Tipologia, effetti e problemi delle varie sostanze
Dosi, tempi d’intervallo, situazioni contingenti cambiano gli effetti delle varie droghe sull’individuo. Ma i danni ci sono sempre e comunque. E sulla marijuana, la droga «leggera» da consumare in compagnia degli amici, occorre sapere che...
Quali sono i principali tipi di droga, i loro effetti sull’organismo, la loro eventuale tossicità ed i problemi di tipo sociale, che l’assunzione di queste sostanze comporta.
LE AMFETAMINE (DISCO, DOPING SPORTIVO)
Appartengono a questa categoria l’amfetamina, la destro-amfetamina, la metamfetamina, il metilfenidato, la fenmetrazina, il dietilpropione, la piperazina, ecc. Per la loro capacità eccitante, alcune di queste sostanze vennero usate dai piloti di guerra, nelle loro missioni. Molti derivati delle amfetamine sono sostanze allucinogene o empatogene. Attualmente le amfetamine non sono più usate in medicina, salvo in rare eccezioni come nel trattamento della narcolessia. La metamfetamina è molto diffusa nel mercato illegale: anni fa si consumava prevalentemente per bocca, mentre ora si presenta in forma solubile da sniffare o iniettare (crystal), o da fumare (ice, shabu, yabaa). Poiché si sviluppa rapidamente la tolleranza verso queste sostanze, i consumatori cronici tendono ad aumentare progressivamente le dosi ed i tempi d’intervallo tra le assunzioni si riducono drasticamente.
Appartengono a questa categoria le dance drugs, che si usano nei rave parties e nelle discoteche; tra queste abbiamo l’ecstasy o Mdma (3,4-metilenediossi-N-metilamfetamina); la ketamina, un anestetico usato in medicina veterinaria, ma utilizzato come droga con nomignoli, quali kit kat o Special k; il Ghb o gammaidrossibutirrato, detto ecstasy liquida, essendo un liquido incolore, inodore ed insapore, ricavato da solventi industriali e mescolabile a cibi e bevande ed utilizzato come droga da stupro, perché dopo circa 20 minuti, la vittima diventa incapace di opporre resistenza, perde i freni inibitori, la sua coscienza viene alterata e la sua memoria si blocca per 2-4 ore, riprendendosi completamente solo dopo 8-12 ore, ma senza il ricordo della violenza subita.
Gli effetti
Queste sostanze sono potenti stimolanti del sistema nervoso centrale e si comportano come la cocaina, con effetto molto più prolungato. A basse dosi agiscono solo come stimolanti, mentre ad alte dosi incidono notevolmente sul ritmo cardiaco e sulla pressione arteriosa, per cui possono essere pericolose per chi presenta dei problemi cardiovascolari. Inoltre, le amfetamine sopprimono l’appetito e sono state usate in passato nelle cure dimagranti. Sono state usate poi come antidepressivi, per resistere al sonno e come doping sportivo.
I problemi
L’uso continuato per 3-4 giorni (uso in binges) è di solito seguito da un crollo psicofisico. Nell’uso cronico di alte dosi, si possono avere disturbi nelle relazioni personali e sociali, problemi psichiatrici e comportamenti aggressivi. I soggetti, che si iniettano alte dosi di queste sostanze, spesso presentano un decadimento fisico, dovuto in parte a denutrizione.
La tossicità
Si possono avere problemi psichiatrici, neurologici e/o cardiovascolari. L’abuso di queste sostanze, per vincere l’affaticamento, può portare al colpo di calore, cioè ad un forte ed incontrollabile aumento della temperatura corporea, legato all’eccessivo sforzo fisico, che può essere mortale. Ad alte dosi, le amfetamine sono tossiche per il sistema nervoso centrale, poiché provocano una deplezione acuta di dopamina e di serotonina in alcune zone del cervello; pare inoltre che distruggano le sinapsi o addirittura gli stessi neuroni. In quest’ultimo caso, il fenomeno è irreversibile e questo spiega il danno neurologico permanente.
