Diritti e tutela
Migliorare la salute matea e neonatale nel Sud del Mondo
I dati relativi alla salute matea e neonatale nel mondo rivelano una situazione di enorme disparità tra il Nord e il Sud del mondo: una donna in gravidanza nei paesi poveri corre un rischio 300 volte maggiore di morire a causa di complicazioni rispetto alla sua sorella dei paesi ricchi. Una donna muore ogni minuto per cause diverse soprattutto nelle due grandi aree del sottosviluppo sanitario: l’Africa subsahariana, in cui ha luogo la metà dei decessi matei annui, e l’Asia meridionale. È una situazione inevitabile o si può prevenire?
È trascorso oltre un ventennio da quando la comunità sanitaria globale nel 1987 si riunì sotto gli auspici dell’Iniziativa «Mateità sicura» per concentrarsi soprattutto sulla mortalità matea, i cui dati oggi, come allora, rivelano una realtà globale in cui rimane estremamente fragile lo stato della donna in ambito sanitario. D’altro canto il divario nel rischio di mortalità matea tra il mondo industrializzato e molti paesi del Sud, soprattutto quelli meno sviluppati, è spesso definito «il più ampio divario del mondo». In altri termini, come ribadito recentemente (2009) anche da UNIFEM, il Fondo delle Nazioni Unite contro le disparità di genere, una donna del Sud del mondo è almeno 300 volte più esposta al rischio di morire a causa di complicazioni dovute alla gravidanza o al parto di una donna che vive nel ricco Nord. Eppure ancora
nel 2000, quando vennero definiti gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio, oltre 600mila donne morivano ogni anno per complicazioni collegate alla gravidanza e al parto. Circa il 95% dei decessi matei avveniva nei paesi in via di sviluppo. Attualmente, secondo quanto riportato nel recente rapporto «La Condizione dell’infanzia nel mondo», redatto nel 2009 dall’UNICEF, il Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia, ogni anno più di mezzo milione di donne muore per cause associate alla gravidanza e al parto e circa 4 milioni di neonati muoiono entro 28 giorni dalla nascita. Inoltre, milioni di donne che sopravvivono al parto subiscono lesioni, infezioni, malattie e disabilità, spesso con conseguenze che durano tutta la vita. Dati certamente allarmanti che misurano il polso attuale della salute globale per le categorie cosiddette fragili.
CAMBIARE SI PUÒ
Nel moderno contesto globale quindi una donna muore ogni minuto per cause in gran parte prevenibili, soprattutto nelle due grandi aree del sottosviluppo sanitario: l’Africa subsahariana, in cui ha luogo la metà dei decessi matei annui, e in Asia meridionale dove si stima un restante 35%, lasciando il mondo molto distante dal suo obiettivo di ridurre di tre quarti il tasso di mortalità matea tra il 1990 e il 2015 (il cosiddetto MDG 5, Traguardo A). Oltre ai decessi, però, disabilità, malattie, infezioni e lesioni inficiano permanentemente la salute di molte giovani donne, sebbene esistano soluzioni efficaci in termini di costi ed risultati. Si tratta di misure urgenti e radicali, di cui si fanno carico per lo più Ong e organismi inteazionali, nei pur delicati contesti sudmondisti. Dalla prevenzione sanitaria ai più complessi progetti di cooperazione, sarà possibile abbattere quel dato allarmante che stima ancora l’86% dei decessi neonatali come conseguenza diretta di patologie gravi (sepsi-polmonite, tetano e diarrea), asfissia e parto pretermine. Si stima inoltre che le patologie infettive rappresentino circa il 36% di tutti i decessi neonatali, causa principale di morte, soprattutto dopo la prima settimana. La modea ricerca applicata alla sanità sudmondista, ha dimostrato che circa l’80% delle morti legate alla gravidanza si potrebbero evitare se le donne avessero accesso ai servizi essenziali di prevenzione e assistenza sanitaria di base. L’adozione di pratiche igieniche durante il parto è fondamentale per prevenire le infezioni possibili in quel momento, ma ci sono altre complicazioni o malattie che devono essere riconosciute e trattate in tempo. Ugualmente le infezioni nei neonati devono essere riconosciute e trattate subito dopo il parto. Oltre il 40% dei decessi annuali di bambini sotto i cinque anni, l’equivalente di quasi 3,7 milioni di fanciulli, secondo le stime del-l’OMS, avviene nei primi 28 giorni di vita. Tre quarti di questi si verificano nei primi sette giorni di vita e anche la maggior parte di essi sono assolutamente prevenibili.
