G8, non basti più
C’è un altro modo di pensare, e agire
L’incontro del G20 a Londra non è stato così negativo.
Almeno a parole. Intanto la Commissione speciale
delle Nazioni Unite propone un gruppo G192.
Per togliere il monopolio decisionale al G8.
Poteva andare peggio, invece il G20, che si è svolto a Londra all’inizio di aprile, ha segnato, almeno nelle parole, un cambio di rotta.
Un invitato eccellente come il Segretario Generale dell’Onu Ban Ki Moon si è detto impressionato dal forte senso di unità e di solidarietà che ha caratterizzato l’incontro.
Il G20 è composto dai governi dei venti paesi più potenti del mondo: quelli che dalla seconda guerra mondiale guidano il sistema economico e quelli che sono entrati nel club in anni recenti, in virtù dei loro strepitosi tassi di crescita.
I primi non hanno saputo prevenire la crisi, i secondi non la sanno bloccare.
Finora i vari incontri dei «grandi» (G20, G7, G8) non hanno preso decisioni vere sull’economia e la finanza: i sorrisi e le foto di gruppo hanno mascherato a malapena la distanza delle posizioni e l’assenza di soluzioni condivise.
Un vuoto decisionale reso ancora più grave dalla presunzione di proporsi come l’unico luogo deputato a trattare i problemi economici del mondo.
Il G7 (allora G5) è stato inventato a metà degli anni Settanta, proprio quando le Nazioni Unite stavano mettendo a punto il progetto di un «Nuovo ordine economico internazionale».
La crisi petrolifera scoppiata nel 1973 aveva fatto vacillare il modello di crescita senza limiti e messo in discussione i rapporti di forza tra paesi produttori di materie prime e paesi industrializzati.
I paesi più potenti, vedendo minacciata la loro posizione dominante, hanno deciso di avocare a sé ogni negoziato sulle questioni economiche e finanziarie. Il Fondo Monetario e la Banca Mondiale, governati da quegli stessi paesi, hanno avallato la decisione.
Il confronto e le decisioni sulla finanza e l’economia sono state definitivamente sottratti all’Onu e alle sue agenzie sul commercio (Unctad), il lavoro (Ilo), lo sviluppo (Undp), l’ambiente (Unep).
Il disastro in cui ci troviamo comprova che quella scelta non fu né efficace né lungimirante, ma proprio una congiuntura così drammatica ci impone di andare oltre le recriminazioni.
È in gioco la «stabilità e l’equità» delle relazioni economiche e finanziarie inteazionali, come ha ben intuito la Commissione speciale, costituita lo scorso gennaio dal presidente dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite e presieduta dal premio Nobel Joseph Stiglitz.
Il G8 rappresenta solo il 13% della popolazione mondiale e non può decidere per tutti i popoli del pianeta. Bisogna cambiare metodo, per questo la Commissione fa riferimento al G192, vale a dire a tutti i paesi membri dell’Onu: solo una proposta di riforma allargata e condivisa, infatti, può produrre un cambiamento reale e profondo.
La Commissione ha un programma di lavoro serrato che prevede il confronto con il G20 e il G8, l’interlocuzione con le principali istituzioni inteazionali, il dialogo con il settore privato e la consultazione della società civile.
Si stanno analizzando quattro grandi filoni: regole finanziarie, questioni multilaterali, questioni macroeconomiche e riforma dell’architettura finanziaria globale, al fine di sottoporre una proposta di riforma all’high-level conference che si terrà al palazzo di vetro dall’1 al 4 giugno.
Lo scopo di questo processo – secondo il documento iniziale – è quello di «riportare la finanza alla sua funzione originaria per sostenere l’economia reale e gestire i rischi in modo più equo; modificare i sistemi e le strutture di regolazione verso meno speculazione e maggiore stabilità, sostenere con la finanza gli obiettivi dell’occupazione dignitosa e dell’economia verde».
Anche Banca Etica ha preso parte alla consultazione della società civile, a cui hanno partecipato circa cento grandi reti e organizzazioni inteazionali.
Il documento conclusivo di tale consultazione contiene, per così dire, le ricette della società civile per uscire dalla crisi; molte sono le questioni sollevate e altrettante le proposte avanzate: dall’abolizione del sistema bancario ombra, al divieto di utilizzare i derivati per beni vitali come il cibo e l’energia, dalla canalizzazione delle rimesse degli immigrati per progetti sostenibili all’introduzione di tasse globali per finanziare gli obiettivi del millennio.
I suggerimenti di Banca Etica riguardano, in particolare, l’inclusione nella valutazione del rischio degli aspetti sociali ed ambientali (come fa la banca con il proprio modello di rating), prevedere negli accordi di Basilea un regime specifico per le imprese sociali e le cornoperative, ridurre la portata del segreto bancario, sostenere con una normativa adatta il microcredito e la microfinanza.
Non possiamo prevedere l’esito del processo in corso: navighiamo a vista in un mare in tempesta, ma l’incontro del G20 a Londra sembra andare nella giusta direzione: maggiori controlli sui mercati finanziari, un limite ai paradisi fiscali, investimenti straordinari non solo per soccorrere le banche, ma per salvare i lavoratori e i cittadini più deboli. La stessa idea di un governo pubblico dell’economia, è rivoluzionaria dopo venticinque anni di liberismo selvaggio.
Speriamo che il G8 che si terrà in Italia il prossimo luglio non faccia marcia indietro.
Sabina Siniscalchi