Sciamani ieri e oggi: tra modelli culturali e sperimentazioni scientifiche
Non è semplice definire lo sciamanismo, poiché gli elementi che lo caratterizzano, il viaggio estatico, la musica e il concetto di malattia, pur nelle specifiche varianti locali, sono difficilmente scindibili tra loro. Anche se l’operato dello sciamano comprende una vasta gamma di pratiche di guarigione, i due elementi maggiormente caratterizzanti restano la capacità di curare l’aspetto spirituale della malattia e il viaggio
nella realtà non ordinaria al fine di ottenere la conoscenza e la guarigione fisica e spirituale.
Nella lingua dei tungusi della Siberia, la parola «shamàn» si riferisce a una persona che è capace di compiere viaggi nella realtà non-ordinaria, in uno stato alterato di coscienza. Anche se il termine è originario di un’area geografica specifica, la pratica dello sciamanismo è esistita, ed esiste ancora oggi, pressoché in tutti i continenti. Nel corso dei secoli, dalle regioni artico-siberiane e dell’Asia centrale si è diffusa, per le migrazioni delle stesse popolazioni paleomongole attraverso lo stretto di Bering, in tutta l’America settentrionale e meridionale, oltre che in molte aree dell’Asia meridionale e orientale, fino in Australia.
D’altro canto, in queste tribù di tipo animista, i problemi della quotidianità e del vivere di ogni individuo ricadono costantemente sull’intera comunità, mettendone a rischio equilibri e armonie intee. Così per scongiurare il pericolo di possibili «entropie» e disequilibri sociali, ogni membro della tribù crede nell’esistenza degli spiriti. Non sorprende, quindi, che in queste culture, ogni individuo, cosciente dei propri limiti umani e di fronte a determinati eventi, chieda aiuto agli stessi spiriti, avvalendosi, esclusivamente dell’esperienza o dell’intermediazione «privilegiata» dello sciamano.
arte dello sciamano: tra cosmologie
e cosmogonie
La caratteristica comune di ogni processo di cura e di guarigione è il viaggio spirituale. Questo iter si concretizza attraverso il cammino dell’anima nella realtà extrasensoriale, che permette al guaritore di entrare in contatto con le «entità» spirituali. Ritenute per lo più alleate in cui ci si imbatte sotto forma di animali guida o di maestri spirituali – in genere antenati, figure mitologiche o saggi – queste entità conferiscono allo sciamano il potere e la conoscenza per aiutare e guarire se stesso, gli altri e il mondo dalla «malattia». Una missione universale che chiunque sviluppi capacità extrasensoriali può compiere attraverso un viaggio estatico e senza il sussidio di intermediari che si esprimono officiando rituali complessi.
E ciò può essere spiegato analizzando le strutture logiche del pensiero animista. Secondo le cosmologie più frequenti tra queste società, l’uomo vive sulla terra in una zona intermedia, tra un cosmo superiore e uno inferiore, associati a volte con il cielo e il mondo sotterraneo.
Queste tre zone sono collegate tra loro da un axis mundi, o asse verticale dell’universo, da alcuni chiamato «albero della vita». In alto e in basso questo asse passa attraverso aree «vuote» nella volta cosmica che possono condurre nell’universo inferiore o in quello superiore. Solo superando questi «buchi» il guaritore è in grado di passare da un livello di esistenza all’altro e di compiere il cammino contrario.
Tuttavia, questa esperienza muta continuamente in ogni diversa situazione. Non è una regola fissa, ma solo un modo di affrontare le diverse posizioni del cosmo e del proprio esercizio di conoscenza. Si tratta per lo più di sperimentazioni «personali» volte a guarire, ottenere informazioni o altre prestazioni consensuali, che garantiscono credibilità e rispetto in seno alla stessa società.
Tecniche o suggestioni a parte, anche per questa ragione lo sciamanismo non può essere considerato un sistema di dogmi e di verità di fede, ma solo un metodo per ottenere rivelazioni dirette dalle entità spirituali altre. In parte, per questo, lo sciamanesimo è stato osteggiato e combattuto come pericoloso antagonista proprio dalle religioni istituzionalizzate, non solo dalla religione cristiana, ma anche dal buddismo in Asia centrale e dal lamaismo in Siberia.
