Una cardiologa all’ospedale di Ikonda
L’ospedale di Ikonda è una delle opere più care ai missionari della Consolata in Tanzania.
Ad esso hanno dedicato passione e competenza molti missionari e missionarie della Consolata e tantissimi volontari da ogni parte d’Italia, e non solo. Anna Gennari, cardiologa, è una di questi volontari. Scopriamo l’ospedale con i suoi occhi.
La prima impressione che ho provato arrivando all’ospedale di Ikonda è stata di meraviglia: nonostante avessi parlato con diversi medici che erano già stati là e avessi visto la documentazione fotografica non ero davvero preparata a quello che ho trovato. Dopo due giorni di viaggio, in mezzo a una regione bellissima, ma poverissima, che vive di agricoltura di sussistenza e un lungo percorso su una strada sterrata attraverso villaggi privi di acqua ed energia elettrica, davanti ai miei occhi è apparsa una struttura nuova, perfettamente curata e pulita con prati verdi, piante e fiori e vialetti di ghiaia. Al nostro arrivo ci riceve Padre Sandro Nava, anima e amministratore dell’ospedale, con una piccola festa di benvenuto.
L’ospedale, una struttura bianca ad un piano, è nuovissimo e perfetto sia come costruzione che come manutenzione; ha 270 letti per i ricoverati che, in certi periodi, possono diventare anche più di 300! All’ingresso un servizio di accettazione, svolto dalle infermiere che effettuano un primo triage (smistamento/selezione), e controllano frequenza cardiaca, pressione arteriosa e temperatura di tutti i pazienti, che così vengono smistati ai vari ambulatori. Anche nei momenti di maggiore affluenza (i pazienti arrivano spesso a gruppi con i pulmini di pubblico servizio e, ovviamente, senza prenotare) questo lavoro si svolge con code ordinate di persone tranquille ed educate.
con gli occhi dell’ospite
Il giorno stesso del mio arrivo sono condotta a fare un giro di tutto l’ospedale dalla dott. Manuela Buzzi, che tutti chiamano familiarmente Manu, vero pilastro dell’organizzazione. Come farmacista ella svolge il lavoro di approvvigionamento di tutti i farmaci e i materiali di consumo e li smista quotidianamente alla farmacia intea e ai vari reparti secondo le esigenze. Questo lavoro già molto impegnativo è reso più difficile da diversi problemi: la lontananza dalla fonte di approvvigionamento che è, per quasi tutto, Dar es Salaam, le pessima condizioni delle strade soprattutto nella stagione delle piogge e la precarietà organizzativa dei distributori centrali che a volte rimangono sprovvisti di farmaci o ne danno in quantità inferiore alle richieste e anche alle promesse! Si rende perciò necessario fare delle scorte a lungo termine prevedendo i consumi. Il miracolo è che non manca quasi mai niente e poiché questo è ormai risaputo dalla popolazione, chi ha bisogno di un farmaco particolare chiede all’ospedale di Ikonda invece che a Dar es Salaam!
Visito così tutti i reparti di degenza: la pediatria, la mateità, la medicina e la chirurgia per donne e uomini, le malattie infettive. Le camere, grandi a tre letti, sono separate dai bagni con acqua corrente calda e fredda (a Ikonda, durante i mesi invernali – da giugno ad agosto – fa proprio freddo, con delle belle brinate). C’è persino un reparto a pagamento con camere singole per chi se lo può permettere. Completano il tutto il blocco operatorio con due sale ben attrezzate, la grande farmacia e il laboratorio di analisi. Due corridoi sono riservati agli ambulatori, radiologia ed ecografia. All’esterno dell’edificio principale ci sono l’ambulatorio per i malati di AIDS e tutti i servizi: la lavanderia e stireria, alla centrale termica, la centrale elettrica, la produzione dell’ossigeno, la casa dei missionari della Consolata, quelle degli infermieri, dei volontari e delle suore, l’asilo, i magazzini. Appena fuori dai cancelli dell’ospedale ci sono un ostello per le gestanti che vi sono accolte se provengono da molto lontano, e un grande un edificio per alloggiare i parenti dei ricoverati che devono provvedere il cibo per i rispettivi congiunti degenti. Una piccola città insomma dove la vita scorre tranquilla e organizzata.
