Cari missionari
Ricordando
padre Bertaina
Carissimi missionari,
voglio esprimervi il mio cordoglio per la scomparsa del vostro confratello padre Giuseppe Bertaina, barbaramente trucidato a Nairobi lo scorso gennaio. Sono sicuro che il Signore lo ricompenserà per tutto il bene che ha fatto nei 30 anni trascorsi in Kenya; nello stesso tempo sono sbigottito al pensiero che in questo paese esistano persone che, anziché provare dei sentimenti di riconoscenza verso chi li ha tanto beneficiati, non trovino di meglio che organizzare simili nefandezze.
Quindi se da una parte spero che il nostro Signore Gesù Cristo tocchi il cuore di questi assassini e li porti sulla strada del ravvedimento, della conversione e della riparazione, per quanto è possibile del male fatto, dall’altra spero che le autorità kenyane vadano fino in fondo nelle indagini e dopo aver fatto piena luce sull’accaduto, infliggano ai colpevoli la giusta punizione. Cordialmente.
Francesco Rondina
Fano (PU)
Uno stato d’animo…
e conversione
Spettabile Direzione,
ho avuto modo di leggere, come faccio spesso, alcuni articoli del numero di aprile e mi sono convinto a scrivere questo messaggio. La ragione: cercare di mantenere un equilibrio nel mio modo di intendere la religione e le missioni.
Come si fa a essere missionario cattolico, critico verso i colonizzatori e poi avallare, per il Mozambico, praticamente quello che hanno fatto gli inglesi colonizzando l’Australia con deportati e prostitute, ovviamente contro la loro volontà (ma i casi della storia anche recente sono purtroppo numerosi), riconoscendo poi che è stato un errore perché, tra l’altro, si è «deportato» propri concittadini senza di che coprirsi o ripararsi e nutrirsi almeno nei primi tempi? Vedi «Pace sì, ma a modo nostro» (M.C. 4/2009, p. 22).
Perché sbilanciarsi tanto nel sottolineare l’ incontro di Belém, opponendolo a quello di Davos (sicuramente non frequentato da aspiranti santi), sottolineando la presenza di 4 capi di stato di cui 3 «populisti», che a quanto sembra non sono poi così diversi da altri capi di stato che operano anche pro domo loro e dei loro partiti. Non è il caso di comprendere le ragioni delle due organizzazioni o del potere che hanno preso i vari personaggi e di chiarire i pregi e i difetti delle loro decisioni, di non buttare nell’ immondizia tutto (vedi articolo «Pace sì»), quanto fatto da Ong, Bm ecc… non siamo tutti degni di conversione?
E poi la politica per un cattolico è il mezzo per cambiare il mondo o il mezzo è prioritariamente la testimonianza e l’azione positiva verso chi ne ha bisogno, sia povero che ricco.
Spero di aver ben rappresentato con poche parole il mio stato d’animo. Grazie per l’attenzione.
Pierangelo Giubasso
Via e-mail
Capiamo il suo stato d’animo, ma non ne afferriamo le ragioni. Nell’articolo citato, padre Couto dice semplicemente che il suo paese, il Mozambico, avrà stabilità e pace solo quando camminerà con le proprie gambe. Sul Forum sociale di Belém (ignorato dai media nostrani) non c’è alcun sbilanciamento: siamo anche noi convinti che «un mondo nuovo» (diverso da quello sostenuto a Davos) «è possibile e necessario». E per realizzarlo (siamo d’accordo con lei, signor Pierangelo), abbiamo tutti bisogno di conversione.
Buonismo
o cattivismo
Spettabile Redazione,
l’articolo di Ugo Pozzoli sul numero di marzo 2009 della vostra rivista M.C. è un preoccupante e chiaro messaggio della malafede buonista e della resa antipatriottica alle sciagure di una immigrazione voluta senza le necessarie regole. Se il termine cattivismo usato da Maroni può ritenersi infelice, non per questo deve essere pretesto per argomentazioni inaccettabili. Le opere di misericordia sono dei principi a cui tendere, ma chi governa deve essere efficiente e adeguato. Le lagne sempre a favore degli stranieri sono vomitevoli e non se ne può più.
Tra le affermazioni dell’articolo si enfatizzano le «risorse» che però pesano notevolmente sui bilanci di assistenza pubblici e volontaristico. Si afferma con palese malafede che la criminalità degli stranieri è pari a quella degli italiani, menzogna! Gli stranieri se sono il 10% della popolazione e producono il 40% della criminalità vuol dire che delinquono 6 volte più degli italiani che sono il 90% della popolazione.
Affermare che leggi diverse ecc. ecc. e rassegnarsi a un fenomeno «che nessuno può arrestare», come voi scrivete, è una vigliaccheria, per fortuna rara, che non ispira chi da italiano si batte per far funzionare al meglio per «tutti» (stranieri compresi) la nostra società.
Sono un vostro lettore da 50 anni, ma ultimamente non mi trovo d’accordo con i vostri orientamenti sociopolitici. Buon lavoro e cordiali saluti. Conto nella pubblicazione.
Giulio geom. Zinni
Bergamo
Prima di tutto ci congratuliamo, signor Zinni, per essere da 50 anni fedele lettore di Missioni Consolata. E speriamo che continui, nonostante la nostra «malafede bonista e antipatriottica». Nell’editoriale citato, come in tutti gli articoli pubblicati sulla nostra rivista, cerchiamo di leggere (e aiutare a leggere) la realtà alla luce del vangelo, schierandoci dalla parte dei poveri e degli oppressi, sull’esempio di Cristo Gesù e non di miopi ideologie politiche.
