Il banchiere dei poveri, versione Afro
Il caso: un’economia comunitaria è possibile
In un villaggio sperduto del Nord del Senegal si sperimenta un’esperienza interessante. Microcredito per finanziare l’agricoltura. Non solo. Un sistema cornoperativo, ma anche comunitario e solidale, fatto da agricoltori per gli agricoltori. E la cosa più sorprendente è che funziona.
Ronkh. Un villaggio polveroso sulle rive del fiume Senegal, nel Nord dell’omonimo paese, giusto al confine con la Mauritania. File di basse case in mattoni di cemento, scarne e grigie. Tutte simili. Siamo nella valle del fiume, la zona dell’antico reame Walo. Qui i contadini, da secoli, coltivano miglio, sorgo, mais e patata dolce per il sostentamento delle loro famiglie. E sempre in questa zona, i sostenitori del capitalismo selvaggio hanno introdotto all’inizio degli anni ‘60 la risicoltura creando grandi perimetri irrigui.
Ancora oggi parte della popolazione lavora in questi perimetri producendo per terzi. I produttori hanno però mantenuto delle porzioni di terra nella quale coltivano riso, in parte utilizzato per nutrire la famiglia e in parte venduto per acquisire altri beni di prima necessità.
La favola dei Foyer
Proprio da Ronkh, negli anni Sessanta, è partito un movimento che ha visto i contadini organizzarsi in gruppi di base detti Foyer (famiglia in senso allargato), poi diffusi in tutta la valle, fino ad associarsi in strutture regionali. Nasce così, da nove Foyer, nel 1976, l’organizzazione contadina conosciuta come Asescaw (Amicale socio economica sportiva e culturale degli agricoltori del Walo), ancora oggi molto attiva.
Questa organizzazione è all’origine, tra le altre cose, di un’esperienza molto particolare di «banca dei poveri».
Un cassa di credito
per tutte le tasche
A Ronkh è nata la Mec Delta (mutuelle d’épargne et de crédit, o cornoperativa di risparmio e credito) del delta del fiume. Nel grigiore generale sorprende il rosso di due trattori e il giallo di un’enorme mieti trebbia parcheggiati fuori da una costruzione. Non ci si aspetterebbe tanta tecnologia.
All’interno ci accoglie un giovane alto e magro, dalla parlata colta. Mohamedine Diop è originario di Ronkh ed è il principale ideatore e motore del sistema di credito sperimentato. Anche lui è cresciuto nell’Asescaw ed è ora il direttore generale della Mec Delta.
«La Mec Delta è il prolungamento dell’esperienza contadina nata in villaggio. L’Asescaw ha giocato un ruolo importante nella sua creazione e molti dirigenti di un’istituzione lo sono anche dell’altra. Questo fa sì che le due entità abbiano perfetta concordanza di vedute.
Noi vogliamo materializzare la visione di finanziamento agricolo dell’Asescaw. E questo lo facciamo nell’autonomia totale» racconta Mohamedine ostentando grande sicurezza.
L’idea dell’organizzazione contadina parte da bisogni concreti dei propri aderenti. Concimi e sementi di qualità al momento giusto, servizi agricoli meccanizzati di buon livello e con tempistiche adeguate, credito per le attrezzature ma anche per la casa.
Accompagnamento e formazioni di vario tipo, oltre che su tecniche di produzione, sulla trasformazione, conservazione e commercializzazione del prodotto. Ma anche la possibilità di mettere al sicuro i risparmi.
Un finanziamento con
La famiglia al centro
«L’opzione strategica scelta è quella di centrare tutto sulla famiglia, giocando sulla complementarietà dei diversi servizi offerti.
Importante è mettere il produttore nelle condizioni ottimali, affinché possa lavorare bene e avere il miglior raccolto possibile».
Mohamedine ci spiega l’originalità del sistema di finanziamento.
«Abbiamo scelto di lavorare nell’agricoltura, perché la maggior parte delle altre casse rurali non vogliono finanziarla a causa dei forti rischi. La nostra base è costituita di produttori agricoli».
