Notte di Natale, la più santa che ci sia, con stelle, campane, musica celestiale. Quanto vorrei che assieme a tutta questa luce e poetica tenerezza ci fosse anche la visione di Dio, per capire se siamo sulla stessa sintonia o se ci perdiamo in un’altra lunghezza d’onda con un mondo, una vita e un sentire completamente differenti.
Io so che quel bambino adagiato sulla paglia in una stalla, perché la povertà dei suoi genitori non consentiva di avere un altro posto, era figlio di Dio. Non vennero riconosciuti i suoi diritti di Signore del cielo e della terra per i tratti umani che mostrava. Che tragico errore di categorie mentali ingiuste che condannavano Dio solo perché si mostrava uomo povero! Che tragedia! Avessero mai saputo o anche soltanto immaginato che in quel bambino si celava la pienezza della natura divina… chissà che feste, che celebrazioni imponenti e spettacolari.
Nelle sacre scritture non ho mai letto che Dio ordinava la preparazione di liturgie straordinarie. Ha sempre ribadito di preferire la misericordia, di dare priorità al diritto e alla giustizia. Dio ha fatto sapere esattamente cosa vuole. È ancora scritto e nessuno lo ha cancellato: «Io voglio – dice Dio – essere per voi un padre, e che voi siate miei figli».
Lungo i secoli, i «devoti» hanno costruito una serie di esigenze, che sono entrate nella mentalità comune, e tutti accettano pacificamente sacrifici, offerte, olocausti, manifestazioni gloriose.
Nel mondo indio, che ho conosciuto direttamente, la festa di Natale è quasi ignorata come celebrazione trionfale, a differenza degli altri che invece si indebitano, per fare cose pompose e straordinarie da ricordare e vantarsene. Gli indios ne rimangono ai margini, partecipandovi solo se ingaggiati come comparse per i balli folklorici, che accompagnano le parate e le processioni del Bambin Gesù. Ricordo che non ho mai avuto fede accogliente per queste celebrazioni natalizie, dove si mangia e si beve, ma non nasce niente di Gesù, di Cristo, di Figlio di Dio, di Padre Divino.
Io sogno un Natale che fa nascere un mondo differente, un mondo che viene affidato alla nostra fede e alla nostra carità per diventare senza mali, senza offese e discriminazioni, senza ostentazioni a scapito della solidarietà amata e promossa a tutti i livelli, comunitari e sociali. Il Natale è Dio che si è avvicinato per essere padre e figlio, per incarnare il suo amore e la sua misericordia. Natale vuol dire che la grazia diventa grazia ricevuta e Dio, finalmente, può arrivare a tutti, con la sua benevolenza e dolcezza. In questo modo, il Natale diventa la più bella notizia per l’uomo e per il mondo, canto di dignità per il povero e l’umiliato, sorgente perenne di libertà e speranza per tutti.
Non succeda mai che si celebri il Natale di Gesù, senza far posto alla sua nascita nella nostra vita. Non ci può essere Natale di Gesù senza la sua nascita in noi.
Giuseppe Ramponi