LA CANNABIS (MARIJUANA E HASCISC)
La cannabis sativa, varietà indica, cioè la canapa indiana è una delle più antiche piante coltivate e sono note da millenni le sue proprietà farmacologiche. Questa pianta contiene, in ogni sua parte, circa 400 principi psicoattivi, di cui il principale è il delta-9-tetraidrocannabinolo (THC), che si trova soprattutto nelle infiorescenze delle piante femmina.
Le preparazioni usate come droga sono le foglie ed i fiori secchi (marijuana) e la resina concentrata (hascisc). Di solito, la marijuana contiene il 3-5% di THC, mentre l’hascisc il 7-14%. Queste sostanze si possono fumare pure o mescolate a tabacco (spinello o canna), oppure assumere per bocca, sotto forma di tisane o dolci. Da qualche tempo si stanno facendo, soprattutto nelle serre del Maghreb, degli incroci botanici, che hanno portato alla formazione della cosiddetta canapa rossa, che contiene concentrazioni di THC anche 10 volte superiori alla varietà classica e che serve a preparare un super-hascisc, chiamato srunk.
Gli effetti
I derivati della cannabis sono molto lipofili, quindi il THC arriva subito al cervello, che è costituito per buona parte da grassi, dove si accumula poiché non viene eliminato facilmente. Questo principio attivo si accumula nell’organismo e si ritrova anche dopo mesi, dall’ultima assunzione; esso può perciò essere la causa dell’instabilità di molte persone, soprattutto giovani.
Con il fumo, il THC si assorbe subito ed il suo effetto si manifesta in pochi minuti, mentre l’assorbimento per bocca è più lento e variabile. La durata dell’effetto varia dalle 3 alle 5 ore circa, ma può essere più lungo, nel caso dell’assunzione orale.
La cannabis, come le altre droghe, ha i suoi recettori specifici a livello di sistema nervoso centrale e periferico, per cui è in grado di modificare molte funzioni dell’organismo. Si spiegano perciò tutti gli effetti che la cannabis ha sul sistema nervoso centrale (molto potenziati dal contemporaneo consumo di alcol), sull’apparato cardiovascolare, sul sistema endocrino, respiratorio, immunitario e riproduttivo. A basse dosi, i derivati della canapa hanno effetti sedativi, rilassanti ed euforizzanti, per cui danno ebbrezza, buon umore e golosità. Ad alte dosi, provocano notevoli alterazioni sensoriali e percettive, nonché distorsioni spazio-temporali.
L’effetto ha un tipico andamento a ondate, con alternanza di fasi di alterazione e di fasi di lucidità. I principi attivi della cannabis hanno interessanti proprietà farmacologiche, ad esempio combattono la nausea ed il vomito nelle chemioterapie antitumorali, stimolano l’appetito e per questo possono risultare particolarmente utili per i malati di AIDS, per i quali la perdita di peso è uno dei disturbi più precoci e responsabile, per buona parte, dell’evoluzione della malattia. Inoltre tali principi riducono la spasticità muscolare, abbassano la pressione intraoculare ed hanno azione analgesica.
I problemi
La tossicità acuta della cannabis è trascurabile e finora non si sono mai registrati casi di morte per una dose eccessiva. Sotto il suo effetto si riducono la capacità di concentrazione, l’attenzione e la memoria. Si possono, inoltre verificare reazioni ansiose, di panico, psicosi tossiche e la sindrome amotivazionale, che rende apatici, con riduzione della capacità di giudizio, nonché perdita d’interesse verso la propria persona e l’ambiente circostante. Attualmente è in discussione, se la canapa possa portare alla luce delle forme latenti di schizofrenia. Sotto l’effetto della cannabis, si assiste ad un aumento della frequenza cardiaca e della pressione arteriosa, ad una marcata irrorazione congiuntivale (occhi rossi) e ad un aumento del consumo di ossigeno, da parte del miocardio. Per quanto riguarda l’apparato respiratorio, il fumo dello spinello sembra essere molto più cancerogeno di quello da tabacco.
