Ricordi
indimenticabili…
Carissimo Direttore,
sono tornato da poco dal mio secondo viaggio in Etiopia. Sono carico di ricordi indimenticabili, di volti espressivi che ho sempre davanti agli occhi e di sguardi limpidi che dicono tutto.
Ho visto la nuova scuola di Daka Bora (pietre argillose) con i nuovi banchi e fra poco arriverà l’acqua in quella terra arida. Questi progetti sono stati pensati dai nonni «vigili» di Borgo Valsugana, di cui fa parte anche il sottoscritto, e sono stati realizzati grazie ai contributi e al grande cuore di uomini, donne e associazioni varie di Borgo Valsugana.
Sono stato a Waragu e Minne, villaggi poverissimi, senza acqua, luce, mezzi di trasporto. Ho trascorso giorni indimenticabili e ho visto l’altra faccia del mondo. Sono stato uno di loro fra loro. Abitano in capanne poverissime, con 7-10 bambini; vivono di pastorizia e agricoltura. Hanno una grande dignità e non si lamentano mai. Tutto viene trasportato a d’orso d’asino o sulle spalle delle donne, uomini e bambini. Salutavo tutti ed ero contraccambiato. Sono stato ospite nelle loro capanne e mi hanno offerto del pane e un bicchiere d’acqua in segno di amicizia.
Erano felici quando ho donato un paio di pantaloni all’anziano, una saponetta alla maestra, un pullover al sacerdote locale e un paio di scarpe ad un ragazzo. Le donne mi hanno sorriso quando ho portato presso le loro capanne, le taniche d’acqua o la grossa fascina di legna al posto dei loro figli.
Padre Paolo Angheben, uomo di Dio e luce per tutti gli indigeni, dirige in queste località due scuole elementari, frequentate da 2.200 bambini e con 40 maestri che vengono stipendiati con gli aiuti che arrivano dall’Italia. Con 10 euro all’anno si può adottare un bambino a distanza e aiutarlo a frequentare le scuole.
Ho conosciuto la donna etiope, che soffre, piange, ride, consola, sopporta. Donna che ama e vuole essere amata. Donna umile, tenace, che cammina per ore portando i bambini o altri pesi sulle spalle. Donna infelice, perché a volte è umiliata e violentata. Donna che spera in un futuro migliore. Ragazze che studiano duramente per cambiare il volto del loro paese. Donna di fede, che prega e bacia il pavimento della chiesa. Donne con in braccio i figli ammalati, che aspettano per ore in silenzio il loro tuo per essere visitati, curati o vaccinati presso la clinica della missione, gestita da due suore e infermiere polacche.
Sono stato nella cittadella di Asella, a 2.600 metri di altezza e 60 mila abitanti, dove ho conosciuto padre Silvio Sordella, missionario instancabile e di fede incrollabile. Ho visitato l’orfanotrofio da lui fondato e diretto per tanti anni, con i vari laboratori: luogo di salvezza, speranza e di futuro per centinaia di bambini. Alcuni di essi mi hanno preso per mano e mi hanno mostrato le loro camerette e vari locali. Erano felici di stare con me (anche per le caramelle).
Per il 2009 il mio sogno (o utopia?) è la costruzione di un ponte sul fiume Minne (ponte della stella, della speranza, della vita?) del costo di 8 mila euro circa. Durante la stagione delle piogge (la nostra estate) per le forti correnti né uomini, né animali, né mezzi di trasporto lo possono attraversare.
Un pensiero costante durante il mio viaggio è stato quello del mio cugino missionario, padre Giovanni De Marchi, vissuto e morto da santo, come lo ricordano tutti quelli che lo hanno conosciuto in vita in questo paese. Le suore della Consolata in Addis Abeba mi hanno raccontato qualche piccolo aneddoto della sua vita, soprattutto hanno rievocato l’incontro, in quello stesso luogo una ventina di anni fa, di due figure carismatiche e spirituali, umane e cristiane: Madre Teresa di Calcutta e padre Giovanni d’Etiopia.
Iddio e la Consolata proteggano e benedicano sempre tutti i missionari e le suore. Un grazie sincero per la loro ospitalità ai padri Paolo a Waragu, Jorge Pratolongo a Modjo e il superiore Antonio Vismara ad Addis Abeba che mi hanno permesso di vivere questa esperienza indimenticabile.
