RICCHI E POVERI
Summit dell’Organizzazione della Conferenza islamica
L’undicesimo summit dell’Organizzazione della conferenza islamica si chiude con un grande successo. Tenutosi a Dakar
(Senegal) dal 13 al 14 marzo, ha prodotto il documento fondamentale dell’organismo. Che punta a dargli maggior dinamismo
e ruolo a livello internazionale.
Dakar. I capi di stato dell’Organizzazione della conferenza islamica (Oci) hanno adottato all’unanimità il 14 marzo scorso una nuova Carta fondamentale. Questa sostituisce il testo del 1972, e vuole dare un nuovo slancio all’organizzazione che rappresenta 1,3 miliardi di musulmani, in 57 stati membri.
Il segretario generale dell’Oci, il turco Ekmeleddin Ihsanoglu, durante la conferenza stampa di chiusura del summit, ha qualificato il risultato come un «grande momento» per la vita dell’organizzazione.
un Nuovo slancio
«Questo è stato un incontro storico, abbiamo voltato pagina. Dal 1972 nessun summit ha avuto tanto successo, in particolare per quello che riguarda la Carta», ha indicato Ekmeleddin Ihsanoglu, che è stato confermato al suo posto, al termine di un primo mandato di quattro anni. Ihsanoglu ha detto che questa Carta «nuova fiammante» costituisce un «passo significativo nella storia e per l’avvenire dell’Oci».
Essa esprime «la nuova visione del mondo musulmano, il nuovo slancio verso l’organizzazione e, finalmente, mette la nostra casa in ordine per dargli più vigore e dinamismo» oltre che aprire la via per un maggiore riconoscimento al ruolo internazionale dell’organizzazione islamica.
La nuova versione della Carta dell’Oci include la questione dei diritti umani, della buona governance e la democrazia. Il tutto per adattare la missione dell’organismo al contesto attuale. In effetti, la precedente era stata adottata in piena guerra fredda. Il testo sancisce chiaramente che «gli stati membri sostengono e favoriscono, a livello nazionale e internazionale, la governance, la democrazia, i diritti umani, le libertà fondamentali e lo stato di diritto».
Palestina e Fondi
Per quanto riguarda la Palestina, un articolo del documento chiede una soluzione politica al conflitto, con un sostegno al «popolo palestinese per dargli i mezzi di esercitare il suo diritto all’auto determinazione e creare il suo stato sovrano».
Nelle sue risoluzioni, il summit di Dakar ha chiesto ai membri dell’Oci di fornire «finanziamenti complementari» per il Fondo di solidarietà islamico per lo sviluppo (Fisd), lanciato nel maggio 2007.
Il Fisd, che punta a un capitale di 10 miliardi di dollari, è concepito per promuovere la solidarietà all’interno della Ummah (comunità) islamica, nella quale coabitano i ricchi stati produttori di petrolio, come quelli del Golfo Persico, e paesi tra i più poveri del mondo.
Secondo il segretario generale, i contributi totalizzano attualmente 2,6 miliardi di dollari e non ci sono stati nuovi impegni in favore del fondo. L’attesa del gruppo africano rispetto al debito estero dei paesi membri non è stata soddisfatta durante l’incontro di Dakar.
Dialogo interreligioso?
La questione dell’islamofobia è stata pure largamente discussa nel corso dei lavori. Ekmeleddin Ihsanoglu, ha stimato che «le religioni dovrebbero capirsi meglio e trovare dei mezzi per meglio rispettarsi».
Al margine del summit, i presidenti del Sudan, Omar Hassan al Bechir e del Ciad, Idriss Déby Itno, hanno firmato, grazie alla mediazione del presidente senegalese Abdoulaye Wade e del segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-Moon, un accordo di pace (il sesto tra i due paesi dal 2005, ndr) per «mettere definitivamente fine» al contenzioso che oppone i loro due paesi (si veda MC, aprile 2008).
L’Organizzazione della conferenza islamica è nata dopo l’incendio «criminale» della moschea di Al-Aqsa di Gerusalemme, provocata da un ebreo nell’agosto 1969. Al Qods (Gerusalemme, in arabo) città santa per giudaismo, cristianesimo e islam, è stata poi dichiarata dall’Unesco patrimonio mondiale in pericolo nel 1982. L’incendio servì come pretesto per la creazione dell’Oci, il 25 settembre di quell’anno a Rabat, in Marocco. L’organizzazione fu poi ufficializzata nel 1972 con l’adozione della sua Carta fondamentale a Djeddah, città dell’Arabia Saudita che da allora ospita il seggio provvisorio del segretariato generale della struttura.
