«Dagli all’immigrato»

(sempre la solita solfa)

Vorremmo non tornare sempre sullo stesso argomento. Vorremmo… ma non si può. È l’attualità, quella stessa attualità che noi, scrivendo su un mensile, siamo costretti a rincorrere senza mai raggiungere, che si impone e detta l’agenda, che oggi dice ancora una volta immigrati e sicurezza.
Parlare del Sud del mondo, come alcuni dei nostri lettori vorrebbero facessimo, stendendo un velo di pietoso quanto omertoso silenzio su quanto sta avvenendo oggi in Italia, significherebbe tradire quei popoli che con la nostra vocazione ci siamo impegnati a servire. Li abbiamo incontrati là, li ritroviamo qui… e a volte non ci riconoscono più per quello che un tempo dicemmo loro di essere. Il cristiano, ancor più se sente sulla propria pelle il fuoco della missione, non può fare scena muta di fronte al continuo aumentare di segnali di intolleranza, ingiustizia e strisciante razzismo che continuano a insinuarsi, giorno dopo giorno, nell’arena politica, nei media e, logicamente, nelle conversazioni da bar. Chiaramente bisogna fare attenzione a non lasciarsi impigliare nelle reti di chi strumentalizza il discorso immigrazione a scopi elettorali; affrontare il dibattito a partire dal modello «destra-sinistra» vuol dire infilarsi nel vicolo cieco della retorica, dalla quale è difficile uscire con proposte concrete che non siano una semplice reazione ad una posizione espressa dalla controparte. Anzi, sarebbe bene che dichiarazioni e prese di posizione non diventino appannaggio esclusivo delle forze politiche, pronti per essere convertiti in spot elettorali. Noi cristiani, per esempio, cosa abbiamo da dire? Noi, uomini e donne che si emozionano nel leggere la parabola del buon Samaritano, persone invitate ad essere benevolenti, chiamate a scorgere e rispettare in ogni uomo quella scintilla divina che crediamo possedere? Cosa ci sentiamo di esprimere? Ci accontentiamo di ripetere il verbo del nostro politico di riferimento o puntiamo a far echeggiare il Verbo, sine glossa, senza compromessi?

Il mondo cattolico è un mondo variegato. C’è sicuramente chi, anche tra i nostri lettori, approva l’operato del Goveo, reclama ancor più sicurezza, si fiderebbe delle ronde civiche come ulteriore mezzo di protezione del cittadino. Sono quei lettori che ogni tanto ci bacchettano per il nostro «buonismo», visto come segno di paura e di lassismo nei confronti dell’avanzata dell’onda migratoria. Sono i cristiani con cui parla Bossi, che si dice fine ascoltatore della sua gente, grande esorcista delle loro paure. Va preso atto di come tale opinione nasconda una legittima preoccupazione, un’inquietudine che interpella le forze politiche a trovare misure adatte a fronteggiare una situazione di non facile soluzione. Non si può però lasciare che alcune percezioni della realtà si enfatizzino a tal punto da trasformarsi in proclami xenofobi. Come missionari sentiamo impellente la necessità di prendere posizione. Occorre farlo prima che, come molte volte succede, mille bugie si trasformino in una inscalfibile verità. Abbiamo dalla nostra l’arma delle denuncia, ma anche quella efficacissima del racconto. A lungo termine, la narrazione delle esperienze di incontro con l’«altro» darebbe forza a chi, nonostante tutto, si ostina a ricordare casi di molti ex-clandestini, ora cittadini integrati, ottimi lavoratori; o a chi, come era solito fare don Tonino Bello, legge la storia dell Mediterraneo come culla dell’accoglienza e non si ritrovano in questo atteggiamento da buttafuori bullo che il Goveo ha ultimamente assunto. Vorremmo davvero non tornare sullo stesso argomento, ma qualcosa ci dice che saremmo invece costretti a farlo.

Di Ugo Pozzoli

Ugo Pozzoli

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