COCAINA
Questa droga deriva dalle foglie di due specie di coca: l’Erythroxylum coca, coltivata nelle valli amazzoniche umide del Perù e della Bolivia e l’Erythroxylum novogranatense, coltivata sulle montagne aride del Perù settentrionale e della Colombia. Attualmente ci sono coltivazioni illegali di queste piante, al di fuori delle aree tradizionali, particolarmente in Colombia. La cocaina è il principale alcaloide della coca (0,5-1% delle foglie secche). Essa ha tre fondamentali azioni farmacologiche: è un anestetico locale, un vasocostrittore ed un potente stimolante del sistema nervoso centrale. Il cloridrato di cocaina, che si presenta come una polvere bianca solubile in acqua, si sniffa, cioè si inala, e si inietta. La cocaina-base, non solubile in acqua, nella forma di pasta di coca o in quella di freebase o crack si fuma. Il fumo ha la stessa intensità e rapidità di azione di un’iniezione endovenosa. Gli effetti di una dose di cocaina durano circa 40-60 minuti per chi sniffa e molto meno (10-20 minuti) per chi si buca o fuma. Si ha successivamente un rapido ritorno alla normalità, molto più rapido nel secondo caso; tale ritorno può essere vissuto come sgradevole e deprimente, per cui si tende a ripetere quanto prima l’assunzione di un’altra dose. Si instaura così il fenomeno del craving, cioè del consumo compulsivo della sostanza.
La tossicità
La cocaina agisce sulla dopamina e sulla noradrenalina, entrambe neurotrasmettitori. In particolare la dopamina, la molecola del piacere, attiva il «Sistema di facilitazione comportamentale», che facilita i comportamenti finalizzati a conseguire delle gratificazioni, quindi determina disinibizione nelle relazioni sociali e nella ricerca del partner. Un’analoga azione è svolta dalle amfetamine e dall’alcol e spesso quest’ultimo è consumato contemporaneamente alla cocaina; in questo caso si forma, per azione del fegato, un metabolita detto cocarnetilene, che è una sostanza fortemente tossica e che incrementa l’effetto della cocaina. Quando, però, il livello di dopamina presente nelle sinapsi è eccessivo, si può verificare uno stato psicotico, caratterizzato da idee deliranti, prive di fondamento e di tipo persecutorio. Il cocainomane si convince così di essere vittima di qualche complotto, per cui può avere reazioni anche molto violente.
La noradrenalina attiva, invece, l’«emotività negativa», per cui aumenta lo stato di allerta ed il soggetto diventa apprensivo. Aumentano le risposte di paura-allarme, quindi la cocaina può stimolare uno stato di reattività aggressiva. Peraltro questa, come le amfetamine, è una droga fortemente eccitante, che permette un’iperattività senza sentire la fatica; ciò è dovuto all’azione della cocaina sul glutammato, la molecola dell’iperattività; è la droga in giacca e cravatta, usata da managers, atleti, attori, ma anche da chi vuole tirare al tardi fino all’alba. Gli effetti della cocaina sono variabili da persona a persona, in base alle caratteristiche soggettive: alcune si sentono più energiche, altre più logorroiche, nervose ed irritabili.
Se si esamina l’immagine PET del cervello di un cocainomane, si può vedere che le aree colorate in rosso, rappresentanti le zone cerebrali, in cui c’è un corretto utilizzo del glucosio (la molecola energetica utilizzata dalle nostre cellule) si riducono progressivamente, man mano che aumenta il consumo della sostanza. Aumentano, nell’immagine, le zone gialle di scarso apporto e quelle blu, di apporto critico. In tal modo il cervello va progressivamente in crisi. Inoltre, in carenza di nutrimento, si hanno alterazioni vascolari, che hanno gravi ripercussioni anche sul sistema cardiovascolare.
I problemi
L’uso occasionale della cocaina non presenta grossi problemi (salvo le controindicazioni in caso di ipertensione o di altre malattie cardiovascolari). L’uso cronico, invece, può creare o aggravare dei problemi psichiatrici e, come già visto, il soggetto viene colto da mania di persecuzione. Sono frequenti allucinazioni visive e tattili (sensazione di insetti sotto la pelle). Il soggetto diventa sempre più aggressivo e violento.