I nuovi orizzonti dello sciamanismo moderno
Gli sciamani non scelgono generalmente di diventare tali: all’arte della guarigione vi arrivano per vocazione, spinti dalle suggestioni psichiche di un sogno particolarmente forte e vivido, oppure attraverso una visione meditata, o più frequentemente in seguito alla guarigione insperata da una grave malattia. Prima di intraprendere il lungo cammino rituale che lo porterà a operare nella tribù, ogni neofita dovrà sottoporsi a un complesso percorso iniziatico da cui apprendere l’arte di curare, proiettarsi nel trascendente e di predire il futuro.
È proprio da questa fase di iniziazione extrasensoriale, o di liminalità «non comune», che prende avvio l’osservazione e la sperimentazione delle più importanti metodologie applicate dalle scuole sciamaniche modee dell’Occidente. Oggi sempre più persone, specialmente giovani, chiedono di conoscere da vicino questa antica tradizione spirituale per trae insegnamenti e indirizzi di vita. Modelli alternativi alieni rispetto a quelli tradizionali, considerati però più confortanti, meno impegnativi rispetto a quelli occidentali, ormai troppo pericolosamente svuotati di significato. Un agnosticismo forte, da cui si alimenta questo diffuso interesse dilagante che è testimoniato non solo dalla pubblicazione di numerosi libri sull’argomento, ma anche dalla popolarità di seminari, film, musiche e altri eventi che offrono l’opportunità di studiare e lavorare con sciamani provenienti da varie parti del mondo.
Entro questo orizzonte di riscoperta delle esperienze e tradizioni altre, occupa un posto di rilievo il lavoro di ricerca, insegnamento e di formazione condotto, ormai da quasi 40 anni, dall’antropologo americano Michael Haer, già docente all’Università di Berkeley in Califoia e alla New School for Social Research di New York. Dal 1987 è il fondatore del Core Shamanism, la scuola che ha contribuito, più di altre, alla riscoperta di queste antiche pratiche nel mondo occidentale. Inoltre, anche la Foundation for Shamanic Studies (Fss), che Haer dirige a Mill Valley in Califoia, attualmente rappresenta il maggior centro di insegnamento, didattica, ricerca e sperimentazione nel campo dello sciamanismo contemporaneo a livello mondiale.
Da anni la Foundation, è attiva anche e soprattutto nei paesi europei attraverso la Fss-Europa e le sue varie sezioni (Austria, Svizzera, Italia, Francia, ecc.) dotate di un corpo docenti internazionale (Inteational Faculty) che ha dato impulso notevole alla rinascita credibile dello sciamanismo nel mondo contemporaneo.
Uno degli obiettivi principali della Foundation è addestrare gli occidentali nelle tecniche di base e avanzate, sviluppando soprattutto un approccio basato sui principi e i metodi dello sciamanismo tradizionale (estasi, visioni, ritmi musicali, suggestioni, incantesimi etc), ma accessibile alla modea cultura. Un sistema perciò applicabile alla vita quotidiana, che è in grado di diffondere e rendere attuabili le pratiche fondamentali e transculturali di una tradizione antica.
Per quanto attualmente l’interesse nello sciamanismo sia enorme, molti dubitano che i metodi tradizionali possano essere applicati ai problemi della vita modea o che siano in qualche modo praticabili da noi occidentali. Partendo proprio da questi deterrenti scetticismi, il lavoro di Haer si è concentrato in particolare sulla possibilità di applicarli in ambito socio-sanitario, sviluppando soprattutto metodi di approccio complesso ai problemi di vita e di salute dell’uomo contemporaneo.
Oggi infatti, l’insegnamento e l’applicazione di questi principi, come avviene spesso presso molte scuole sperimentali, è in grado di rendere attuabili le pratiche fondamentali della tradizione locale, trasmettendone un sistema di valori neutro slegato da ogni tipo di condizionamento particolare. Alcuni praticanti associati alla Foundation hanno infatti lavorato nelle carceri e con le gang di adolescenti, altri si sono concentrati sui problemi dell’ambiente e sulla crisi ecologica del nostro tempo. Ovunque si sta cercando di recuperare l’antica saggezza ancestrale per proteggere la vita del pianeta e delle comunità umane, riportare equilibrio e armonia là dove ci sono squilibri, conflitti e disarmonie.
