Il professore
Delle diverse teorie economiche la Nuova economia istituzionale (Nie), cerca di sorpassare l’approccio astratto del mercato. E spiega l’importanza delle istituzioni economiche come fatto culturale. Ma non riesce a liberarsi dell’ossessione del mercato. E lo vede come unico mezzo per raggiungere lo sviluppo dei popoli.
La Nuova economia istituzionale (New Institutional Economics, Nie) ha tratto spunto dalle ricerche effettuate da Ronald Coase alla fine degli anni ‘30. Le intuizioni di Coase sono state riprese negli anni ‘70, soprattutto grazie al contributo di Oliver Williamson.
Da proposta di un gruppo ristretto di studiosi, la Nie è venuta acquisendo un riconoscimento sempre più ampio, tant’è che quasi tutti gli economisti oggi riconoscono che la loro disciplina ha una natura istituzionale.
Il termine Nie è stato coniato per distinguerla dalla Vecchia economia istituzionale, che si affermò nel primo Novecento negli Stati Uniti, con autori come Wesley Mitchell, John Commons e Thorstein Veblen.
Per la verità, come vedremo, la Vecchia economia istituzionale non appare così vecchia, e per molti aspetti appare più interessante e utile della nuova.
Quest’ultima si è venuta affermando come una critica del modello neoclassico, che ha caratterizzato la disciplina economica a partire dalla fine dell’800. Oggi sempre più questo modello viene sottoposto a critiche serrate: la Nie ha rappresentato un tentativo di salvare l’apparato analitico dell’economia neoclassica, cercando di renderla meno astratta e formalistica.
L’homo Œconomicus
e il vizio dell’egoismo
Gli economisti neoclassici infatti hanno elaborato un corpo dottrinale molto elegante e raffinato, che parte da alcune ipotesi astratte sul comportamento dell’uomo, e in particolare dall’ipotesi dell’homo œconomicus, cioè di un individuo isolato, unicamente interessato alla massimizzazione della sua utilità individuale. L’approccio è di tipo deduttivo e astorico, ma pretende ciononostante di fornire una spiegazione realistica del funzionamento dei mercati in una economia capitalistica.
In realtà molti ritengono che il vero obiettivo di questo approccio disciplinare sia di tipo normativo. Intenda cioè dimostrare che il meccanismo di mercato porta al benessere collettivo: la pratica dell’egoismo individuale, per il noto paradosso della mano invisibile, produrrebbe la felicità collettiva. Non è grazie alla virtù (l’altruismo), ma grazie al vizio (l’egoismo) che si può ottenere il migliore dei mondi possibili. L’economia neoclassica, con il suo apparato analitico, ha una natura sostanzialmente giustificazionista del modello del mercato quale meccanismo organizzativo complessivo dell’intera società.
Ridurre il livello
di astrazione
La Nie cerca di rendere il modello neoclassico più realistico, di avvicinarlo maggiormente alle modalità concrete di funzionamento dei mercati: essa però non esce dal quadro concettuale dell’economia neoclassica e ne accetta l’impostazione metodologica. Il mercato continua ad essere considerato astoricamente, come un dato di fatto, quasi un fenomeno naturale, prima del quale non è successo nulla e dopo il quale non succederà nulla. L’economia in sostanza viene considerata non come una disciplina di natura storica, ma come se fosse una scienza naturale.
Lo sforzo della Nie è dunque in sostanza, come si è detto, quello di rendere meno astratte le ipotesi degli economisti neoclassici.
A ben guardare, le correzioni che vengono introdotte hanno una natura di semplice buon senso. Si fa notare che le possibilità conoscitive delle persone sono limitate, e che non si può immaginare che gli operatori economici razionali abbiano una conoscenza completa della situazione ambientale in cui si trovano ad operare e di tutte le opzioni alternative possibili. Si parla a questo proposito di informazione imperfetta.
Inoltre si osserva che quando due operatori si scambiano dei beni e dei servizi, uno dei due (più frequentemente il venditore) conosce le caratteristiche del bene che viene scambiato meglio del compratore. Si parla a questo proposito di informazione asimmetrica.
Si riconosce, infine, che nelle attività di scambio sono frequenti pratiche di opportunismo: si parla a questo proposito di moral hazard, per intendere che, una volta stipulato un contratto, uno dei contraenti potrebbe approfittare a danno dell’altro della nuova situazione in cui si viene a trovare.
