Cari missionari

Scrittori
Cari missionari,
ho letto con stupore sul numero di aprile di MC la nota a pié di pagina dell’articolo di Paolo Farinella «Il racconto delle nozze di Cana» (pag. 27). Resto sbalordito a leggere che praticamente l’autore della nota dice chiaro e tondo che non terrà conto di quanto scrive il papa nel suo libro «Gesù di Nazaret». Non sapevo che Benedetto XVI fosse una persona di cui si può tenere poco conto quando scrive; non sarà un esegeta ma è il successore di Pietro come vescovo di Roma, e questo senz’altro conta moltissimo per tutti noi cristiani. O no? (…)
Non entro nel merito delle tesi di Bultmann o di Martin Hengel che non conosco (anzi il nome di quest’ultimo, lo ammetto, mi è del tutto nuovo!), ma penso, conoscendo come tutti il successore di Giovanni Paolo II ormai da quattro anni, che sia un uomo di grande cultura filosofica, oltre a essere stato un noto teologo, apprezzato fin dai tempi del Concilio.
Che importanza ha stabilire se «Gesù di Nazaret» è stato scritto dal teologo tedesco o dal vescovo di Roma? Forse che il cardinale Ratzinger non è stato eletto papa proprio perché ben conosciuto per la sua attività per 25 anni alla Congregazione della Dottrina della fede, a fianco di papa Wojtila, e per la sua preparazione appunto filosofica e teologica? Si rende conto Paolo Farinella che, al di là di tutto, dire che il papa sostiene tesi ormai superate, come minimo lascia nello stupore e rischia di dividere il mondo cattolico, considerato che ben pochi tra i fedeli sono in grado di conoscere quanto sostengono gli studiosi sull’origine del quarto vangelo e l’identità dell’autore?
E, visto che gli studiosi sarebbero unanimi sull’esistenza di due diversi Giovanni, un apostolo e un evangelista, non sarebbe il caso di dirci chi sono questi illustri studiosi? Avrei piacere di conoscere le loro affermazioni; non si può dire praticamente che Ratzinger è un ignorante, senza fornire le prove del perché dovrebbe stare zitto, non essendo un esegeta di professione (ma solo un modesto papa!), e farci capire dove avrebbero ragione gli studiosi, considerato a detta di Farinella, che il vescovo di Roma è l’autore di un libro di «meditazione spirituale edificante» e che nel suo libro ci sarebbero «inesattezze e anche errori».
È possibile conoscere queste inesattezze e questi errori o deve conoscerli solo Paolo Farinella? Noi fedeli chi siamo, ancora una volta solo il popolo bue che è meglio che non legga direttamente la bibbia, come si diceva fino a 50 anni fa, per poi farcela spiegare dagli altri che hanno capito tutto?
Franco E. Malaspina
 Milano
Ce la aspettavamo una simile reazione e non è l’unica. Inviando l’articolo in questione, don Farinella scriveva: «… Verrà un giorno in cui la rivista MC verrà citata per questo articolo che per la prima volta e in maniera scientifica e serena pone l’enorme problema teologico degli scritti dei papi. Quello che dico qui, l’ho detto alla Università Lateranense lo scorso anno (e dove ritorno invitato anche quest’anno) e sono le cose che tutti dicono, ma nessuno ha il coraggio di dirlo per timori inconsistenti o per piaggeria».
La domanda del sig. Malaspina se l’è posta anche il cardinal Martini nella sua recensione: «È il libro di un professore tedesco e cristiano convinto, oppure il libro di un papa, con il conseguente rilievo del suo magistero?». La risposta viene dal papa stesso: «Questo libro non è in alcun modo un atto magisteriale, ma unicamente espressione della mia ricerca personale del “volto del Signore”. Perciò, ciascuno è libero di contraddirmi».
È ancora il card. Martini a dire che «l’autore non è esegeta, ma teologo… non ha fatto studi di prima mano per esempio sul testo critico del Nuovo Testamento», per cui il libro del papa è «una meditazione sulla figura storica di Gesù e sulle conseguenze del suo avvento per il tempo presente… una grande e ardente testimonianza su Gesù di Nazaret» e in quanto testimonianza fa certamente del bene a chi lo legge. Ma per quanto riguarda la questione giovannea e l’autore del quarto vangelo, il card. Martini afferma: «Penso che non tutti si riconosceranno nella descrizione» fatta dal papa.
Il precedente Codice di diritto canonico (1917), prevedeva espressamente il divieto ai papi di scrivere libri, perché essi parlano solo per «magistero». Nel nuovo codice la norma è scomparsa.

