimo sito internet, impegnato a far sì che la propaganda farmaceutica non guidi la pratica clinica.
Cavie (umane) africane
Ciò che fa veramente inorridire, però, è il comportamento delle multinazionali dei farmaci nei paesi in via di sviluppo, per quanto riguarda le sperimentazioni delle nuove molecole. Purtroppo in questi stati abbondano le persone malate e senza diritti, da sottoporre a test improponibili in Occidente. Si moltiplicano infatti le testimonianze su test clinici, che non rispettano i diritti umani più elementari, pur di arrivare a tempo di record alla commercializzazione di un prodotto. I paesi dove si è maggiormente spostata la sperimentazione delle industrie del farmaco sono quelli africani, oltre a quelli dell’Europa dell’Est e dell’America Latina.
Basta ricordare, ad esempio, quanto avvenne nel 1996 nell’ospedale di Kano in Nigeria. Nel paese africano, quell’anno vi fu un’epidemia di meningite, che uccise 15.800 persone. La Pfizer decise di sperimentare in quell’ospedale un suo nuovo antibiotico, il Trovan, senza alcun controllo da parte della Food and Drug Administration (Fda), l’ente statunitense che dà il via libera ai farmaci, ma che non ha praticamente voce in capitolo sugli esperimenti effettuati fuori dagli Stati Uniti.
Secondo la testimonianza dei medici dell’Ong Medici senza frontiere, che operavano nello stesso ospedale e curavano i malati con un vecchio, ma efficace antibiotico, il cloramfenicolo, i ricercatori della multinazionale assoldarono 200 bambini malati, somministrando il Trovan a 99 di loro ed un antibiotico già rodato di controllo (il cefotriaxone) agli altri 101.
La sperimentazione partì male e proseguì peggio, perché venne intrapresa senza il consenso scritto (obbligatorio) dei genitori, adducendo come scusa che si trattava di persone analfabete. Inoltre la prova venne condotta solo per 6 settimane, mentre negli Stati Uniti le autorità richiedono un anno di lavoro, per convalidare un nuovo farmaco.
Infine, il fatto più grave, la terapia a base del nuovo antibiotico venne mantenuta per molti giorni, senza una apprezzabile risposta da parte dei pazienti. Risultato: morirono 11 bambini e ci furono numerosi casi d’infezione, che causarono sordità, paralisi, lesioni cerebrali e cecità. A seguito di questa sperimentazione, le autorità statunitensi permisero la commercializzazione del Trovan solo per gli adulti, a causa dei frequenti danni al fegato e di alcune morti osservate anche nei paesi occidentali.
In Europa questo farmaco venne tolto dal commercio.
Scrupoli addio
La vicenda della sperimentazione del Trovan ha dimostrato che lo spostamento della ricerca farmacologica nei paesi poveri porta con sé molto spesso soprusi, scorrettezze e cattiva qualità degli studi. In queste zone ci sono più malati, quindi più cavie. Per sperimentare un nuovo farmaco, prima di metterlo in commercio, servono circa 4.000 persone. Poiché ogni giorno di ritardo, per il lancio di un nuovo farmaco, costa negli Stati Uniti 1,3 milioni di dollari alla ditta produttrice, si capisce la fretta di effettuare la sperimentazione e quindi di reclutare cavie umane nel più breve tempo possibile. Ecco quindi il vantaggio di spostare la sperimentazione nei paesi del Sud del mondo.
Non sono poi da sottovalutare i costi della sperimentazione. Secondo fonti industriali, un esperimento complesso costa alla casa farmaceutica circa 10.000 dollari per paziente nell’Europa occidentale, 3.000 dollari in Russia e meno della metà in Africa. Inoltre, parallelamente ai flagelli della malaria e della tubercolosi, l’Aids sta preparando l’Africa ad essere il laboratorio ideale per le sperimentazioni senza scrupoli.
In molte circostanze, le multinazionali dei farmaci hanno dimostrato di avere a cuore solo il loro profitto e non la salute pubblica, inducendo le associazioni mediche a modificare le linee guida e i parametri, che determinano lo stato di salute o di malattia (ad esempio abbassando progressivamente il livello dei valori normali della glicemia, della colesterolemia e della pressione arteriosa). Per cui chi, fino al giorno prima, era considerata una persona in salute, in base agli esami di laboratorio, improvvisamente si è ritrovato malato e quindi indotto ad assumere farmaci per lo più inutili, ma sicuramente non scevri di effetti collaterali. Un semplice modo per allargare il giro d’affari.
