Malawi: le emittenti comunitarie
In un paese dove l’analfabetismo interessa buona parte della popolazione, la radio è uno strumento di informazione e comunicazione essenziale. «Radio Umoyo» è un’emittente nata dalla comunità: parla di temi difficili come l’Aids, l’Hiv, le malattie a trasmissione sessuale, ma anche di argomenti pratici riguardanti l’agricoltura e la pesca. Proprio per gli argomenti trattati, le radio comunitarie non sono ben viste dal potere e in generale da chi ha interesse a mantenere uno status quo, fatto di miseria ed ingiustizia.
«Il mio amico ha l’Aids, ma sarà mio amico per sempre» (1), cantano i ragazzi del gruppo Yaga (Youths against Aids) ai microfoni della «Umoyo Broadcasting Station, Wailesi (2), wa anthu», la cui traduzione suona più o meno così: «La comunicazione vitale per la gente, l’informazione che permette alle persone di vivere». Il solista, che ripete lo stesso motivo in modo «rappato» (3), è accompagnato da un basso, da una chitarra elettrica e da una batteria realizzata con materiali di scarto: i cerchioni di una macchina come piatti, cartone per la cassa e una molla fatta di fili di alluminio per pedale.
Radio Umoyo trasmette dal villaggio di Saiti Kadzua, nel distretto di Mangochi, situato sulla punta sud del lago Malawi, che segna il confine con il Mozambico. Si tratta di una radio comunitaria, gestita da giovani, che parlano ai loro coetanei di prevenzione dell’Hiv ed altre malattie sessualmente trasmissibili, discutono di pratiche tradizionali pericolose per la salute ed invitano la gente a non discriminare chi, coraggiosamente, «rompe il silenzio» e dichiara il proprio status.
I messaggi sono trasmessi nella forma di brevi radioromanzi, sketch radiofonici in cui, partendo da situazioni-tipo stile Nollywood (4) e facendo ricorso alle tradizionali tecniche del dramma, gli interpreti illustrano le conseguenze di una condotta sessuale disordinata.
In studio si alternano come ospiti tutti gli attori della società locale: i leader delle confessioni religiose, i guaritori (sinanga) e le levatrici tradizionali (tradizional birth attendants), personaggi capaci di influenzare il comportamento della popolazione.
Umoyo, infatti, è «la radio della gente» (wa anthu, gente, che pronunciato suona come il one… two… con cui gli annunciatori aprono le trasmissioni), perché i programmi sono costruiti a partire dai bisogni, dalle storie e dal vissuto dei membri della comunità e sono trasmessi in un linguaggio culturalmente condiviso.
Mentre si costeggiano in auto villaggi e mercati, è comune veder camminare, sul bordo della strada, un uomo con una radio in spalla, fedele compagna nel tragitto verso casa, al campo o al pascolo. Intanto, sotto un albero del villaggio, o nello spazio antistante la scuola o la casa del capo, è riunito un piccolo gruppo di persone. In mezzo a loro spicca una coloratissima radio a manovella, acquistata grazie al finanziamento di qualche agenzia o ong internazionale. Il gruppo è sintonizzato sul programma preferito: Market on the air di «Radio Dzimwe», con i suoi annunci interminabili visto che tutti hanno qualcosa da vendere.
Il gruppo costituisce un «listening club» (5), che si riunisce per ascoltare insieme i programmi, al termine dei quali un animatore comunitario, leader del gruppo, raccoglie e registra i commenti e le osservazioni, che sono poi inviate e trasmesse dalla stazione radio. In questo modo, anche gli abitanti dei villaggi più remoti, possono dialogare, attraverso la radio, con le autorità, che difficilmente visitano le zone rurali, sui temi che gli stanno più a cuore: salute, educazione, cittadinanza.
In un caso, per esempio, il ministro della salute è stato invitato da una comunità a rispondere sul tema della corruzione presente all’interno del centro di salute locale. La comunità aveva registrato «le voci del villaggio» e aveva inviato le registrazioni al ministro. Quando il programma è stato trasmesso, il ministro aveva già preso dei provvedimenti.