Follereau e Damiano
Caro Direttore,
le invio alcuni documenti sul rapporto tra Raoul Follereau e padre Damiano. Come lei sa, il prossimo 11 ottobre il santo padre canonizzerà padre Damiano de Veuster.
Follereau si adoperò moltissimo per favorire il processo di beatificazione di padre Damiano. Egli creò infatti il «Movimento internazionale per la glorificazione di padre Damiano», che raccolse firme di malati di lebbra da tutto il mondo, in un periodo dove non esisteva ancora internet, ma solo la posta normale.
Lunedì 17 aprile 1967, come riporta l’Osservatore Romano, Raoul Follereau, meglio conosciuto come il «Vagabondo della carità», varca il Portone di bronzo in Vaticano. Si reca all’udienza privata che sua santità Paolo VI gli ha accordato. Insieme a lui, gli altri membri del Movimento internazionale per la glorificazione di padre Damiano.
Stringendo le mani dei rappresentanti della delegazione internazionale, il santo padre saluta i firmatari di una petizione che unisce cristiani e non cristiani in una ammirazione unanime per l’apostolo dei lebbrosi. Da 52 paesi del mondo, 32.864 malati di lebbra di ogni confessione e 302 vescovi cattolici testimoniano così la loro riconoscenza e il loro rispetto per padre Damiano e chiedono la sua Glorificazione. Portavoce del gruppo, Raoul Follereau dice al santo padre: «Ciò di cui il mondo ha bisogno è un diluvio di carità, e io vorrei che la festa di padre Damiano venisse un giorno a illuminare la Giornata dei lebbrosi nel calendario della chiesa universale per insegnare agli uomini ad amarsi ancora di più. Poiché l’arma per vincere questa guerra contro la fame, la miseria, le malattie, l’ignoranza, è proprio quella di padre Damiano: è la carità!». Dieci anni più tardi, il 7 luglio 1977, Paolo VI promulga il decreto che riconosce le virtù eroiche del servitore di Dio, padre Damiano de Veuster. Il 4 giugno 1995 padre Damiano viene beatificato da Giovanni Paolo II a Bruxelles.
Spero che Missioni Consolata possa ricordare padre Damiano, ma anche questa straordinaria iniziativa di Raoul Follereau, che nella sua vita si adoperò tanto per gli altri, con le sue iniziative, conferenze in Europa e oltre-oceano fece conoscere al mondo la santità di padre Damiano, come pure quella di Charles de Foucauld.
Con i più sinceri saluti.
Paola Pagani
Fondation Follereau, Italia