Attenti al vaccino
Spesso, inoltre, il potere di queste multinazionali è tale da convincere i politici a promuovere iniziative a livello nazionale, come le vaccinazioni di massa. Un tipico esempio del genere è rappresentato dalla vaccinazione gratuita per le ragazze adolescenti fino a 12 anni contro il carcinoma del collo dell’utero, correlato con l’infezione da «papilloma virus umano» o Hpv. Da 3 anni in Italia viene condotta la campagna vaccinale contro l’Hpv e il relativo vaccino viene somministrato dal Servizio sanitario nazionale (Ssn) gratuitamente alle ragazze fino a 12 anni e a prezzo agevolato fino a 25 anni. La campagna pubblicitaria per la vaccinazione, con tanto di spot televisivi, giornate dedicate, convegni e articoli sui principali quotidiani e settimanali è stata martellante e spregiudicata, arrivando a generare sensi di colpa nei genitori contrari. Al pubblico sono però stati accuratamente nascosti alcuni dettagli della vaccinazione e cioè: 1) esistono circa un centinaio di ceppi Hpv, di cui circa 15 sono oncogeni ad alto rischio, cioè capaci di indurre tumori, ma i vaccini usati (il Gardasil della Merck Sharp & Dohme e il Cervarix della GlaxoSmithKline) sono diretti rispettivamente solo contro 4 e 2 di questi ceppi, lasciando tutti gli altri liberi di agire; 2) è gratuita solo la prima vaccinazione, ma quelle che dovranno essere eseguite a distanza di 5 anni sono a pagamento (più di 500 euro); 3) le sperimentazioni sul vaccino si sono svolte nell’arco di 5 anni, ma il tumore della cervice uterina impiega tra i 10 ed i 20 anni a svilupparsi, quindi, in effetti, non c’è stato il tempo di verificare che il vaccino funzioni veramente; 4) sono stati tenuti nascosti gli effetti avversi del vaccino, che in alcuni sfortunati casi ha provocato la morte in giovani ragazze, fino a quel momento in buona salute, e inoltre ha provocato alcune reazioni particolarmente gravi di ipersensibilità, come l’anafilassi, la sindrome di Guillan-Barrè, la mielite trasversa, la pancreatite ed episodi di tromboembolia (vedi il gruppo creato dall’autrice su Facebook «Le nostre figlie non sono cavie da esperimento»).
Vale quindi la pena di fare alcune considerazioni. Innanzitutto sarebbe auspicabile una maggiore indipendenza dei medici dalle pressioni esercitate dalle industrie del farmaco e una loro volontà di ricercare informazioni scientifiche frutto di ricerche indipendenti e non sovvenzionate dalle stesse industrie. In secondo luogo dovremmo noi stessi cambiare il nostro atteggiamento, per quanto riguarda l’uso dei farmaci, utilizzandoli quando sono effettivamente necessari, senza cadere in questa nuova forma di consumismo. Andrebbe sempre ricordato che il medico migliore non è colui, che prescrive i farmaci che vogliamo, ma quello che sa consigliarci per il meglio, dicendoci qual è il momento giusto per smettere di assumerli. Eviteremmo in tal modo di fare del male a noi stessi, dal momento che non possiamo essere certi di non andare incontro ad effetti collaterali e nel contempo non alimenteremmo un giro d’affari spregiudicato.
Farmaci via Inteet
Da qualche anno sta diventando sempre più fiorente un nuovo mercato: quello dei farmaci via internet. Una recente indagine dal titolo «Fake medicines: a global issue» (Farmaci contraffatti: un problema globale), presentata dal gruppo socialdemocratico al Parlamento europeo ha evidenziato un aumento delle vendite di farmaci, molto spesso contraffatti, in rete. Sono infatti sempre più frequenti i siti di sedicenti farmacie on line, che esibiscono falsi sigilli di approvazione, che imitano ad esempio quello della FDA (Food and Drug Administration) o quello di PharmacyChecker, un vero sito certificatore. Per essere più convincenti, alcune farmacie on line dichiarano di avere una sede e dei magazzini, di cui riportano una foto ed i relativi indirizzi, ma una semplice indagine con Google Maps rivela facilmente l’infondatezza di tali dichiarazioni. Secondo l’indagine, il mercato dei farmaci taroccati è cresciuto del 400% dal 2005 ed inoltre sono più di 100.000 ogni anno i decessi causati dai questi farmaci. Sempre secondo questa inchiesta, il 62% dei farmaci venduti on line è contraffatto, il 95,6% delle farmacie on line è illegale, nel 94% dei siti web l’identità del farmacista non è verificabile ed oltre il 90% delle farmacie on line vende senza ricetta medicinali soggetti invece a prescrizione. In Europa almeno una persona su 5 ha già acquistato farmaci on line e gli Stati europei dove il commercio di farmaci in rete è più fiorente sono Germania ed Italia. Secondo un’altra indagine dell’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco), la disinformazione su questo argomento, nel nostro Paese, è pressoché totale. Il 40% della popolazione, ad esempio, non sa che la vendita di farmaci on line è illegale e pensa che si possano vendere liberamente i farmaci, che non necessitano di prescrizione, il 41% non sa nulla dell’argomento e solo uno sparuto 19% è consapevole dell’illegalità di questo commercio. Inoltre il 33% degli italiani pensa che l’acquisto dei farmaci in rete sia un fatto positivo e vantaggioso. Il fenomeno dell’acquisto on line dei farmaci è particolarmente preoccupante, quando gli acquirenti sono dei minori, che spesso acquistano farmaci anoressizzanti o dopanti, in totale anonimato e senza alcuna prescrizione. In generale, l’acquisto di farmaci on line espone a gravi pericoli. I farmaci contraffatti possono essere suddivisi in 4 categorie: prodotti che contengono gli stessi principi attivi (ottenuti legalmente o illegalmente) dei farmaci originali e gli stessi eccipienti, nella giusta quantità; prodotti, che contengono le stesse componenti, ma non nella giusta quantità; prodotti, che contengono principi non attivi o altre sostanze in sé non nocive; prodotti, che non presentano gli stessi principi attivi dei farmaci originali o che contengono addirittura sostanze nocive. Inoltre i farmaci venduti on line possono risultare pericolosi per difetti del confezionamento o per una cattiva conservazione durante il loro immagazzinamento o trasporto.
