Cari missionari

A proposito di…«Nozze di Cana»

Caro Direttore,
sono un anziano sacerdote salesiano, faccio parte della Elledici, ho pubblicato e pubblico libri e articoli. Leggo con gioia ogni mese la vostra rivista Missioni Consolata e mi congratulo con voi. Ma ho una piccola osservazione da fare, e spero la accetti con carità.
L’articolo di Paolo Farinella sulle nozze di Cana mi ha lasciato perplesso. Egli lo include tra i midràsh, che definisce, nell’ultima riga del box, «racconti storici o leggendari edificanti…» (M.C. febbraio 2009, p.32).
È noto a tutti gli studiosi di bibbia che «Cana» e tutti i miracoli (segni) del vangelo di Giovanni sono considerati come allegorici da parte di illustri studiosi. Ma non è l’unica né la più sicura interpretazione. Benedetto xvi, in un recente intervento, ha detto che Giovanni è un testimone oculare, che riferisce fedelmente «ciò che ha visto». L’interpretazione di Farinella turberà chi sente e crede il papa.
Io credo sia opportuno (come facciamo nella nostra rivista Il mondo della bibbia) dare anche le interpretazioni più avanzate, ma darle come «possibili», non come uniche e normali, e affiancarle ad altre interpretazioni più in linea con la tradizione e con studi non meno seri di quelli che si prendono in considerazione per primi.
Se rilegge l’articolo del Farinella vedrà che c’è non solo un contenuto, ma anche un tono che turba un po’ chi non condivide le sue posizioni. E questo Farinella lo fa anche in altri articoli già pubblicati, a mio modestissimo parere.
Le domando scusa, e desidero tornare a esprimerle tutta la mia riconoscenza per il lavoro che fate per il Regno di Dio. Il Signore ci benedica.
Don Teresio Bosco
Torino

Ringrazio don Teresio della sua lettera che mi permette di chiarire. Ha ragione, io do spesso la sensazione di «sicurezza» nelle cose che scrivo e non mi attardo a «variazioni sul tema»; e il motivo sta nel fatto che sono sicuro delle cose che scrivo.
Il fatto che il papa nel suo libro Gesù di Nazaret identifica l’evangelista con l’apostolo (ne parla alle pp. 257-279, particolarmente 261) è la sua convinzione, abbandonata tra l’altro dalla maggior parte degli esegeti. Il papa stesso nel medesimo libro (p. 20) dice che tutti lo possono criticare perché il suo libro non ha valore magisteriale, ma è frutto della sua ricerca di studioso e si affida alla critica come qualsiasi altro studioso. Personalmente sono contrario al fatto che i papi scrivano libri, per evitare proprio l’intervento di don Teresio che attribuisce alle affermazioni del papa un valore «probativo» (magisteriale) che non hanno, anche su stessa richiesta del pontefice (anche il vecchio codice del 1917 lo proibiva).
Per quanto riguarda il fatto di dare come probabile affermazioni di studio e dare conto di tutte le posizioni, voglio solo dire che io scrivo su una rivista a larga diffusione e non strettamente scientifica. Se facessi una lezione di esegesi in un’aula di università, tranquillizzo don Teresio che chiederei conto agli studenti di tutte le posizioni ed esigerei un’analisi critica di ciascuna, con la scelta più vicina alla realtà (attraverso metodi che qui è lungo elencare).
Posso garantire che offro ai lettori il meglio degli studi: dietro ogni articolo c’è una ricerca che ormai data da oltre 30 anni. Sul midràsh mi riservo di intervenire a tempo e luogo e quindi chiedo un po’ di pazienza.
Paolo Farinella, prete
Genova

Ricordando padre Bertaina

Egregio Direttore,
volevo ricordare un grande missionario della Consolata che ho conosciuto nell’agosto del 2007, durante il viaggio in Kenya guidato da padre De Col.
Da sempre amo l’Africa e ancor più da quando, poco più che ventenne, ho cominciato a visitare i paesi di questo continente dai mille volti e dai mille contrasti, spesso meravigliosi, a volte angoscianti e tragici. Le mie visite non sono mai state superficiali o semplicemente turistiche, ma ho sempre privilegiato i viaggi che mi consentivano di approfondire tutti gli aspetti della vita di un paese, da quello paesaggistico, al culturale, al sociale, al religioso, non dimenticando il rapporto con le popolazioni locali che è, a mio avviso, una delle basi fondamentali per conoscere e capire un luogo.
Da nord a sud sono ormai più di 20 i paesi che ho visitato assieme a mia moglie Marika, anche lei innamorata dell’Africa, ma uno dei viaggi che più mi ha appassionato, coinvolto ed emozionato, è stato quello dell’estate 2007 in Kenya, organizzato dai missionari della Consolata di Torino. È stata una immersione totale nella realtà di questo grande paese, del quale tanto si è parlato e si parla per i problemi socio-politici, etnici ed economici che lo affliggono anche in tempi recentissimi.
Proprio a Nairobi, visitando una delle tante meravigliose opere realizzate dai missionari, ho conosciuto padre Giuseppe Bertaina, rettore del seminario e istituto filosofico nella capitale keniota. Ci spiegò con passione la sua attività di missionario in questo paese da oltre 57 anni e le realizzazioni in favore dei bambini, delle madri abbandonate, delle famiglie indigenti, degli ammalati di Aids e della convivenza tra le molte etnie.
Parlando con lui avevo avuto la certezza di una persona straordinaria e saggia con una grande passione condivisa per l’Africa, ma nello stesso tempo semplice e schiva; aveva 81 anni. E poche settimane fa la notizia del suo assassinio nella sede dell’amato istituto, mi ha colpito e addolorato. Quando si conosce e si apprezza una persona di questa levatura, non si può accettare che la sua esistenza venga cancellata da tanta inutile barbarie.
Certo, la perdita è grande per le missioni in Kenya, anche perché aveva detto, incontrando il nostro gruppo, che questi popoli non hanno bisogno di armi ma della «penna», cioè istruzione e cultura, e nello stesso tempo della religione; affermava infatti che non basta quella «tradizionale – naturale»; e questo è proprio quanto lui cercava di dare, e io alcuni risultati li ho visti, anche se, purtroppo, gli ultimi tragici eventi del 2007 e 2008 fanno pensare che ancora molta strada deve essere percorsa.
Addio padre Giuseppe, ti ricorderò assieme alla tua Africa.
Giancarlo De Blasio
via e-mail

Ringraziamo il signor De Blasio e i numerosi lettori che nei giorni passati ci hanno fatto pervenire, per posta e per telefono, i loro sentimenti di solidarietà, stima e ammirazione per il nostro carissimo confratello, padre Giuseppe Bertaina, scomparso così tragicamente. È certamente una grande perdita per il nostro Istituto e per il Kenya; tuttavia la fede ci assicura che dal cielo egli continua ad accompagnare la crescita del seme da lui gettato nel campo del Signore. E siamo anche certi che non mancherà di benedire quanti continuano a sostenere la sua opera.

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