Così l’insegnamento richiama ogni anno migliaia di persone, che partecipano a corsi di addestramento e collaudando così un circuito scientifico formativo e informativo di assoluto valore avviato ormai da decenni.
Nel giugno del 2002, infatti, si è tenuto a Santa Fe, nel New Mexico, il primo convegno di medici e altri professionisti della salute, addestrati nel core shamanism, che si sono incontrati per scambiare le proprie esperienze e discutere come meglio integrare i metodi sciamanici nella loro pratica medica. Incontri che si sono succeduti con sempre maggiore consenso negli anni successivi allo scopo di garantire continuità a questo tipo di confronto di esperienze.
Anche per questo il core shamanism ha contribuito ad aprire nuove prospettive mediche anche nel trattamento dei problemi più strettamente psicologici. Ad esempio, la tecnica tradizionale del recupero dell’anima è diventata un complemento frequente della psicoterapia modea degli studi di mezzo mondo, secondo le linee indicate dalla psicologa statunitense Sandra Ingerman nel suo testo pionieristico «Il recupero dell’anima», edito ormai dal 1991.
nuove forme: Vegetalisti e New Age
Per quanto riguarda gli sviluppi più recenti, la tendenza attuale è di non restringere il lavoro di divulgazione e formazione al trattamento dei soli problemi individuali, fisici o emotivi, ma di estenderlo anche alla sfera della vita collettiva e ai problemi sociali condivisi perciò da una moltitudine di casi specifici. Una preoccupazione che ha sempre caratterizzato l’attività del curandero tradizionale in ogni società locale.
Ma oltre a insegnare e diffondere lo sciamanismo nei paesi occidentali, la Foundation for Shamanic Studies promuove attivamente la collaborazione e l’interscambio proprio con gli sciamani tradizionali, i veri testimonial di un sapere conservato da millenni. In particolare, l’impegno della Fss a favore degli operatori tradizionali si concretizza attraverso due mirati programmi di cooperazione e di sviluppo. Il primo di «Assistenza tribale urgente» è rivolto ad aiutare individui e gruppi (finora soprattutto nativi americani) a rivitalizzare le loro tradizioni medico-empiriche perdute.
Il secondo, attraverso un altro programma chiamato «Tesori viventi dello sciamanismo», viene conferito un vitalizio annuale a due sciamani tradizionali, che si sono particolarmente distinti nel servizio alle loro comunità. Attualmente lo sciamanismo sta suscitando un rinnovato interesse sia nel campo degli studi specialistici sia in quello della cultura generale. In entrambi i casi, parte dell’utenza che si rivolge a questi centri sono troppo spesso i giovani attratti dalla possibilità di vivere quelle esperienze «alternative», che i media strumentalizzano e iconizzano come semplici fenomeni di costume.
Anche per questo l’importanza che assume oggi il fenomeno esotico nel contesto di una nuova religiosità, specialmente nell’area new age, non è legata tanto alla sua particolare struttura religiosa, quanto per il fatto sconvolgente che esso evoca, cioè la possibilità di un «viaggio in un altro mondo» attraverso uno stato alterato di coscienza.
C’è da rilevare, purtroppo, la diversità sostanziale dello sciamanesimo post-moderno dallo spirito autentico di quello storico: i viaggi al di fuori di sé di cui il new age si fa promotore, sono ben diversi per finalità; siamo lontani dal bene della comunità vissuta e sofferta da un curandero locale, mentre le esperienze extrasensoriali ascrivibili alla new age, ottenute spesso con l’ipnosi e sotto l’effetto di droghe, sono fini a se stesse, edonistiche, troppo spesso forme altre da «sballo» da discoteca o ancor peggio di pura tossicodipendenza.
Questa esigenza induce gran parte dei «pazienti» ad avvicinarsi all’esperienza rituale del cosiddetto vegetalismo, quel movimento underground che richiama adepti a recarsi soprattutto nelle aree del Sud del Mondo, ricche di varietà inestimabili di piante psicotrope. Specialmente in Ecuador, Perù e Brasile per provare l’esperienza di molti fitosistemi psicoattivi, tra cui l’ayahuasca, il potentissimo allucinogeno estratto da una liana della selva colombiana amazzonica.