Visto che la maggior parte degli ascoltatori dipende dall’agricoltura di sussistenza e dalla pesca, i programmi più gettonati, oltre a quello dedicato alla vendita dei prodotti, sono: «Ulimi Wokhazikika», che si occupa di agricoltura sostenibile su base familiare; «Tisodze», dedicato alla legislazione sulla pesca, in cui si indicano periodi consentiti e restrizioni; e «Zachilengedwe», che tratta della conservazione e corretta gestione delle risorse naturali. Altrettanto seguiti sono quelli in cui si parla di salute riproduttiva, violenza contro le donne e le ragazze, e di attività generatrici di reddito.
Umoyo, però, è l’unica radio che si concentra sulla prevenzione dell’Aids e sul rapporto tra infezione e pratiche culturali, sul cambiamento comportamentale ed i Plawas (6), i sieropositivi. La radio dà voce anche a loro, incoraggiandoli a combattere i pregiudizi di chi crede che un semplice contatto con un malato possa determinare il contagio.
In una società chiusa come quella rurale malawiana, l’individuo emarginato dalla comunità è estremamente fragile. Per questo motivo non sono rari i casi di coloro (soprattutto donne) che, appreso l’esito del test, si sono tolti la vita, per paura del giudizio e del rigetto della comunità.
Così mi raccontava Kinsley Pota, il primo sieropositivo a dichiarare il proprio status nel distretto di Mangochi: «È stato molto difficile aprirmi e farmi accettare dalle persone, ma sapevo che dovevo farlo per permettere a tutti gli altri di svelare la propria condizione ed accedere alla cura». Kinsley ha fondato così un’associazione di promozione dei diritti dei Plwas e sensibilizzazione della popolazione, la Maso, che in chichewa significa «occhi»: occhi per vedere e comprendere il virus e la realtà di chi convive con esso.
La radio, dunque, è uno strumento insostituibile e necessario di informazione e comunicazione in Malawi (7), soprattutto in zone come quella di Mangochi, dove l’87% della popolazione non sa leggere e scrivere.
Purtroppo però, la maggior parte delle radio sono in mano al governo (come il caso di MBC Radio 1 e MBC Radio 2 FM, che dominano quasi completamente la radiocomunicazione), a singoli politici (come Radio Joy FM, di proprietà dell’ex presidente Bakili Muluzu) e potenti gruppi locali (Zodiak Radio Statio) o a gruppi religiosi (Cfc; African bible college, Abc; Calvary family church radio; Christ for all nations; Radio Alinafe; Radio Islam; Trans.World e Radio Maria). Molte radio private, poi, si concentrano solo sull’intrattenimento musicale (come FM101 e Capital Radio 102.5).
Inoltre, la maggior parte di queste trasmette solo in inglese e in chichewa (8), mentre le radio comunitarie trasmettono in tutte le lingue predominanti nella regione ove queste sono ubicate. Ciò significa che le radio comunitarie contribuiscono alla preservazione della diversità socio-culturale del Paese e ad ampliare il pubblico radiofonico, visto che la gente si sente più invogliata ad ascoltare i programmi nella propria lingua.
Al momento però sono solo 5 le radio comunitarie funzionanti: Radio Dzimwe, Mzimba Community Radio Station, MJI FM, Nkhotakota Community e Radio Umoyo.
La prima, che opera dal 1997 da Monkey-Bay, ma anche in parte dei distretti di Ntcheu, Balaka e Dedza, è stata realizzata dall’Associazione di donne Mamwa’s. (Malawi Media Women’s Association). Con un raggio di copertura di circa 100 km raggiunge 3.2 milioni di persone, con lo share di ascolti più alto nel distretto di Mangochi.
Il loro impatto è dunque limitato rispetto a quello delle radio «di stato», commerciali e religiose.
