«Se verrete a conoscere chiaramente che sono in pericolo la salvezza e l’onestà delle figliole,
non dovrete per niente consentire, né sopportare, né aver riguardo alcuno.
Se non potrete provvedere voi, ricorrete alle madri principali e, senza riguardo alcuno,
siate insistenti, anche importune e fastidiose» (Sant’Angela Merici).
Da anni, insieme a tre mie consorelle (suore Orsoline del S. Cuore di Maria), sono impegnata
in un territorio a dire di molti «senza speranza». Un territorio, quello casertano,
sempre più in ginocchio per il suo grave degrado ambientale, sociale e culturale, dove
anche la piaga dello sfruttamento sessuale, perpetrato a danno di tante giovani donne
migranti, è assai presente con i suoi segni di violenza e di vera schiavitù.
Come donna, come consacrata, provocata dal Vangelo di Gesù che parla di liberazione e di speranza,
insieme alle mie consorelle, ho scelto di «farmi presenza amica» accanto a queste giovani
donne straniere, spesso minorenni, per offrire loro il vino della speranza, il pane della vita e il
profumo della dignità.
Oggi, osservando il volto di Susan chinarsi e illuminarsi in quello del suo piccolo Francis, scelto e
accolto con amore, ripensando alla sua storia – una tra le tante storie accolte, la quale ancora
bambina (16 anni) si è trovata sulle nostre strade come merce da comprare, da violare e da usare
da parte di tanti uomini italiani – sono stata assalita da un sentimento di profonda vergogna, ma
anche di rabbia.
Ho sentito il bisogno, come donna, come consacrata e come cittadina italiana, di chiedere perdono
a Susan per l’indecoroso spettacolo a cui tutti, in questi giorni, stiamo assistendo. E non solo a
Susan, ma anche alle tante donne che hanno trovato aiuto e liberazione e alle tante, troppe donne,
ancora schiave sulle nostre strade. Ma anche ai numerosi volontari e ai tanti giovani che insieme
a noi religiose credono nel valore della persona, in particolare della donna, riconosciuta e rispettata
nella sua dignità e libertà.
Sono sconcertata nell’assistere come da «ville» del potere alcuni rappresentanti del governo,
eletti per cercare e fare unicamente il bene per il nostro Paese, soprattutto in un momento di così
grave crisi, offendano, umilino e deturpino l’immagine della donna. Inquieta vedere esercitare, in
maniera così sfacciata e arrogante, un potere che riduce la donna a merce e dove fiumi di denaro
e di promesse si intrecciano con corpi trasformati in oggetti di godimento.
Di fronte a tale e tanto spettacolo l’indignazione è grande!
Come non andare con la mente all’immagine di un altro «palazzo» del potere, dove circa duemila
anni fa al potente di tuo, incarnato nel re Erode, il Battista gridò con tutta la sua voce: «Non ti è
lecito, non ti è lecito!».
Anch’io oggi, anche a nome di Susan, sento di alzare la mia voce e dire ai nostri potenti, agli Erodi
di tuo, non ti è lecito! Non ti è lecito offendere e umiliare la «bellezza» della donna; non ti è lecito
trasformare le relazioni in merce di scambio, guidate da interessi e denaro; e soprattutto oggi
non ti è lecito soffocare il cammino dei giovani nei loro desideri di autenticità, di bellezza, di trasparenza,
di onestà. Tutto questo è il tradimento del Vangelo, della vita e della speranza!
Ma davanti a questo spettacolo una domanda mi rode dentro: dove sono gli uomini, dove sono i
maschi? Poche sono le loro voci, anche dei credenti, che si alzano chiare e forti. Nei loro silenzi
c’è ancora troppa omertà, nascosta compiacenza e forse sottile invidia. Credo che dentro questo
mondo maschile, dove le relazioni e i rapporti sono spesso esercitati nel segno del potere, c’è un
grande bisogno di liberazione.
E allora grazie a te, Susan, sorella e amica, per aver dato voce alla mia e nostra indignazione, ora
posso, come donna consacrata e come cittadina, guardarti negli occhi e insieme al piccolo Francis
respirare il profumo della dignità e della libertà.
Suor Rita