Difficoltà del mercato e
nascita delle imprese
Partendo da queste semplici considerazioni, gli economisti della Nie hanno elaborato il concetto di «costo di transazione». Si intende con ciò che lo scambio di beni e servizi tra due operatori non è così semplice e immediato come gli economisti neoclassici hanno ipotizzato. Il compratore deve individuare il venditore (e viceversa), disposto a stipulare il contratto. Uno dei due contraenti dispone di informazioni più dettagliate dell’altro; gli accordi contrattuali spesso non vengono osservati e così via.
In certe circostanze lo scambio di mercato appare particolarmente complesso e laborioso, ragion per cui i costi di transazione possono rivelarsi elevati.
Per questo allo scambio di mercato può essere preferibile sostituire un meccanismo diverso, quello della gerarchia. In sostanza gli operatori anziché scambiarsi i beni sul mercato danno vita a delle organizzazioni, le imprese, all’interno delle quali ad alcuni soggetti (i proprietari) si attribuisce il potere di definire i compiti di altri soggetti (i lavoratori). Al meccanismo paritario del mercato si sostituisce quello autoritario dell’impresa.
Le difficoltà di funzionamento dei mercati e le ragioni della formazione delle imprese sono i risultati principali della proposta teorica della Nie. Come si è detto, essi ricevono oggi un’accettazione pressoché unanime nell’ambito della disciplina economica.
Molti autori tuttavia ritengono che le correzioni apportate dalla Nie non siano sufficienti per contestare l’approccio astorico ed astratto degli economisti neoclassici.
Il mercato ha una storia
Alla base di queste critiche ritroviamo un’interpretazione più ampia del concetto di istituzione.
Per la Nie le istituzioni sono in primo luogo i contratti e le regole di funzionamento delle imprese: sono essi che consentono a un’economia di mercato di funzionare correttamente.
Tuttavia la Nie presuppone l’esistenza stessa del meccanismo del mercato, e non si domanda sulla base di quali regole esso sia stato creato.
La Nie studia le regole e le organizzazioni tramite le quali il mercato può operare; ma non si interroga su quali regole ed organizzazioni siano necessarie perché lo stesso mercato possa esistere.
Tra gli autori che hanno sollevato questa critica il più autorevole è Douglass North, premio Nobel per l’economia (premio che, sia pure tardivamente, fu concesso anche a R. Coase).
Egli definisce anzitutto in modo più ampio il concetto di istituzione: essa è una regola o una norma che disciplina il comportamento degli uomini in società.
Tali norme possono essere formali (create dallo Stato) o informali (create spontaneamente dall’interazione degli attori sociali). Ma egli osserva che, senza un quadro normativo preesistente, nessuna economia, neppure quella di mercato, potrebbe funzionare.
North reintroduce la prospettiva storica nell’analisi economica. Il mercato non si configura più come un fenomeno quasi naturale, ma come un fenomeno storico che si è venuto formando sulla base di regole che sono state introdotte dallo Stato o che si sono venute creando spontaneamente dall’interazione degli operatori.
Inoltre North aiuta a comprendere come le istituzioni economiche siano un fatto culturale, che nasce da scelte operate dalle precedenti generazioni, sulla base di opinioni, preferenze, credenze e visioni del mondo.
Una visione, la sua, molto più ampia e interdisciplinare del mondo dell’economia, che non viene più considerato come riducibile ad un meccanismo astorico e immutabile, di cui interessa conoscere unicamente la logica di funzionamento, in quanto eterno e immodificabile (si può a questo proposito ricordare la famosa espressione di Fukuyama: siamo giunti alla fine della storia, il mercato è la dimensione in cui sempre vivremo). La visione di North è quindi molto più completa e convincente.
Gli economisti e
la loro ossessione
Ciononostante, paradossalmente, lo stesso North non pare riuscire a liberarsi completamente dall’ossessione del mercato: per quanto ne metta in evidenza le precondizioni storiche e culturali, e ne definisca le specificità istituzionali, anche per lui il mercato è un meccanismo dal quale non si può prescindere.
Quando ad esempio si pone il problema del sottosviluppo e delle vie da percorrere per il suo superamento, egli ne vede una sola, quella dell’introduzione di un corretto meccanismo di mercato: non considera la possibilità che un sistema di funzionamento dell’economia non fondato sul mercato possa essere compatibile con lo sviluppo.
Sotto questo profilo certi spunti che si possono ancora oggi trovare nella Vecchia economia istituzionale (nonché in una scuola economica a essa vicina e che si affermò in Europa a cavallo tra l’800 e il ‘900, la Scuola storica tedesca) appaiono oggi più utili e stimolanti dell’approccio della Nie (sia pure nella versione ampliata e rinnovata di North), che resta invece ossessionata dall’ideologia del mercato e incapace di immaginae un superamento.
Enrico Luzzati