In fatto di «patriottismo», come cristiani, e ancora più come missionari, riteniamo che «ogni terra è nostra patria e ogni patria è terra straniera» (Lettera a Diogneto 5).
Circa la «malafede» sulla criminalità degli stranieri, la invitiamo a rileggere l’articolo citato: si dice chiaro che agli «immigrati clandestini sono attribuiti i 4/5 (quattro quinti) dei crimini commessi da stranieri presenti sul nostro territorio, mentre c’è quasi parità tra italiani e «stranieri che hanno regolato la loro posizione».
DESTRA E SINISTRA …PIANTATELA!
C ari missionari, la questione delle impronte digitali da prendere ai piccoli rom (cfr. M.C. 2/2009 p. 6) come quella dell’obbligo di denuncia dei clandestini da parte dei medici curanti, come quella dell’indulto, come quella delle «ronde», sta creando all’interno del mondo cattolico l’ennesima spaccatura e questo è un male perché, anche di fronte a questo tipo di problemi, i cattolici dovrebbero compattarsi non dividersi.
Non ce la sentiamo di sposare le tesi della dottoressa Benedetta Rossi di Bologna? D’accordo, ma qualche grossa responsabilità la cultura di «sinistra», della «tolleranza» o «progressista» ce l’ha, e io sono convinto che riconoscere questo sia nell’interesse della stessa sinistra.
A tutte le persone che hanno tuonato e continuano a tuonare contro le decisioni del governo Berlusconi in materia di immigrazione, sicurezza, lotta alla clandestinità e soprattutto lotta alle scarcerazioni facili, vorrei domandare: siete sicuri che sia di sinistra difendere a oltranza i giudici, anche quelli che sono manifestamente compiacenti verso mafia, camorra e n’drangheta, anche quelli che impiegano otto anni a scrivere una sentenza, anche quelli che concedono arresti domiciliari, libertà vigilata, affidamento ai servizi sociali agli stupratori, ai lanciatori di massi dai cavalcavia, ai serial killer, a chi brucia i clochard per «battere la noia», a chi si mette alla guida dopo aver tracannato alcol e droghe a più non posso, a chi non esita a fracassare le ossa alla vecchietta di novant’anni per mettere le mani su 400 euro di pensione?
Vi sentite davvero tanto «progressisti», tanto «aperti», tanto «democratici» quando gridate allo scandalo per le pene contenute inflitte al tabaccaio o al giornielliere che spara dopo essere stato minacciato, ricattato, percosso, rapinato, ridicolizzato per la seconda, quarta, ottava, sedicesima volta da delinquenti incalliti, pluripregiudicati e pluriscarcerati, e tacete, o addirittura cercate di screditare, chi rifiuta di tacere quando un giudice, in nome di una delirante concezione della laicità dello stato, esige la rimozione – altrimenti non ci metterà piede e non lavorerà, pur continuando a percepire il suo stipendio – non crocifisso dalle aule del tribunale?
Vi sentite veramente continuatori della tradizione del Movimento operaio e magari anche interpreti dello spirito del Concilio Vaticano II, quando vi trincerate dietro slogan come «il carcere non serve», «il carcere è inutile, anzi controproducente», «bisogna prevenire e integrare, non reprimere»? E se invece fosse proprio una giusta ed equilibrata azione repressiva ciò che manca per dare credibilità ed efficacia ai programmi di educazione e prevenzione del crimine? E poi, se alcuni luoghi di detenzione sono da tutti riconosciuti come «carceri-modello», perché non dovrebbero diventarlo anche gli altri?
E voi, cari amici di Pdl, della Lega Nord e della Nuova democrazia cristiana, se è vero come è vero che servono nuove carceri, costruitele e fate entrare in funzione quelle già costruite, ma non ancora operative a causa delle solite pastornie burocratiche.
Se ci sono dei giudici che continuano, con ripugnante disinvoltura, a lasciare o rimettere in libertà i più spietati tra i criminali – italiani e stranieri – provvedete alla loro immediata rimozione e fate in modo che a prendere il loro posto siano persone leali, corrette, responsabili che il loro posto se lo sono guadagnato onestamente, senza frodare, senza truffare, senza corrompere, senza ricattare.
Smettete di prendervela con il «disfattismo e l’immobilismo di sinistra» e contro lo «statalismo di stampo comunista», perché dopo gli ultimi responsi delle ue, queste scuse non tengono più. Se ci sono dei problemi all’interno della vostra coalizione, risolveteli, ma piantatela di dare la colpa dell’inefficienza del nostro sistema giudiziario, ai verdi, ai vetero marxisti, ai no global, perché queste forze sono state sfiduciate dall’elettorato, in Parlamento non hanno neppure un rappresentante, quindi non hanno alcuna possibilità di opporsi alle vostre decisioni o di ostacolare i vostri progetti.
Piantatela anche con la storia dei clandestini che devono essere «tutti espulsi», mentre chi viene a lavorare seriamente deve essere accolto a braccia aperte, perché non tutti i clandestini sono criminali e non tutti gli stranieri – come del resto gli italiani – con un regolare contratto di lavoro sono persone brave e oneste; al contrario, le cronache sempre più spesso ci presentano i casi di spacciatori, ladri, teppisti, stupratori, assassini, che nel posto di lavoro avevano sempre dato prova di serietà, competenza ed efficienza…
Vi ringrazio per l’attenzione.
Bartolomeo Ghigri
Fano (PU)