Auguri di ogni bene anche a voi e complimenti per gli articoli pubblicati sulla rivista: fanno pensare e riflettere.
Giovanni De Marchi
Borgo Valsugana (TN)
Lunga vita anche a lei, signor Giovanni, perché possa continuare a sognare e vivere con lo stesso entusiasmo del suo omonimo cugino, per il bene di quelle popolazioni per le quali il grande missionario ha speso tutta la sua vita.
Scherzi della memoria
Spett. Redazione,
in relazione alla mia lettera da voi pubblicata su Missioni Consolata, maggio 2008, apprezzo la risposta del dott. Azzalin. Lungi dal voler prolungare inutilmente una polemica, che del resto mi interessa poco, vorrei solo sottolineare l’impossibilità di capire che le osservazioni esteate dal dott. Azzalin fossero rivolte solo ed esclusivamente al gruppo di cui fa parte (invito chiunque a rileggere l’articolo). Accetto senz’altro questo punto di vista pur continuando a non condividee la sostanza.
Negli anni 2001-2003 ho lavorato per l’Apa a Kahawa, presso il dispensario della missione. Il dottor Azzalin ed io dunque ci conosciamo personalmente e i nostri contatti non sono certo stati saltuari, almeno fino a quando le nostre strade si divisero. Del resto mi rendo conto che entrambi abbiamo oltrepassato la cosiddetta mezza età ed è possibile che la memoria cominci a giocare qualche scherzo. Consiglio al collega, che saluto commosso, buoni libri ed esercizio fisico. A futura memoria.
Cordialmente
dr. Massimo Fugazza
via e-mail
PREGHIERA ALLA MADRE DI DIO CON TRE MANI
C ari amici, vi mando questa mia preghiera per condividere con voi i miei sentimenti, dopo il riconoscimento del Kosovo come uno stato indipendente. Nessuno voglio offendere; vorrei solo informarvi che sono stati calpestati i diritti di un popolo intero: il mio.
Purtroppo, non è l’unico a chiedere giustizia. Ma io, ammirando tutti quelli che combattono contro ogni forma d’ingiustizia e discriminazione in questo mondo, chiedo un po’ di attenzione per questo colpo mortale che ha subito il mio popolo. Non sono solo io; sono più di dieci milioni di persone in lutto per lo strappo di Kosovo.
Vi mando la mia preghiera e vi chiedo di pregare insieme a me, perché il Kosovo torni parte della mia Serbia, con tutto l’amore e rispetto agli Albanesi e agli altri popoli che vivono nel mio paese, che hanno diritto alla loro lingua, alla loro cultura, alla loro religione, che hanno diritto all’autonomia, ma non hanno diritto di strappare la parte più preziosa della mia terra.
Prega per noi, Madre di Dio con Tre Mani.
Prega per noi serbi cristiani.
Hanno strappato Kosovo e Metohija
il cuore della mia Serbia.
Hanno rubato il mio passato.
Memoria storica e mille monasteri:
Gracanica, Decani, Pec patriarcato
dove si pregava in serbo da secoli.
Madre di Dio con Tre Mani,
vorrei pregare per la pace;
ma l’ho persa dal mio cuore,
contratto dall’immenso dolore.
E l’unico pensiero nella mente mia,
Kosovo e Metohija sono la Serbia;
pensiero doloroso e perenne,
Kosovo e Metohija, la serba Gerusalemme.
Ringrazio Te e i nostri santi Padri
per la forza che avevano le nostre madri,
che persero figli, mariti e fratelli
nel campo dei Merli.
Con il Tuo sostegno e la Tua protezione,
loro crebbero la nuova generazione,
insegnandole l’amore, il perdono e il coraggio
e ad opporsi al peccato e al malvagio;
e trasmettevano nei secoli della storia
la fede, la lingua, il cirillico:
le tre perle della nostra nazione
per non perderci nella globalizzazione.
Aiuta anche noi, Madre di Dio con Tre Mani,
a crescere figli nel timore di Dio, e cristiani
e che non dimentichino, Santa Maria,
Kosovo e Metohija sono la Serbia.
Snežana Petrovic,
Rovereto (Trento)