MODELLI VIRTUOSI
Questi decessi, pesantemente concentrati tra i gruppi di popolazione più svantaggiati all’interno dei paesi con poche risorse, riflettono una disuguaglianza sociale persistente e ingiusta che merita da tempo maggiore attenzione.
Va comunque ricordato che buona parte del lavoro di riduzione delle disuguaglianze va al di là delle possibilità del settore sanitario stesso. La causa di molte malattie non è la mancanza di antibiotici, ma di acqua pulita; le malattie cardiache non dipendono tanto dalla scarsità di unità coronariche, quanto dagli stili e dagli ambienti di vita. Di conseguenza, il settore sanitario deve attirare l’attenzione sulle «cause» alla radice delle disuguaglianze. Affidarsi troppo agli interventi medici è un modus vivendi troppo occidentale. Il modo migliore per aumentare l’aspettativa di vita e migliorare la qualità della stessa sarebbe, senza dubbio, l’adozione, da parte di ogni governo, di politiche e programmi per la salute e l’uguaglianza sanitaria. Ma non solo. I progressi del paese nel campo dello sviluppo umano, soprattutto nell’istruzione matea e infantile, sono stati una delle più grandi storie di successo sud-mondista dei degli ultimi decenni. Proprio dal popoloso subcontinente asiatico è possibile evincere alcuni modelli sanitari virtuosi che hanno invece cambiato, in alcuni stati e regioni, l’inarrestabile catena di morte generata da povertà e dalla crescita demografica.
IL CASO DELLO SRI LANKA
Quella dello Sri Lanka, accanto a quella del sistema sanitario dello stato indiano del Kerala, è la storia più recente di un successo pianificato. Un paese a basso reddito, martoriato da una lunga guerra civile e dalle conseguenze devastanti dello tsunami del 2004, è riuscito a risollevarsi da una drammatica situazione di deprivazione sanitaria. Il tasso di mortalità neonatale dello Sri Lanka è diminuito da 340 su 100mila nati vivi nel 1960, a 43 su 100mila nati vivi nel 2005 e, oggi, il 98% dei parti avvengono negli ospedali. I tassi di assistenza prenatale – almeno una visita – e di assistenza qualificata al parto raggiungono il 99%. Questi risultati hanno avuto effetti positivi anche sulla sopravvivenza infantile: il tasso di mortalità sotto i cinque anni è diminuito da 32 su 1.000 nati vivi nel 1990, a 21 su 1.000 nel 2007. Gli ultimi dati disponibili indicano che anche il tasso di mortalità neonatale si è ulteriormente ridotto a circa 8 su 100mila nati vivi nel 2004. Anche nel settore dell’istruzione di base, le prestazioni dello Sri Lanka sono state straordinarie. Secondo le più recenti stime inteazionali, il tasso netto di iscrizione elementare è pari a oltre il 97% sia per i maschi che per le femmine, mentre i tassi di alfabetismo tra i giovani di età tra 15 e 24 anni raggiungono il 97% tra i maschi ed il 98% tra le femmine. I dati amministrativi indicano che il tasso di completamento della scuola primaria è del 100%. Tenuto perciò conto della correlazione positiva tra istruzione e sopravvivenza matea e infantile, questi sono i risultati di investimenti sostenuti in tutti e tre i settori. La chiave degli straordinari miglioramenti nella salute matea compiuti dallo Sri Lanka è stata l’estensione di un pacchetto sinergico di servizi sanitari e sociali ai poveri. Il sistema sanitario del paese, che risale alla fine del XIX secolo, ha posto come obiettivo innanzitutto la foitura universale di un’assistenza migliorata, i servizi igienico-sanitari e la gestione delle malattie. Successivamente, ha aggiunto interventi specifici per migliorare la salute delle donne e dei bambini. Nel corso degli anni, i governi hanno adottato un approccio prudente che dava la priorità ai servizi di assistenza sanitari per le madri ed i poveri, utilizzando le risorse economiche e umane in maniera giudiziosa. I miglioramenti ottenuti nella salute delle donne sono sostenuti e rafforzati da misure volte all’empowerment sociale e politico delle donne mediante l’istruzione, l’occupazione e l’impegno sociale. Le radici culturali e il passato coloniale foiscono inoltre una prospettiva unica sull’evoluzione della salute matea nel paese. Si tratta di una tradizione secolare che affonda le sue radici nei testi medici dei secoli IX e X, mentre alcune pratiche affina-tesi durante il periodo coloniale hanno visto l’istituirsi di alcune importanti professioni mediche. Quella ostetrica, ad esempio, grazie al governo coloniale britannico ha registrato i decessi per gravidanza fin dai primi anni del secolo scorso, garantendo così la raccolta di una grande quantità di informazioni e di conoscenze.