Di contro, alcuni gruppi organizzati francesi hanno invece studiato in Africa programmi speciali di riabilitazione dalle stesse narcodipendenze. Come nel caso del processo di iniziazione sciamanica al culto dell’iboga, pianta dalle «prestazioni miracolose», che annullerebbe la dipendenza fisica e le inclinazioni psicotiche all’uso quotidiano delle droghe, attraverso la partecipazione al pericoloso rituale Bwiti ancora in uso tra le etnie babongo e mitsogo del Gabon.
Secondo alcuni dispacci medico-scientifici redatti dal Dipartimento della sanità di Washington, la radice dell’iboga verrebbe impiegata illegalmente, pur con dosaggi limitatissimi, presso alcune strutture ospedaliere degli Stati Uniti per il trattamento coatto delle tossicodipendenze, dietro cauzione di somme di denaro davvero elevatissime. Ma questo è solo uno dei tanti esempi di una metodologia empirica che resta ancora ufficialmente sommersa o celata dai sistemi di cura scientifici istituzionali. Ma il pericolo è di altro tipo.
sciamanismo urbano
D’altro canto, ovunque stanno nascendo nuovi specialisti: neoguaritori di origine indigena e meticcia che si globalizzano e neosciamani bianchi che si dedicano alle arti native. Esiste di fatto tutta una gamma di offerte, studiate sulle esigenze dei turisti e differenziate in base al contesto regionale nel quale si attuano. Consistono in vari giorni di isolamento, digiuno e consumo continuo di psicoattivi. Ci sono anche stranieri che viaggiano per curare i loro problemi di salute, artisti che desiderano sviluppare la loro creatività e ricercatori interessati allo sciamanesimo.
E anche se potrebbe risultare equivoco ridurre tutte queste attività attorno alle piante visionarie a una sola modalità; tra loro però una di queste si distingue: proprio lo sciamanesimo urbano. Si tratta di un ramo del movimento New Age che faceva una rilettura specifica delle tradizioni sciamaniche in tutto il mondo, elaborando una specie di sciamanesimo universale, che auspica un’era di pace e di fratellanza, dove non ci sarà più bisogno né di leggi, né di dogmi, né di stati, né di chiese. Il genere umano ritroverà la via della «grazia», cioè dell’accordo con l’armonia cosmica e, con esso, la natura, la salute, la felicità.
Questa rivisitazione del tutto tipica della cultura latinoamericana, si fonda sull’interpretazione libera che proprio gli individui più eminenti, i leaders, fanno parte di una modea antropologia esoterica che riconosce e riconduce la propria esistenza e creazione all’universo primordiale indigeno.
Il neosciamanesimo è perciò controverso, diviene quasi un surrogato teologico. È stato criticato proprio per aver tentato di creare una religione amerindia unica, omogenea, astratta e idealizzata, che non si riferisce alle comunità e alle etnie e che, soprattutto, non entra in contatto con gli aspetti oscuri e conflittuali presenti nello sciamanesimo stesso: la morte, la guerra, la violenza e l’assenza di una distinzione nitida tra il bene e il male.
Il fatto è che questo annunciato paradiso in terra si nutre di argomenti e simboli sincretici, al limite del bricolage dilettantesco. Si va dal buddismo all’antico Egitto, dal misticismo cristiano allo zen, dallo sciamanesimo allo chassidismo ebraico e poi macrobiotica e ufologia, salutismo e cultura pellerossa, futurismo tecnologico ed ecologia. Insomma, tanta confusione così congeniale a una post-modeità che riesce a conciliare una critica apparentemente radicale alla società dei consumi con il business.
D’altro canto si può argomentare che tale pratica è anche solo un modo per giustificare come mettere il cosiddetto vegetalismo in contatto con le tradizioni autoctone millenarie, stimolando un’altra sensibilità, altri modi di vita e visioni del mondo del tutto particolari. Ma di fatto si tratta di modelli che lasciano certamente aperto un dibattito sull’etica di una tecnica empirica, non certo di una religione, che spesso non si pone il limite di sconfinare in campi troppo dissimili tra loro, mettendo in dubbio i dogmi e le competenze di fede su cui si fonda ancora il diritto ecumenico di rispettare la religione istituzionale.
Massimo Ruggero