La tossicità
Una dose tossica di cocaina può essere compresa nel range 70-150 mg per una persona di 70 Kg. La dose mortale è incerta e variabile da una persona all’altra. I danni, che la cocaina produce alla salute sono molteplici. Innanzitutto, a livello di apparato cardiovascolare, la cocaina aumenta la pressione arteriosa e favorisce l’occlusione delle coronarie, con conseguente rischio d’infarto. Inoltre produce aritmie (extrasistole, tachicardia, fibrillazione). Spesso si riscontrano alterazioni cardiache in soggetti giovani, facilitate dall’azione tossica combinata di alcol e di cocaina; a quest’ultima sono attribuibili gli infarti in giovane età, in assenza di altri fattori di rischio. Per quanto riguarda l’apparato respiratorio, se la cocaina viene fumata, la sua forte azione vasocostrittrice sui tessuti produce danni sia a livello della mucosa nasale, che tende alla necrosi, sia a livello polmonare. Si parla di crack lung, cioè polmone da crack, per descrivere una patologia caratterizzata da dolore al torace, difficoltà respiratorie e tosse con emissione di sangue. Bisogna tenere presente che, se si verifica un deficit della capacità respiratoria, ciò significa che c’è un minore apporto di ossigeno agli organi, per cui esso è più necessario, cioè il cervello ed il cuore. La cocaina ha la capacità di abbassare la soglia epilettica di un individuo e quindi di scatenare le convulsioni, che possono ripetersi a intervalli sempre più brevi, fino a risultare fatali. In alcuni casi, il disturbo epilettico da cocaina si manifesta con delle assenze temporanee, in cui la coscienza è alterata, confusa e non più vigile. Inoltre, sempre in tema di danni al cervello, i cocainomani presentano un rischio di ischemia cerebrale quattordici volte superiore alla norma. In questo caso, la causa può essere attribuita allo spasmo delle arterie craniche, con ridotto apporto di sangue al cervello (quella più frequentemente colpita è l’arteria cerebrale media), oppure ai microinfarti cerebrali, che sono associabili all’uso della cocaina. Quest’ultima può essere causa di TIA, cioè di attacchi ischemici transitori. In cocainomani di lunga data, alcune aree del cervello, soprattutto nei lobi frontali, ad un esame TAC o PET risultano atrofizzate o di dimensioni ridotte e ciò si traduce in un comportamento privo di regole morali e di senso comune, caratterizzato da forte impulsività e mancanza di riflessione, cioè, in pratica, una sorta di demenza. A ciò si aggiungono, nel tempo, i disturbi dell’attenzione, le crescenti difficoltà di attenzione ed un deficit di memoria. Attualmente non ci sono dati sufficienti, per stabilire l’entità dei danni a distanza, per coloro, che hanno usato la cocaina per anni, ma poi si sono disintossicati, né siamo in grado di prevedere cosa succederà nel tempo ai figli di madri cocainomani. A tal proposito, uno studio compiuto negli Usa ha evidenziato che il 31% dei neonati della popolazione urbana è positivo, per la presenza di cocaina nel corpo. Teniamo presente che la cocaina passa facilmente attraverso la placenta, quindi raggiunge il feto e si distribuisce nella sua circolazione. La cocaina esplica la sua azione vasocostrittrice sull’arteria ombelicale, riducendo l’apporto di ossigeno e di sostanze nutritive al feto; possono perciò verificarsi aborti spontanei, distacchi di placenta o parti prematuri. I bambini così esposti presentano basso peso alla nascita, riduzione delle dimensioni del cranio e del cervello e malformazioni all’apparato genito-urinario. Inoltre essi presentano riflessi meno validi, sono più irritabili ed interagiscono meno con l’ambiente. La cocaina è in grado di passare anche attraverso il latte materno, quindi, in caso di madre cocainomane, l’allattamento al seno va rigorosamente sostituito con quello artificiale. Infine la cocaina può produrre alterazioni ormonali, come l’ipertiroidismo, l’ingrossamento delle ghiandole mammarie e l’impotenza nei maschi, l’amenorrea e la perdita di fertilità nella donna, nonché la ricerca di situazioni di tipo sessuale, caratterizzate da una forte trasgressività, per cui è quasi costante nei maschi il ricorso a esperienze con i transessuali.
