Piccolo e orgoglioso
U come Uruguay
Schiacciato tra Argentina e Brasile, l’Uruguay è un paese semisconosciuto. Eppure ha una storia importante, anche in relazione all’Italia. Lì ha vissuto Giuseppe Garibaldi, lì sono arrivati migliaia di emigrati italiani (quasi il 40 per cento della popolazione è di origine italiana). Ed oggi…
Montevideo. C’è un poliziotto quasi ad ogni incrocio. Eppure la città – la parte vecchia della capitale uruguagia – sembra deserta di persone e di auto. È domenica, uffici e negozi sono chiusi. Spinti da una curiosità che necessita di soddisfazione, domandiamo ad un agente con una pettorina giallo canarino: «Perché c’è un poliziotto ad ogni angolo?». «Perché – ci risponde gentilissimo (probabilmente felice di rompere la noia della mansione) – quando attraccano le navi da crociera la sicurezza nella zona della città vecchia viene rafforzata per proteggere i turisti che sbarcano a terra». E, infatti, al porto è attraccata una nave da crociera, tanto grande che pare una città galleggiante.
Il porto di Montevideo dista da quello di Buenos Aires poco più di 3 ore, ma è spesso preferito dalle imbarcazioni perché, a differenza del secondo, guarda direttamente sull’Oceano Atlantico, invece che sul Rio de la Plata. Per questo qui attraccano le navi delle grandi compagnie crocieristiche – Princess Cruises, Royal Caribbean, Norwegian Cruise Line, tra le principali -, che sbarcano migliaia di persone al colpo. Sono turisti mordi e fuggi, che scendono a terra intruppati e spesso con la paura di essere scippati, aggrediti, imbrogliati. Si fanno fotografare davanti ad un monumento, non hanno tempo per parlare con la gente del posto a meno che non si tratti del cameriere o del venditore di souvenir.
Peccato, perché l’Uruguay meriterebbe attenzione, nonostante sia schiacciato – fisicamente, politicamente e mediaticamente – dai due grandi paesi confinanti, il Brasile e l’Argentina.
Provenendo da Buenos Aires, metropoli sfavillante e vibrante di vita, una persona potrebbe giudicare Montevideo una città sonnolenta. Ma la prima apparenza non sempre è quella giusta. Come ha scritto, con mirabile autornironia, Eduardo Galeano: «Noi uruguayani, malinconici, poco reattivi, che sulle prime sembriamo argentini col valium» (1). Appunto, sulle prime.
Ricordiamo allora alcuni fatti di sostanza. Lungimiranti ed antisignani – alla luce dell’attuale crisi planetaria – sono stati gli uruguayani quando furono chiamati a decidere su questioni di vitale importanza. Con i referendum del 1992, essi hanno respinto – con una maggioranza del 72% – le proposte che miravano alla privatizzazione delle imprese pubbliche. E nell’ottobre 2004 sono stati straordinari nel dire «no» alla privatizzazione dell’acqua, richiesta dal Fondo monetario internazionale e dalla Banca mondiale (2). In seguito a quel referendum, la costituzione del 1967 è stata integrata. Oggi l’articolo 47 della carta fondamentale dell’Uruguay recita così: «L’acqua è una risorsa naturale essenziale per la vita. L’accesso all’acqua potabile e l’accesso alla bonifica costituiscono diritti umani fondamentali» (3).
Un altro momento che ha evidenziato la maturità del paese riguarda la politica intea. Il movimento guerrigliero dei «tupamaros», che lottò (e perse) contro la dittatura militare, è stato recuperato alla politica ed è riuscito a diventare il secondo partito in parlamento (con il nome di «Movimiento de partecipación popular») ed il primo nella maggioranza di centrosinistra («Encuentro progresista-Frente amplio»). Anticipando di qualche anno quanto poi sarebbe accaduto nel Salvador, dove nel marzo 2009 sono arrivati al governo gli ex guerriglieri del «Frente Farabundo Martí para la liberación nacional» (Fmln).
Dalle fila del Frente amplio è uscito Tabaré Vázquez, attuale presidente del paese latinoamericano.
Nella vita, Ramón Tabaré Vázquez fa il medico oncologo. Dal 2005 è presidente dell’Uruguay, primo capo di stato progressista nella storia del paese latinoamericano, dopo 150 anni di governi conservatori tra Blancos e Colorados (i due partiti egemoni fino al 1971, anno della nascita del Frente amplio) e il decennio della dittatura militare. In questi anni, l’Uruguay è cresciuto, ma il percorso del dottor Tabaré Vázquez non è stato e non è semplice.
Due fatti hanno reso difficili questi anni, uno di natura internazionale e l’altro interno. Il primo riguarda i rapporti con l’Argentina, divenuti tesi da quando – era il 2002 – il governo di Montevideo decise di costruire due grandi cartiere (papeleras, in spagnolo) sulle acque del Rio Uruguay, fiume che funge da confine tra Uruguay ed Argentina. Gli argentini contestano la presenza delle industrie perché produrrebbero un grave inquinamento. Da allora, ci sono state periodiche proteste delle popolazioni argentine che vivono nei pressi degli impianti produttivi, mentre i due governi si sono dati battaglia legale negli ambiti inteazionali (Mercosur e Corte internazionale di giustizia), senza riuscire a trovare una soluzione.
Il fatto interno è stato ancora più devastante, perché ha guastato i rapporti del presidente con la sua coalizione. Tabaré Vázquez ha posto il veto presidenziale alla legge di depenalizzazione dell’aborto, votata dal parlamento. La norma mirava a cancellare una vecchia legge del 1938, il cui articolo 325 afferma che «la donna che causa il suo aborto o lo consente sarà punita con la prigione da 3 a 9 mesi» (4).
Intanto, a fine giugno, ci sarà un altro passaggio importante per la coalizione al potere: con elezioni intee il Frente amplio sceglierà il proprio candidato per le elezioni presidenziali dell’ottobre 2009. A contendersi la nomina, ci sono 3 candidati, ma 2 sono quelli forti: il moderato Danilo Astori, economista liberista ed ex ministro dell’economia e delle finanze, e José Mujica detto el Pepe (5), ex guerrigliero tupamaro ed ex ministro dell’allevamento, agricoltura e pesca.
E duardo Galeano ha parlato di «un paese ignorato, un paese quasi segreto, chiamato Uruguay». Forse anche per questo è diventato un paese vitale e capace di sorprendere. Come ci ha confermato l’anonimo artista di strada di Plaza Constitución che, vedendoci andare in direzione del porto, così ci ha salutato: «Buen viaje! Y no se olviden de ser felices!». Ovvero: «Buon viaggio! E non dimenticatevi di essere felici!».
Di Paolo Moiola
(1) Eduardo Galeano, Duopolio addio. L’Uruguay va ai vinti, il Manifesto 2 novembre 2004 e Latinoamerica n.89/4.2004.
(2) Si legga: Gennaro Carotenuto, La rivincita di Tupacamaru, Latinoamerica n.89/4.2004; Raúl Pierri, No a la privatización del agua, Ips, 31 Octubre 2004.
(3) Testuale: «El agua es un recurso natural esencial para la vida. El acceso al agua potable y el acceso al saneamiento constituyen derechos humanos fundamentales».
(4) Il presidente ha però firmato la nuova legge sul testamento biologico, approvata il 18 marzo 2009.
(4) Si veda il blog: www.pepetalcuales.com.uy.
Paolo Moiola