Presenti nomi illustri
Tutti i paesi membri erano presenti a Dakar. C’era il re del Marocco, Mohamed VI, i presidenti Abdelaziz Bouteflika (Algeria), Omar Bongo Ondimba (Gabon), Mahmoud Ahmedinejad (Iran), il presidente dell’Autorità palestinese Mahmoud Abbas, solo per citae alcuni. Il re d’Arabia Saudita, uno dei principali finanziatori dell’Oci si è fatto rappresentare dal principe Fayçal Bin Abdulaziz Al Saoud, ministro degli affari esteri. Importante è stata anche la presenza del segretario generale delle Nazioni Unite, il koreano Ban Ki-Moon e il presidente uscente della Commissione dell’Unione africana, il maliano Alpha Oumar Konaré.
Il presidente senegalese Abdoulaye Wade è stato eletto presidente in esercizio dell’Oci, per un mandato di tre anni. Il prossimo summit dell’organizzazione è previsto nel 2011 in Egitto.
SVILUPPO O INVESTIMENTI?
«L’incontro di Dakar, deve essere visto come momento a partire dal quale l’Organizzazione della Conferenza islamica (Oci) ha deciso di investire seriamente in Africa» dichiara Cheikh Tidiane Gadio, ministro senegalese degli Affari esteri, al termine dell’incontro con una trentina di suoi omologhi per produrre la revisione della Carta fondamentale dell’organismo. Incontro che si è svolto a Dakar l’11 marzo, preparatorio al vertice politico dei capi di stato. «Non possiamo fare unicamente l’elemosina ai paesi poveri, ma dobbiamo mettere in piedi un meccanismo che permetta una ripartizione più equa della ricchezza tra i paesi musulmani».
E la nuova Carta dovrebbe andare in questo senso, come sostiene il segretario generale dell’Oci, Ekmeleddin Ihsanoglu: «L’Oci non è più quello del 1972 e il suo campo di azione si è esteso. Il mondo in cui viviamo non è più bipolare come all’epoca della guerra fredda». Le modifiche della Carta saranno in profondità, assicura il ministro Gadio, orientate a ridurre le differenze tra paesi musulmani poveri e quelli ricchi. «Lo spettro di un mondo musulmano a due velocità, con una parte che va avanti e l’altra che ristagna o va indietro rende vulnerabile l’intera Ummah (comunità islamica, ndr)» così si era espresso il presidente della repubblica senegalese Abdoulaye Wade nel maggio 2007, al termine di una riunione dei governatori della Banca islamica di sviluppo.
Sempre a Dakar, prima del summit, si era tenuta una conferenza che ha visto la partecipazione di oltre 60 Ong islamiche che hanno anche incontrato i dirigenti dell’Oci. «Una nuova pagina è stata voltata nel settore della cooperazione tra operatori umanitari, governi e organizzazioni inteazionali» ha dichiarato Atta Manane Bakhit, vice segretario generale dell’Oci. La dichiarazione che ha concluso i lavori chiede ai governi del mondo islamico di sostenere le rispettive Ong. Si impegnano, inoltre a creare un centro che analizzi i bisogni in termini umanitari degli stati membri. Si pensi ad esempio che circa il 60% dei rifugiati di tutto il mondo si trovano in paesi musulmani (fonti Oci).
Atta ha anche detto che occorre collaborare di più con tutte le Ong della comunità umanitaria mondiale.
Il Senegal, che è l’unico paese dell’Africa sub sahariana che ha ospitato due volte il summit (il primo nel 1991) si prepara all’evento da quattro anni. In particolare dal punto di vista infrastrutture, con centinaia di cantieri stradali e sei hotel di alto livello. Un investimento di 152 milioni di euro per le strade e 365 milioni per gli hotel. Fondi in parte privati e in parte pubblici, ma quasi tutti provenienti dagli stati del Golfo Persico (tra i quali il Fondo saudita di sviluppo, il Fondo kuweitiano e la Banca islamica di sviluppo).
Un’iniezione finanziaria che contribuirà, a medio termine, alla crescita economica del paese, che dovrebbe raggiungere, secondo la Banca mondiale il 5,7%, rispetto al 5,1% del 2007.
Sidiki Kouyate e Marco Bello