OPPIO, MORFINA, EROINA E ALTRI OPPIOIDI
L’oppio deriva dal lattice del papavero sonnifero (Papaver somniferum), originario dell’area mediterranea. Esso contiene alcaloidi molto usati in medicina, come antidolorifici e calmanti, quali la morfina e la codeina. Attualmente si usano anche oppioidi semisintetici, come l’eroina e la buprenorfina o completamente sintetici, come il metadone, la meperidina ed il fentanyl. L’oppioide più comune sul mercato illegale è l’eroina (diacetilmorfina), che può essere assunta per via endovenosa, per bocca o inalata.
Gli effetti
Gli oppioidi agiscono sul sistema nervoso centrale. In particolare essi agiscono su un tipo di recettori cellulari, facenti parte del sistema oppioide endogeno, e su mediatori biochimici, le endorfine, normalmente presenti nel nostro organismo. In medicina, gli oppioidi funzionano simultaneamente come analgesici e tranquillanti e vengono usati anche come antidiarroici e calmanti della tosse. Effetti collaterali frequenti sono la nausea ed il vomito, specialmente all’inizio, e la stipsi, che può diventare un serio problema. Gli oppioidi interferiscono solo in modo marginale con le funzioni intellettuali e con il cornordinamento muscolare. L’effetto dell’eroina dura 3-6 ore, dopodiché la persona dipendente deve ripetere la dose. La maggior parte delle persone, che fanno uso di oppioidi, come droga, non provano euforia, ma solo una sensazione di apatia, di sedazione e di ottundimento mentale, che può anche risultare sgradevole. Se si continua a consumare queste sostanze, in breve queste sensazioni negative tendono a scomparire. Probabilmen
te solo poche persone traggono sensazioni gratificanti, già dalle prime assunzioni. In molti casi si raggiungono invece effetti, quali la stabilizzazione dell’umore e la riduzione della tensione intea e degli impulsi aggressivi.
I problemi
L’uso occasionale degli oppioidi, sotto controllo medico, non crea particolari problemi, che invece insorgono con il consumo cronico, perché si sviluppano tolleranza (necessità di aumentare la dose, per ottenere gli stessi effetti) e dipendenza fisica (adattamento dell’organismo alla presenza del farmaco), con la comparsa di un grave e prolungato malessere, accompagnato da tipici disturbi, in caso di sospensione improvvisa (crisi da astinenza). Nell’uso terapeutico, la dipendenza è un fenomeno rarissimo, ma può svilupparsi tolleranza.
La tossicità
Gli oppioidi puri, di solito, non sono tossici, se assunti in modo corretto e controllato. Al contrario, l’uso dell’eroina da strada può causare gravi problemi, poiché questa eroina è spesso tagliata con sostanze potenzialmente dannose, oppure è contaminata da agenti patogeni. Se questa droga viene assunta in condizioni igieniche carenti (mancanza di sterilità, siringhe usate) è facile contrarre infezioni di diverso tipo (tromboflebiti, epatiti, endocarditi, AIDS, ecc.). Inoltre, essendo sconosciuta la concentrazione del principio attivo, nelle droghe di strada, si rischia l’overdose, che può provocare la morte per una grave depressione dei centri nervosi, che controllano la respirazione. L’overdose è caratterizzata dalla presenza contemporanea di sonnolenza profonda, pupille contratte a punta di spillo e depressione respiratoria, con pochi e superficiali atti respiratori al minuto. Questa situazione richiede un intervento di emergenza, con respirazione artificiale e somministrazione di naloxone. Se un oppioide viene assunto con alcol e/o tranquillanti, si può avere sinergia con potenziamento.