I due schemi di finanziamento erano in ballottaggio. La banca seguiva il suo: prestare i soldi e poi tentare di farseli rimborsare.
L’Asescaw ha denigrato quel sistema, perché crea molti problemi, e ha trovato un nuovo schema di credito che sposa la realtà socio-culturale.
«La nostra visione è che i produttori non hanno bisogno di soldi ma di servizi. Facciamo tutto in natura e in prestazioni».
L’altro anello fondamentale della catena è la Delta agricoltura solidarietà (Deltagrisol), una cosiddetta «centrale di acquisto e foitura di servizi agricoli». La Deltagrisol funziona come negozio di tutto ciò di cui il contadino ha bisogno per coltivare (concimi, sementi selezionate, materiali), e allo stesso tempo fornisce servizi agricoli meccanizzati (dissodare la terra, sistemazione dei canali di irrigazione, ecc.). La terza, importante funzione, è quella di fornire un servizio commerciale, ovvero aiutare il produttore a vendere parte del raccolto.
Tutto in natura
La famiglia che ha bisogno di un prestito si rivolge alla Mec Delta. Questa verifica se ci sono le condizioni per il finanziamento (lo stato delle parcelle coltivate dai richiedenti, l’accesso all’acqua, e altri parametri). Se l’indagine è positiva, inoltra una richiesta di materiali e prestazioni di servizio alla Deltagrisol e ne paga la fattura. I tecnici delle due strutture seguono il produttore nelle varie fasi (anche i concimi e i prodotti, così come le prestazioni, saranno foiti nei momenti opportuni).
Una volta realizzato il raccolto, il contadino rimborserà la Mec Delta in natura (ad esempio sacchi di riso valutati a un prezzo equo fissato tra le parti).
In questo schema la famiglia contadina non è sola, ma fa parte di un gruppo (Foyer) che a sua volta è membro di un’organizzazione più vasta. Quest’ultima, oltre a fornire formazione tecnica e gestionale ai suoi membri, è una sorta di garante per il buon funzionamento del meccanismo.
Si tratta di una forma di economia comunitaria, studiata dal professor Enrico Luzzati dell’Università di Torino (del quale pubblichiamo un contributo in questo dossier), che è tra gli ideatori di questo modello chiamato «Distretto cornoperativo comunitario».
«Le forme di scambio economico più utilizzate nella società agricola del Walo sono sempre state lo scambio, con il riso come prodotto di base o di conversione, per passare da una merce a un’altra – spiega Mohamedine – un contadino che ha un credito con la sua cornoperativa capisce molto meglio: “rimborserai 20 sacchi di riso” piuttosto che una somma di denaro».
Si evitano all’agricoltore due passaggi per lui complessi. Primo: il fatto che si ritrovi con una certa somma di denaro e debba procurarsi sementi di qualità, concimi, ecc. al momento giusto. Secondo: la «trasformazione» della produzione agricola in contanti, per poter rimborsare.
Chi garantisce il prestito?
«Pensiamo sia importante, in ambito rurale, che lo schema di finanziamento non chieda garanzie solide. Perché la gente non le ha, e noi non abbiamo sempre gli strumenti che occorrono per rifarci sulle garanzie.
Non è una buona via, perché eliminerebbe la maggior parte della popolazione. Ma è anche vero che bisogna rendere sicuro il sistema di credito.
Grazie ad alcuni studi abbiamo visto che uno schema adeguato prende in carico i veri bisogni della popolazione. Intanto occorre scegliere i buoni produttori: non tutti sono agricoltori, allevatori o pescatori. Poi occorre andare al di là dell’identificazione delle persone, verificando piuttosto i siti di coltivazione».
La «vicinanza» fisica e culturale ai contadini, ha permesso agli ideatori del meccanismo di capire bene l’attività in tutti i suoi passaggi. Quando qualcuno chiede un credito agricolo a una banca, invece, questa non si interessa a dove il contadino lavorerà, che possono essere luoghi con poca acqua o non idonei a una buona produzione. Tutto questo aumenta il rischio di cattiva produzione e, in ultima analisi, di mancato rimborso.
