T come «tupamaros»
I tupamaros erano un’organizzazione guerrigliera. Oggi il loro partito – il «Movimento di partecipazione popolare» – è entrato in parlamento con il 30 per cento dei suffragi. E due di loro, entrambi in carcere per 13 anni durante la dittatura, sono diventati ministri nel governo di Tabaré Vázquez: José Mujica ed Eduardo Bonomi.
Un paese con poco meno di tre milioni di abitanti, senza risorse naturali, ma con la grande ricchezza dell’allevamento del bestiame, era concentrato nelle mani di pochi latifondisti agrari. Questi, a loro volta, esprimevano una classe politica che paga dell’abbondanza del periodo delle vacche grasse, non aveva mai investito nello sviluppo industriale del paese. Fino al termine della Seconda guerra mondiale e della guerra di Corea, l’Uruguay riuscì a piazzare tutta la produzione di carne in campo internazionale, ma una volta terminati i conflitti le nazioni europee, gli Stati Uniti, ecc., investirono in campo agricolo e nell’allevamento. Per l’Uruguay iniziò allora il periodo delle vacche magre. Non potendo reperire valuta pregiata, necessaria per far fronte al pagamento dei debiti, per l’impossibilità di esportare i propri prodotti, il paese entrò in una crisi inflazionistica che, come un perverso gioco del domino, si abbatté su tutti i settori del paese.
La «Convención nazional de trabajadores», l’unica centrale sindacale del paese, cercò di canalizzare la protesta dei lavoratori e della classe media (vera ossatura del paese) verso forme di protesta (scioperi, manifestazioni, ecc.) contemplate negli ordinamenti costituzionali. Ma le condizioni di vita dei campesinos (soprattutto dei coltivatori di canna da zucchero, i cosiddetti «cañeros» del nord del paese) si erano ridotte a livelli tanto subumani da generare un malcontento incontenibile. Questo si concretizzò in una marcia di protesta che, raccogliendo migliaia di lavoratori, attraversò tutto l’Uruguay arrivando fino al palazzo legislativo di Montevideo. Questi lavoratori, sfruttati ed umiliati nella loro dignità, erano capeggiati da Raul Sendic, un procuratore legale che aveva fatto della difesa di questa povera gente la ragion d’essere della sua vita.
A fronte di una palese ottusità da parte sia della classe politica come di chi gestiva il potere economico ed agrario del paese, ci fu – quasi come conseguenza speculare – una spaccatura all’interno dei lavoratori, tra chi accettò il difficile cammino del confronto con una classe dirigente che sempre più si avviava verso l’imposizione di una dittatura e chi invece optò per una lotta di resistenza che suscitasse un cambiamento all’interno della società uruguayana. La svolta avvenne il 22 dicembre del 1966, quando in uno scontro con la polizia venne ucciso un giovane studente. La reazione fu pesante. Manifestazioni di protesta che coinvolgevano operai e studenti si succedettero a catena e dall’altra parte si cominciò ad arrestare, imprigionare e purtroppo a torturare. Fu in quel frangente che si decise di optare per una lotta armata portata avanti nella clandestinità: nacque il «Movimiento de liberación nacional tupamaros» (Mlnt), che si rifaceva all’ideale rivoluzionario di Tupac Amarú, il leggendario eroe indigeno peruviano che si era ribellato secoli prima allo strapotere dei conquistadores spagnoli.
L’organizzazione seppe muoversi con abilità senza compiere atti di inutile efferatezza nei confronti dei militari. Anzi, alcuni gesti eclatanti come la presa della città di Pando, dove riuscirono a tenere in scacco l’esercito per diversi giorni, il sequestro di camion di generi alimentari distribuiti alla popolazione dei «cantegriles» (le favelas di Montevideo) e una spettacolare evasione dal carcere di massima sicurezza di Punta Carretas di oltre un centinaio di tupamaros detenuti, attirarono su questo movimento rivoluzionario parecchie simpatie tra la popolazione uruguayana.
La conquista della scena internazionale la ottennero con il sequestro di un anonimo funzionario dell’ambasciata statunitense: Dan Mitrione, che risultò essere un istruttore di tecniche di tortura per l’esercito uruguayano al soldo della Cia. Tale fu il successo di questa azione straordinaria (raccontata magistralmente nel film «L’Amerikano» di Costa-Gavras, interpretato da Yves Montand e Renato Salvatori) che il governo dittatoriale non potè permettersi il lusso di digerire il rospo senza reagire e la reazione fu tremenda. Si cominciò ad arrestare indiscriminatamente i processi divennero sempre più sommari e le torture nelle carceri, sempre più brutali. A quel punto molti abbandonarono la lotta armata e si rifugiarono all’estero e un’intera generazione di giovani prese la strada dell’esilio. Un paese che si era formato grazie all’apporto di emigranti giunti da ogni parte del mondo, in pochi anni si spopolò perdendo buona parte della sua forza lavoro.
Raul Sendic e i membri del direttivo dei tupamaros vennero quasi tutti catturati e incarcerati. Il governo dittatoriale li dichiarò: «rehenes» cioè «ostaggi», dichiarando nel contempo che se fossero state compiute in qualunque parte del paese delle azioni di rivolta armata, i capi dell’Mlnt in «ostaggio« sarebbero stati giustiziati in carcere. Fu un momento terribile per la nazione intera, certamente gli anni più oscuri di tutta la storia dell’Uruguay. Con il ritorno alla democrazia, il neoeletto Parlamento approvò una legge di amnistia generale, grazie alla quale uscirono dal carcere tutti i prigionieri politici. Nel 1985 il movimento tupamaros, in un congresso a cui parteciparono i vecchi militanti e i molti simpatizzanti, ratificò il rifiuto alla lotta armata e l’accettazione delle regole democratiche della vita partitica e politica. Successivamente confluirono, come gruppo autonomo denominato «Movimento de partecipacion popular», nel «Frente amplio», ottenendo un notevole successo elettorale.
Alle ultime elezioni (ottobre 2004), il politico più votato in assoluto tra i deputati dell’Assemblea nazionale, è risultato essere José Mujica, detto «El Pepe», un militante della prima ora. Mujica è stato ministro ed è un possibile candidato per la successione a Tabaré Vázquez.
Superati gli anni perversi della dittatura, avviatosi l’Uruguay verso il pieno ristabilimento del gioco democratico, i tupamaros sono diventati protagonisti a tutti gli effetti della scena politica del paese con i quali tutte le altre formazioni partitiche, oltre ai vari soggetti istituzionali, devono dialetticamente confrontarsi.
Mario Bandera