LE SOSTANZE PSICHEDELICHE
(MESCALINA, FUNGHI, LSD)
Si tratta di sostanze allucinogene, che danno marcati effetti sulle percezioni, sensazioni, emozioni e processi mentali in genere. Tra i principali abbiamo la mescalina, contenuta in varie specie di cactus, tra cui il peyote (Lophophora williamsii), la psilocibina e la psilocina, contenute in molti funghi dei generi Psilocybe, Copelandia e Panaeolus, diffusi in tutto il mondo. Fra le sostanze di sintesi, c’è l’LSD (dietilamide dell’acido lisergico). Anche la cannabis, ad alte dosi, si comporta come un allucinogeno. Si usano quasi sempre per via orale ed il loro effetto dura 6-10 ore.
Gli effetti
Si va dall’aumentata intensità soggettiva delle percezioni e delle sensazioni (forme, colori, suoni, sensazioni tattili), fino a vere e proprie distorsioni illusorie della forma e del colore degli oggetti, nonché dello spazio e del tempo. Nessun tipo di droga ha effetti tanto imprevedibili e tanto dipendenti dallo stato mentale, dalla personalità, dall’atteggiamento e dalle aspettative del soggetto ed infine dalle circostanze ambientali. Sono possibili delle sinestesie, cioè la sensazione di vedere i suoni e di sentire il profumo dei colori, la dissoluzione delle immagini in pure forme di luce e di colore, fino alla sensazione di dissociazione della mente dal corpo. Si possono inoltre avere profonde sensazioni di armonia interiore e di sintonia con l’universo, in pratica una sorta di estasi. In certi casi, al contrario, si possono avere effetti negativi altrettanto rilevanti, si possono fare i bad trips, cioè i viaggi cattivi, per cui è sempre necessaria la vicinanza di una persona in grado di rassicurare e di calmare il soggetto.
I problemi
In soggetti predisposti si possono avere crisi più o meno prolungate di depressione o vere e proprie crisi psicotiche. Sono inoltre possibili dei fenomeni di flashback, cioè l’improvvisa ricomparsa di sensazioni alterate a distanza di tempo dall’assunzione. Sotto l’effetto degli allucinogeni è impossibile svolgere attività, che richiedono attenzione, vigilanza, concentrazione, raziocinio, cornordinamento muscolare e prontezza di riflessi, come ad esempio la guida di un veicolo.
Di Roberto Topino e Rosanna Novara
MARIJUANA DA LIBERALIZZARE?
Quello dell’utilità in campo medico è l’argomento, di cui solitamente si servono coloro che sostengono la liberalizzazione della cannabis. Va detto, però, che in campo medico si usano anche gli oppiacei, per combattere il dolore, ma non per questo li troviamo liberamente in commercio. In ogni caso, in questo tipo di discussione, bisogna tenere conto del fatto che è ormai provato, su base sperimentale, che anche la cannabis dà dipendenza, i cui primi sintomi sono la perdita di controllo dell’assunzione e l’incapacità di smettere, quando lo si desidera. Una piccola percentuale di soggetti mostra, inoltre, i sintomi fisici dell’astinenza, quali l’insonnia, l’irritabilità ed i tremori, anche se di minore entità, rispetto a quanto succede con le altre droghe.
È vero, peraltro, che non tutti coloro, che fanno uso di cannabis sviluppano la dipendenza, ma ciò può essere legato alle caratteristiche genetiche dei singoli soggetti, oppure alle caratteristiche ambientali.
(Sul tema legalizzazione / proibizionismo si veda la tabella di pagina 31.)
Sniffare cocaina
Dal congresso degli operatori dei Sert di Sorrento arriva una notizia allarmante: ci sono persone, che fanno anche un anno di attesa, negli ospedali, per rifarsi il naso, distrutto dalla cocaina. Al momento è impossibile quantificarne, con esattezza il numero, ma pare che esso sia in continuo aumento.
Fino a qualche anno fa, gli interventi di rinoplastica, legati al consumo di cocaina, erano rarissimi: uno su cento cocainomani. Inoltre riguardavano per lo più persone del mondo dello spettacolo o managers. Ora, invece, le richieste d’interventi di questo tipo arrivano da persone di tutti i ceti sociali, anche nella popolazione femminile. Inoltre, dal momento che il prezzo della cocaina è diminuito, cresce il numero delle persone, che ne fanno uso e che successivamente si ritrovano con questo tipo di problema.