Secondo l’OMS, il 7% di tutti i farmaci venduti al mondo è contraffatto, con punte del 30% in Brasile e del 60% in alcuni Stati africani. Il valore di questo commercio è stimato intorno ai 10 miliardi di euro. Gli antibiotici sono la categoria di farmaci più contraffatta, rappresentando circa il 45% del totale di questi farmaci, ma ci sono anche i falsi contraccettivi, i falsi antimalarici ed i falsi vaccini. In Europa ed in Nord America il fenomeno della vendita dei farmaci contraffatti è in forte aumento. In questo caso, i farmaci più venduti sono quelli «life-style», come Viagra, Cialis, Levitra, ma anche gli antidepressivi ed i farmaci per le patologie cardiovascolari e respiratorie.
Alla ricerca della pillola magica
Si definiscono farmaci inutili, per i quali non è dimostrata l’efficacia, oppure che sono efficaci per la cura di una determinata patologia, ma vengono spesso prescritti per altre indicazioni. Sostanzialmente possono essere ritenuti inutili tutti quei farmaci, per cui non esiste un rapporto beneficio-rischio favorevole.
Possiamo classificare i farmaci inutili in 3 categorie.
1) La prima è quella dei farmaci, per cui non esistono evidenze scientifiche circa la loro reale capacità di migliorare la qualità della vita, o la sua durata, o di diminuire i sintomi patologici. Tra questi abbiamo una pletora di farmaci di uso comune, tra cui epatoprotettori, vasodilatatori, ricostituenti, immunomodulanti, farmaci per aiutare la memoria, farmaci anti-invecchiamento, integratori alimentari. Spesso chi fa ricorso a questi farmaci, cerca di risolvere in tal modo dei problemi, che nulla hanno a che vedere con una patologia. Basta pensare all’inutilità dei farmaci per la memoria consigliati per migliorare il rendimento scolastico, quando è chiaro che le cause di un cattivo risultato scolastico non sono certo risolvibili con un farmaco (specialmente quando tra le cause vi sono la carenza d’affetto, la disattenzione dei genitori o l’incapacità di certi insegnanti).
2) Alla seconda categoria appartengono i farmaci utilizzati per contrastare le cattive abitudini di vita. Ad esempio, i fumatori fanno spesso uso di farmaci per contrastare mal di gola , tosse, catarro, bronchite, quando è evidente che l’irritazione delle vie respiratorie è causata, in questo caso, dal fumo di tabacco e quindi basterebbe smettere di fumare. A questa categoria appartengono anche i farmaci contro l’obesità, di cui molte persone potrebbero fare tranquillamente a meno con una dieta appropriata ed una maggiore attività motoria.
3) Alla terza categoria appartengono i farmaci utilizzati in modo improprio. Tutti i farmaci hanno infatti precise indicazioni terapeutiche stabilite sulla base di sperimentazioni e regolate dalle autorità di controllo. Pertanto, il loro utilizzo per altre patologie non è opportuno, come nel caso degli antiulcerosi, spesso utilizzati per migliorare la digestione, o contro l’acidità di stomaco o per contrastare l’effetto di altri farmaci. Anche gli ansiolitici come le benzodiazepine e gli antidepressivi possono rientrare in questa categoria, perché spesso prescritti in modo del tutto inappropriato, per tenere tranquilli anziani. Tra l’altro sempre più spesso si fa ricorso a farmaci psicotropi, per tenere a bada i bambini un po’ agitati, senza cercare di approfondire il motivo dei loro disturbi comportamentali. Infine si possono ascrivere a questa categoria gli antibiotici, utilizzati impropriamente nel corso di patologie di origine virale, come l’influenza, quando è certo che tali farmaci non hanno alcuna efficacia contro i virus.
Purtroppo, complici le multinazionali dei farmaci con l’enorme mole di pubblicità per i loro prodotti, la nostra sta diventando una società medicalizzata e farmacocentrica, in cui milioni di persone pensano che esista una pillola magica per tutti i loro problemi e non si rendono conto, in tal modo, di esporsi ad inutili rischi legati ad un esagerato consumo di farmaci.
Rosanna Novara Topino