Subito al lavoro
Il primo giorno, durante la riunione del mattino alle 8 precise, ci sono le presentazioni e sono introdotta ai vari colleghi, medical officers e infermieri capi dei vari reparti e …inizio il mio lavoro vero e proprio. L’ambulatorio di Cardiologia ha già molte richieste perché del mio arrivo ha dato notizia anche il parroco del villaggio di Ikonda durante la messa della domenica, e perché altri tre colleghi mi hanno preceduto in questo lavoro. Mi affianca il dott. Abdon, tanzaniano, che ha già preso confidenza con i problemi di diagnosi e terapia dell’ipertensione, dello scompenso cardiaco, ce delle valvulopatie e inizia a familiarizzarsi con elettrocardiogramma ed ecografia, ma ha soprattutto un buon modo di parlare con i pazienti (ovviamente in kiswahili) ai quali traduce anche mie eventuali domande. Come tutte le persone che ho conosciuto durante il mio soggiorno a Ikonda è tranquillo e gentile in modo spontaneo, ciò che ha reso più facile il mio lavoro.
Durante la mattina, visitiamo un gran numero di persone, richiedendo, per alcune, esami supplementari (raggi-x, esami di laboratorio, …). Queste aspettano quindi di essere riviste se possibile nel pomeriggio, a volte anche il giorno dopo! Il problema del tempo è vissuto in un modo decisamente meno stressante che nel mondo occidentale. La difficoltà maggiore, soprattutto all’inizio, è affrontare delle patologie già avanzate senza documentazione di precedenti visite o esami: in effetti il ricorso all’ospedale è spesso visto come rimedio estremo di situazioni già molto gravi o per altri versi non rimediabili.
Il lavoro, specie nei primi giorni è stato intenso, ma sempre tranquillo perché a Ikonda si impara presto a non essere assillati dal tempo: si fa tutto con la necessaria calma e alla fine della giornata si trova sempre il tempo per fare una passeggiatina nei dintorni, per leggere un libro, ricevere e scrivere qualche e-mail o preparare qualche utile aggioamento di cardiologia per il personale locale che ne ha fatto specifica richiesta. La vita ad Ikonda trascorre serena, scandita dagli orari dei pasti che si consumano con i missionari e gli altri volontari che prestano la loro opera in ospedale. Dopo cena un appuntamento con le informazioni dall’Italia tramite la TV satellitare e poi una passeggiatina fino a casa sotto il magnifico cielo stellato dell’Africa .
La clinica mobile
Una mattina sono uscita con la clinica mobile: una fuoristrada con due infermiere che ogni giorno del mese visita un diverso villaggio della regione per un controllo dei bambini fino a cinque anni di età e delle loro mamme. Il viaggio, su strade sterrate piuttosto accidentate, richiede da una a due ore. Nel villaggio di tuo visitato si radunano tutte le mamme con i loro bambini che sono visti e pesati, mentre le mamme, riunite poi in un locale-consultorio, ricevono indicazioni sull’alimentazione e l’igiene. I nati da donne sieropositive sono seguiti secondo un preciso protocollo di controlli e sono registrati in un apposito libro. Il legame tra l’ospedale e le esigenze della popolazione è molto stretto, e il servizio sanitario offerto non viene somministrato dall’alto, ma è partecipato e apprezzato da tutta la popolazione. Durante la clinica l’atmosfera è serena e festosa: le mamme chiacchierano mentre i bambini giocano tutt’intorno.
Vi voglio raccontare un piccolo episodio che aiuta a capire la situazione: un pomeriggio, guidati dalla Dott. Manuela, siamo andati a visitare l’ospedale Regionale di Machete, organizzato e finanziato dal governo Tanzaniano, a circa 1 ora e mezza di strada. La sensazione è stata quella di abbandono e degrado, con pochissimi ricoverati di cui quattro puerpere. Chiediamo di fotografarle e loro acconsentono, ma chiedono di avere una copia della foto. Manuela dice: “Certo, ma dovete venire a prenderla a Ikonda” e una di loro: “Verrò la prima volta che sono ammalata!”.
La Tanzania gode di una situazione politica stabile e senza guerre da molti anni e la popolazione ha un atteggiamento veramente riconoscente nei riguardi di tutti coloro che si prodigano per la loro salute; un misto di gentilezza, rispetto e riconoscenza che rende più lieve il compito di fare i medici e più difficile il momento del commiato… molti (volontari) infatti tornano perché lasciano là un pezzetto di cuore.
Anna Gennari