Piccoli problemi di questo tipo che occorre conoscere per sapere se l’investimento sarà sicuro.
Spiega Mohamedine: «C’è poi la questione dell’acquisizione di concimi e sementi. La banca non si interessa a questo, non dà condizioni o indicazioni. Non è un suo problema. Per noi, invece questa fase partecipa a rendere sicuro il credito. Occorre fare in modo che tutti gli impedimenti del sistema di credito siano eliminati: che il produttore scelga un buon sito, con suolo sfruttabile, accesso all’acqua e che abbia strumenti di lavoro in buono stato. Poi gli si assicura una foitura in concimi regolare, al momento giusto e non dopo. Tutte queste cose fanno in modo che un agricoltore riesca o meno ad avere una buona produzione».
Non è tutto oro …
Questa è la teoria, che spesso la Mec Delta riesce a mettere in pratica. Ma non sempre: «Abbiamo ricevuto i nostri crediti in ritardo (rispetto alla stagione della semina, ndr) – racconta un agricoltore del villaggio Saninth – così il raccolto è andato male».
Mancanza di liquidità al momento giusto o «mancanza di cornordinazione nella presentazione delle domande da parte dei membri del Foyer», come sostiene Mohamedine. Talvolta le difficoltà si sommano a catastrofi naturali, come nel 2005 quando un’invasione mai vista di uccelli divorò il riso dei coltivatori della valle del Senegal.
Alla fine del processo c’è il problema della «trasformazione» del riso raccolto in denaro.
I produttori sono normalmente poveri e hanno varie difficoltà a livello delle loro famiglie. Sono quindi tentati di vendere la produzione per risolvere tutti questi problemi. È questo il periodo in cui i commercianti vengono verso i contadini e gli offrono di acquistare la produzione a prezzi piuttosto bassi (in quel momento il mercato è pieno di riso appena raccolto).
«Ecco perché pensiamo che subito dopo la produzione la Mec Delta debba prendere il rischio di farsi rimborsare in natura. Questo per togliere un problema ai produttori e assicurare una commercializzazione secondo uno schema più rimunerativo, che permetta di massimizzare il reddito di chi coltiva e ridurre i rischi di rimborso» spiega il direttore generale.
Sono questi elementi che concorrono insieme alla protezione del credito, anche senza garanzie.
La filosofia della Mec Delta è che devono esserci dei buoni rendimenti, e questo si ottiene facendo in modo che i produttori siano messi in condizione di lavorare bene. Quando c’è un buon raccolto è sicuro che rimborseranno.
Credito «inculturato»
«Abbiamo pensato che in ambito rurale occorre uno schema che si integri nel sistema sociale e i costumi della gente».
Il meccanismo sembra non soffrire di problemi. Ci sono i rischi che sono legati all’agricoltura nel senso generale, ovvero casi di calamità.
La frangia di popolazione più recettiva è anche quella più vulnerabile. Si tratta soprattutto di donne e famiglie a bassissimo reddito, che hanno accesso limitato alla terra e a mezzi di produzione e che da sempre sono escluse dalle altre istituzioni finanziarie. Questa gente ha visto nella Mec Delta un’opportunità di cambiare la propria vita.
Oggi la Mec Delta ha oltre 3.000 membri e finanzia più di 1.000 ettari di produzione. Circa 600 sono i crediti in corso. Per ottenere un prestito occorre infatti associarsi, aprire un conto presso la cassa e depositare un contributo.
Intanto i progetti per il futuro sono di espansione. Sono state aperte tre agenzie decentrate per essere ancora più vicini alla popolazione e altre due sono nei piani per il 2008. Attualmente la zona di intervento è il dipartimento di Dagana, ma presto si spingeranno più a est in quello di Podor.
«Il contesto ci ha aiutato a convincere gli strati più poveri che è necessario un sistema più comunitario, solidale e adatto a portare risposte concrete ai bisogni della popolazione», ricorda il direttore generale Mohamedine Diop, con lo sguardo di chi è consapevole dell’importanza della propria missione.
Marco Bello