Queste inoltre non possono fare pubblicità e non ricevono finanziamenti pubblici, e quindi la loro sostenibilità è sempre precaria. Infine, non possono dare notizie e parlare di politica.
La gente dei villaggi è molto lontana dalle vicende politiche del paese, e viene coinvolta solo al momento delle elezioni. Le donne vestite con il chitenge (9) del colore del partito su cui è stampata la faccia del candidato che le ha reclutate per danzare e cantare durante la sua campagna elettorale, non sanno neanche chi sia e non hanno idea dello schieramento cui questo appartiene.
I programmi trasmessi dalle radio comunitarie, costruiti con l’apporto dei club di ascolto, rappresentano dunque l’unica possibilità, per gli abitanti delle aree remote, tradizionalmente esclusi dalla vita politica del Paese, di conoscere e discutere le decisioni che li riguardano.
Se le radio comunitarie riusciranno a mantenere una loro autonomia e a conquistare un’audience sempre crescente, potranno rappresentare in futuro uno spazio reale di dibattito e formazione di una coscienza civile critica, ancora pressoché inesistente, non limitandosi quindi solo a denunciare povertà e malattie, ma discutendo le loro cause, che vanno al di là dei comportamenti individuali.
Non basta infatti condannare pratiche «tradizionali», che sarebbero responsabili della diffusione del virus, senza dire che quelle stesse pratiche (come per esempio il «property grabbing», per cui la donna vedova o divorziata è privata di ogni bene dai parenti del marito ed è costretta a prostituirsi) sono sostenute o tollerate da un quadro istituzionale e da un apparato normativo retrogrado. Così come non si può parlare di stagnazione economica – attribuita generalmente alla pandemia dell’Aids e alla siccità legata al cambiamento climatico – senza puntare il dito anche sulla iniqua distribuzione delle terre, eredità del passato coloniale, la corruzione dilagante, e i privilegi di una minoranza che ha tutto l’interesse a mantenere lo status quo.
Note
(1) «Eh Sanghabazi, my friend has got Hiv-Aids, but he will my friend for ever». Il testo, scritto da «Prince» Isaac, alterna l’inglese al chichewa, l’altra lingua ufficiale del Malawi.
(2) Wailesi è la corruzione locale della parola «wireless».
(3) Il rap costituisce attualmente il linguaggio musicale di maggior successo e presa tra i giovani del Malawi.
(4) Il termine fa riferimento alla produzione cinematografica nigeriana, destinata soprattutto all’homevideo, che costituisce attualmente la terza industria cinematografica mondiale dopo Hollywood (Los Angeles, Usa) e Bollywood (Bombay, India). Diretta prosecuzione di una forte tradizione teatrale e performativa, strumento importante di comunicazione popolare in Africa, anglofona in particolare, i film nollywoodiani riflettono su tematiche legate ai grandi dilemmi morali e alle problematiche tipiche dell’Africa contemporanea. Alcuni promuovono la fede cristiana o quella islamica, mentre altri sono completamente evangelici. Spesso, tuttavia, riflettono su questioni legate proprio alla convivenza e all’interazione tra persone di fedi diverse, altri trattano di argomenti forti come l’Aids, la corruzione, l’adulterio e l’emanicipazione femminile.
Sul cinema africano si legga: Marco Bello, Mc maggio 2009.
(5) Club di ascolto.
(6) Sigla di «People Living with Aids», persone portatrici di Aids, sieropositivi.
(7) La radio in Malawi raggiunge circa il 90% dei 13 milioni di abitanti.
(8) Fatto questo molto limitante ed escludente, considerando che in Malawi ci sono 14 etnie che parlano più di 25 lingue inintellegibili tra loro.
(9) È la veste tradizionale utilizzata dalle donne per coprire il corpo dalla vita alle ginocchia. Il giallo, per esempio, contraddistingue i sostenitori dell’UDF (United Democratic Front), mentre l’azzurro caratterizza quelli del DPP (Democratic Progressive Party), partito dell’attuale presidente Bingu Mutharika.
Silvia Zaccaria