Le liste d’attesa per rinoplastica sono attualmente di cinque mesi in clinica privata, a 10.000 euro, e di un anno e mezzo in un ospedale pubblico. La cocaina ha una forte azione vasocostrittrice, che può portare alla necrosi di vaste aree della mucosa nasale, con conseguenti gravi difficoltà di respirazione e tumefazioni nasali. Sono costretti alla ricostruzione anche tanti giovanissimi, nei quali le mucose e la cartilagine sono più delicate e vanno facilmente incontro a perforazione, con l’abitudine di sniffare cocaina. L’intervento di rinoplastica dura 2-3 ore e, naturalmente, ha un senso solo se il soggetto smette di inalare cocaina. Bisogna inoltre considerare che questo tipo d’intervento è gravato da un’alta percentuale d’insuccessi, del 30-50%. I chirurghi maxillo-facciali riferiscono che, qualche anno fa, si aveva una richiesta di ricostruzione nasale una volta al mese, ora ce ne sono 3-4 alla settimana. Il primario di otorinolaringoiatria dell’ospedale San Giovanni Bosco di Torino, Prof. Fabio Beatrice sostiene anche che, oltre ai danni al naso, l’assunzione di cocaina può causare anche un importante abbassamento dell’udito.
☞ www.webcocare.it
Accedendo a questo sito, è possibile rispondere ad un test di autovalutazione, che consente a chiunque, in totale anonimato, di quantificare il proprio grado di dipendenza dalla cocaina. Oltre i consumatori, possono rivolgersi a questo sito, ottenendo un consulto, anche coloro (familiari o amici), che sospettano che un loro caro faccia uso di cocaina. Un’altra sezione del sito è dedicata agli operatori del settore, che possono così confrontare esperienze, teorie ed informazioni.
Dalla legge del 1923 alla «Fini-Giovanardi»
✔1923: viene emanata, in Italia, la prima legge in materia di droga. Essa prevede di reprimere il commercio di sostanze stupefacenti e rinvia ad un elenco, per l’identificazione delle sostanze incriminate.
✔1956: la legge n. 1041 è di tipo esclusivamente repressivo, in quanto, per lo Stato, il tossicodipendente e lo spacciatore si equivalgono. Qualsiasi detenzione di sostanze stupefacenti, anche per uso personale, viene punita.
✔1975: la legge n. 685 dice che chi consuma stupefacenti, senza dedicarsi allo spaccio è solo un malato da curare e da riabilitare. Il soggetto, in questo caso, non è punibile, sempre che la droga trovata in suo possesso non superi la modica quantità.
✔1990: la legge n. 162 (legge Vassalli-Russo-Jervolino) prevede che l’assunzione di stupefacenti sia punita con una sanzione amministrativa, che diventa penale, quando la detenzione di sostanze stupefacenti supera la dose media giornaliera, fissata con decreto ministeriale. Alcune norme di questa legge, in particolare quelle relative alle pene previste per la detenzione personale di droghe leggere, vengono abrogate con un referendum nel 1993.
✔2006: la legge n. 46 (legge Fini-Giovanardi) è caratterizzata dall’inasprimento delle sanzioni relative alla produzione, al traffico, alla detenzione illecita ed anche all’uso di sostanze stupefacenti, con l’abolizione di qualsiasi distinzione tra droghe pesanti e leggere.
Droghe, musica e cantanti
Una ricerca condotta recentemente, presso l’Università di Pittsburg ha analizzato i testi di 279 canzoni, tra quelle pubblicate nelle classifiche di Bilboard, un settimanale specializzato. Da questa ricerca sono emersi spesso dei riferimenti espliciti al consumo di stupefacenti, soprattutto nel rap, anche se possono pure trovarsi in altri generi musicali, come il country.