Precise competenze obbligatorie hanno inoltre contribuito a professionalizzare le ostetriche, mentre la politica di «non cercare il colpevole (della eventuale morte del neonato) a tutti i costi» ha aiutato a svolgere inchieste su invalidità e morti matee. I risultati sono stati sensazionali: la mortalità matea si è dimezzata tra il 1947 e il 1950 e solo dieci anni dopo, le percentuali dei decessi si sono ulteriormente dimezzate.
Una volta messe a punto le strutture e le reti sanitarie, il miglioramento di organizzazione e gestione clinica ha consentito allo Sri Lanka di ridurre il tasso di mortalità neonatale e matea del 50% ogni 6-11 anni. Inoltre, il livello di alfabetismo delle donne è aumentato dal 44 al 71% in poco più di vent’anni. Anche i tassi di assistenza qualificata al parto presso le strutture ospedaliere sono aumentati. Le ostetriche da più di cinquant’anni hanno contribuito all’ampliamento dei servizi pubblici di pianificazione familiare, oltre ad avere svolto nella sanità pubblica il proprio ruolo di assistenti ai parti. Ciò dal momento che l’assistenza domiciliare è diminuita dal 9% nel 1970 ad appena l’1,5% nel 2010.
PROBLEMI DA RISOLVERE
Malgrado i progressi significativi rimangono ancora problemi da risolvere, per lo più amplificati dalle nuove dinamiche transfrontaliere della globalizzazione. Negli ultimi anni, ad esempio, il paese registra un’importante carenza di operatori sanitari, molti dei quali mi-grati nei paesi occidentali; secondo il World Health Statistics, nei primi dieci anni del nuovo Millennio, il paese, ha stimato appena 6 medici e 17 infermiere-ostetriche ogni 10mila abitanti. Tuttavia i servizi si sono deteriorati a causa del giro di vite alle risorse finanziarie, con una spesa sanitaria di circa il 3,5% del PIL nel 2010. E il problema della sicurezza alimentare, soprattutto se i prezzi inteazionali degli alimenti rimarranno elevati, rischierà di inficiare parte dei buoni risultati fin qui conseguiti in ambito sanitario. Il paese presenta ancora condizioni marcate di malnutrizione tra i neonati ed i bambini sotto i cinque anni. Secondo le recenti stime foite dall’UNICEF, più di 1 neonato su 5 nasce sottopeso ed il 23% dei bambini sotto i cinque anni sono moderatamente o gravemente sotto-peso. E il miglioramento dei livelli di allattamento esclusivo al seno per i bambini di età inferiore a sei mesi, rispetto a quello attuale del 53%, sarà vitale per mantenere i risultati ottenuti dallo Sri Lanka nella mortalità neonatale ed infantile.
LOTTA ALLA POVERTÀ: ESSENZIALE PER LA SALUTE
Ecco alcune strategie virtuose nate dalla consapevolezza di come le politiche sanitarie che non promuovano una lotta alla povertà e alla disparità economica, o che considerino la salute una merce, abbiano come corollario una «catastrofe». Ma come è stato possibile un risultato come quello dello Sri lanka in un mondo dove la politica non indirizza più l’economia, dove le logiche di mercato rappresentano il motore dell’azione politica e dove impera ancora la convinzione che un modello di sviluppo economico possa essere garantito solo dalla libera concorrenza? Imparare dunque da alcuni stati del Sud del mondo è una nuova opportunità per comprendere come sia possibile consolidare la salute di donne e bambini con costi almeno quattro volte inferiori a quelli attualmente affrontati nella nostra società. Equità, partecipazione degli individui e multisettorialità sono gli elementi di base di una ricetta dal valore indiscusso, applicabile a livello globale. Strategie solide, risorse adeguate e impegno politico, possono invece garantire un successo consolidato nel tempo. Un fatto su cui vi invito a riflettere.
(2. continua)
Massimo Ruggiero