Dossier Uruguay:
una lettera dell’ambasciatore

Egregio Direttore,
con grande gioia ho letto su «Missioni Consolata» (maggio 2009) il dossier dedicato all’Uruguay. È raro trovare informazioni su questo paese «invisibile» che, nonostante sia poco conosciuto, ha una storia tanto ricca quanto originale. Senza contare che l’Uruguay è una nazione che può vantare forti vincoli che la legano all’Italia. Mi congratulo quindi con gli autori, Mario Bandera e Paolo Moiola, che hanno saputo fare informazione  offrendo una lettura piacevole e interessante.
Nel momento stesso in cui però mi rallegro con essi, sento il dovere di fornire alcuni chiarimenti.
Il primo di essi riguarda l’informazione che si trova a pag. 40 della vostra rivista secondo la quale l’«Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico» (Ocse) ha dichiarato l’Uruguay un paradiso fiscale.  Il giorno stesso in cui è stata rilasciata tale dichiarazione, il ministero dell’Economia uruguaiano ha inviato una nota in cui si dichiarava l’erroneità di tale dichiarazione; la Ocse ha pertanto immediatamente provveduto al ritiro dell’erronea qualifica attribuita al mio paese, come evidenziato dalla nota inviata dal segretario della Ocse al ministero dell’Economia, nota di cui per altro sono in possesso. L’attuale governo uruguaiano ha condotto un esemplare risanamento del settore finanziario e, come ne danno testimonianza tutti gli organismi inteazionali, è riuscito a consolidare e rafforzare la sua economia, senza penalizzare le politiche sociali che per la prima volta sono state lanciate in Uruguay.
La seconda precisazione si riferisce al veto espresso dal presidente della Repubblica alla legge sull’aborto. L’articolo in questione, a pag. 26, afferma che tale legge avrebbe avuto un effetto «devastante» nell’aver guastato i rapporti del presidente Vazquez con la sua «coalizione politica». Occorre precisare che sin dall’anno 1999 e quindi prima di diventare presidente,  il dr. Tabarez Vazquez aveva più volte annunciato la sua intenzione di porre il veto a un progetto con tali caratteristiche se mai fosse stato approvato. Il suo comportamento non ha rappresentato una sorpresa neppure per chi lo aveva votato. Dopo il veto è stata consultata l’opinione pubblica, constatando che l’appoggio al presidente non solo non era diminuito, ma addirittura aumentato. Oggi, il dottor Vazquez dispone di una maggioranza del 70%, appoggio che nessun presidente ha mai avuto al termine del suo mandato. Né lo possono vantare oggi i nuovi candidati del Frente Amplio, coalizione politica di cui Vazquez continua ad essere il principale riferimento politico.
D’altra parte occorre precisare che il veto è stato posto ad una legge che obbligava a praticare l’aborto anche alle istituzioni cattoliche. A sua volta, per abortire non si esigeva alcuna prova medica circa l’età dell’embrione o del feto. A questi aspetti si aggiungeva tutta una serie di considerazioni filosofiche e altri errori giuridici, che la rendevano un autentico sproposito. Non solo l’aborto veniva ampiamente depenalizzato, ma si consacrava il diritto ad abortire in un contesto giuridico sommamente confuso.
Per il resto, sempre in riferimento all’aborto in Uruguay, occorre chiarire che, secondo la legge attualmente vigente nel paese, l’aborto – in determinate circostanze – risulta essere esente da pena, come nel caso del cosiddetto aborto «terapeutico» – che si esegue per «ragioni di onore» o, anche, quando la madre si trova in condizioni di particolare ristrettezza economica – sempre che, naturalmente risponda ai vari requisiti giudiziari. Sicuramente le fonti a cui si ha avuto accesso non sono state capaci di fornire un’informazione corretta, cosa che crea contrasto con l’altrimenti buona qualità del contenuto del dossier.
Infine, per evitare qualsiasi fraintendimento, desidero chiarire che il sottoscritto non tanto per esser importante, quando per essere ormai vecchio, è stato uno dei fondatori del Fronte ampio, storico con vari libri pubblicati, docente universitario (per trent’anni ho persino insegnato nella facoltà di teologia) e allo stesso tempo amico e ammiratore dei religiosi che tanto lavorano nel paese, in modo particolare con i più poveri ed emarginati.
Vi ringrazio fin d’ora se vorrete pubblicare queste poche righe di chiarimento. Vi saluto cordialmente in Cristo Gesù, con tanti auguri di pace e bene.

Mario Cayota
Ambasciatore dell’Uruguay
presso la Santa sede