Secondo la rivista scientifica Archives of Pediatrics & Adolescent Medicine, i giovani di 15-18 anni sarebbero esposti quotidianamente a circa 2,4 ore di musica, mentre il 98% di loro possiede una radio, o un lettore cd o mp3. Questo significa che fare passare, attraverso il testo di una canzone, un messaggio legato al consumo di droga può avere un forte impatto negativo su una grande fetta di popolazione giovanile. Inoltre, spesso, questo tipo di messaggio viene associato a connotazioni positive, come il sesso, i soldi ed il successo. Dall’esame dei testi musicali, che fanno riferimento all’uso di stupefacenti, si è visto che il 77% sono di rap, il 36% di country, il 20% di rithm & blues/hip hop, il 14% di rock ed il 9% di pop. Facendo una media, le canzoni, che danno una connotazione positiva all’uso di droghe sono circa il 69%, mentre solo il 4% contiene un testo antidroga. Per quanto riguarda, invece, le sostanze citate in questi testi, si parla di tabacco nel 3% delle canzoni, di marijuana nel 14%, di alcol nel 24% e di altri tipi di droga nel 12%.
Tra i cantanti o gruppi stranieri, che inneggiano alla diffusione di hashish e di marijuana ci sono Snoop Dog ed i Cypress Hill, mentre in Italia abbiamo i Baustelle, che, in un loro testo, descrivono le gesta di un certo Charlie, che fa surf sotto l’azione di Mdma (ecstasy) e di paroxetina.
Dove sono le radici?
Il problema della tossicodipendenza è considerato un problema sociale; le proporzioni e le dimensioni del fenomeno, durante quest’epoca, hanno reso necessaria non solo la visione scientifica, ma anche l’elaborazione di vere e proprie risposte sociali.
Risposte, che appartengono a diversi livelli: reazione sociale nei gruppi più ristretti, come la famiglia ed il gruppo dei pari, ma anche rispetto alle istituzioni, cioè scuola, mondo del lavoro, ecc.
Le dimensioni e le caratteristiche dell’evoluzione di tale fenomeno mettono in rilievo che le spiegazioni e le interpretazioni basate sulle problematiche individuali dei consumatori non sono sufficienti a fornire una valutazione adeguata al fenomeno stesso, ma è necessario introdurre parametri di tipo culturale e sociale.
L’uso di droghe leggere è una forma di devianza, tipica nell’esprimere le gravi tensioni, alle quali i giovani della nostra epoca sono sottoposti in età sempre più precoce. Esistono problemi di adattamento sociale comuni a molti giovani, che si realizzano, in genere, in gruppo.
Considerare la droga un problema solo individuale, o solo psichiatrico non è sufficiente.
Innumerevoli i sostanziali mutamenti di valori e di stili di vita, che negli ultimi anni ci hanno accompagnato; filosofia del vivere alla giornata, in cui il mondo adulto appare esso stesso preoccupato per il futuro, tanto timoroso di sbagliare nei confronti degli adolescenti, ed allo stesso tempo contraddittorio nell’annunciare la validità di valori, che vengono negati nella pratica. L’uso di sostanze finalizzate ad incidere sulle condizioni psichiche ed a risolvere problemi, di carattere psicologico o esistenziale è entrato nelle abitudini di molte persone, e ciò è stato stimolato anche da enormi interessi delle industrie farmaceutiche.
Un elemento, che incide negativamente sull’esistenza del tossicodipendente è la sua realtà familiare: famiglie con relazioni alterate, rapporti affettivi di tipo ambivalente. Importante sì la figura matea, ma che sia una madre accogliente, che accudisce e non castra, capace di dettare regole e trasmettere valori, non ambivalente nei confronti dei figli, così come è importante un padre presente. Pare che la famiglia giochi un ruolo fondamentale sul comportamento del figlio adolescente e che la tossicomania di un figlio, nel senso più ampio del termine, possa essere considerata come un sintomo di un più generale disturbo familiare. Disturbo e scelta, che non vengono mai all’improvviso.
Responsabilizzare, capacità di superare le difficoltà quotidiane, avere buoni valori umani e culturali rimangono elementi concreti, grazie ai quali potere crescere; è l’immagine mentale dell’albero, con una bella chioma, il quale ha delle profonde e robuste radici inserite nel terreno e che, davanti alle bufere della vita, spesso riesce a superarle.
di Anita Di Santo
Roberto Topino e Rosanna Novara