Ben tre Obiettivi del millennio riguardano la situazione femminile: oltre
ad essere vittime principali della crisi economica, le donne continuano
ad essere discriminate ed escluse dalle risorse fondamentali per lo sviluppo, nonostante stiano dando prova che il futuro del mondo è nelle loro mani.
Il Comitato Onu per l’Eliminazione delle discriminazioni contro le donne ha espresso grave preoccupazione per l’impatto della crisi economica sui diritti delle donne e delle bambine. Il Comitato teme l’incidenza di fattori negativi, quali l’aumento della disoccupazione femminile, la diminuzione del reddito, l’acuirsi della violenza domestica, il regresso nel campo dell’educazione e della salute, a causa dei minori investimenti sociali.
La crisi si abbatte soprattutto sulle donne perché, da sempre, esse sono la maggioranza dei poveri, degli analfabeti e degli affamati. La popolazione femminile continua a rimanere esclusa da risorse fondamentali per lo sviluppo, come il credito, la terra, la formazione e la tecnologia.
Secondo l’Ifad (l’agenzia dell’Onu per il cibo e l’agricoltura) nell’ultimo decennio la partecipazione delle donne al lavoro agricolo, a causa dei conflitti e della migrazione maschile, è aumentata di un terzo; in Africa il 30% delle piccole attività agricole è condotto da donne ed esse producono ben l’80% del cibo, ma non possiedono titoli di proprietà.
Anche nei paesi ricchi le donne subiscono discriminazioni nel lavoro e nelle retribuzioni: nell’Unione Europea la differenza salariale tra maschi e femmine è in media del 17,4%, provocando un maggiore rischio di povertà per le lavoratrici, soprattutto se sole o in età avanzata.
Nelle «zone franche» del Centro America o dell’Asia, che foiscono manufatti ai mercati del Nord, le donne lavorano fino a 14 ore al giorno, prive di tutele sindacali, lontano dalle famiglie, spesso vittime di abusi e incidenti.
I crimini transfrontalieri, esplosi con la globalizzazione, colpiscono soprattutto le donne: l’Ufficio Onu contro la droga e il crimine (Unodc) ha da poco presentato il primo Rapporto sulla tratta degli esseri umani: la maggior parte sono donne, vendute e comprate per lo sfruttamento sessuale o per il lavoro forzato.
La discriminazione contro le donne è connaturata ai processi economici e sociali che generano o accentuano le ingiustizie, ma almeno non è più stabilita per legge: la Convenzione delle Nazioni Unite contro ogni forma di discriminazione contro le donne, infatti, è stata firmata da 185 paesi su 192.
La condizione delle donne è talmente importante per il progresso economico e sociale che tre degli otto Obiettivi di sviluppo del millennio riguardano specificatamente le donne: il secondo che punta all’istruzione per tutte le bambine del pianeta, il terzo che prefigura una piena equiparazione e partecipazione delle donne, il quarto che si focalizza sulla salute delle madri e delle partorienti.
All’ultimo summit economico di Davos, è stato presentato l’indice della disparità di genere, il Global Gender Gap, che tiene conto di 4 fattori: partecipazione economica, educazione, potere politico, salute e aspettativa di vita; sono stati misurati 115 paesi e nella maggioranza di essi la condizione delle donne sta migliorando, in 22, tuttavia, sta peggiorando.
Nonostante un ambiente sfavorevole, talvolta ostile, le donne riescono a diventare leader politici, animatrici di movimenti locali e mondiali, protagoniste di progetti economici di successo.
Ovunque, sono le ideatrici e le promotrici di iniziative straordinarie che si ispirano ai valori dell’innovazione, della partecipazione, della promozione del bene comune. Ormai è a tutti nota l’esperienza del microcredito della Grameen Bank: milioni di donne in Bangladesh, uno dei paesi più poveri del mondo, grazie a piccoli prestiti riescono ad avviare attività produttive i cui benefici ricadono sulle loro famiglie e sull’intera comunità.
Esistono migliaia di esperienze simili in tutti i paesi del mondo e le protagoniste sono quasi sempre le donne.
Ho partecipato ai diversi World Social Forum che si sono celebrati nei 5 continenti dal 2001 a oggi: la presenza delle reti femminili, soprattutto africane, latinoamericane e asiatiche è sempre formidabile: donne coraggiose e tenaci, che non si scoraggiano di fronte agli enormi problemi dei loro paesi, ma continuano a lottare. Credo che il futuro del mondo sia nelle loro mani.
Sabina Siniscalchi