Fumare, sniffare, bucarsi Perché?

Lo sviluppo della tossicodipendenza

Il nostro titolo è volutamente esplicito. La risposta è invece complessa. Come abbiamo visto, storicamente le droghe sono sempre state utilizzate. Oggi, l’offerta si è allargata (più prodotti) e con essa si sono diversificati i consumatori (giovani di diversa estrazione sociale, ma anche professionisti e sportivi).

Chi sono i tossicodipendenti? Quanti sono in Italia? Come è cambiata, nel corso degli anni, la figura del tossicodipendente? È necessario premettere che il censimento dei tossicodipendenti, in ogni nazione, risulta essere un’impresa piuttosto ardua, che sicuramente non porta a dei risultati certi, ma solo a delle approssimazioni per difetto del loro reale numero.
Questo perché i soli dati disponibili sono quelli dei servizi pubblici o privati, a cui alcuni dei tossicodipendenti si rivolgono, che vanno sommati ai dati relativi agli arresti ed a quelli dei soccorsi per casi di overdose. Inoltre bisogna tenere conto del fatto che alcuni dei soggetti censiti potrebbero essere non dei veri e propri tossicodipendenti, ma solo consumatori occasionali (ad esempio, week enders).
Il vero tossicodipendente è infatti il soggetto in cui si possono riconoscere chiaramente tre sindromi: la crisi d’astinenza, che si presenta dopo la sospensione della sostanza d’abuso; la sindrome da craving, cioè l’irresistibile desiderio della sostanza ed il suo uso compulsivo; la sindrome metabolico-cerebrale, che si traduce in un’alterazione della vita psichica e relazionale del soggetto, che risulta essere sempre più irritabile ed ansioso. In pratica, l’incontro con le sostanze di abuso può portare ad una vera e propria malattia, alla cui base ci sono dei danni, talora irreversibili, nel funzionamento del sistema nervoso centrale. Le aree cerebrali colpite sono quelle preposte al controllo delle pulsioni e dei comportamenti; in particolare tutte le droghe determinano un aumento della dopamina, un neurotrasmettitore, che regola la sensazione del piacere, a livello del sistema limbico, una parte del nostro cervello molto antica, dal punto di vista evolutivo, che presiede al controllo delle emozioni.
Sulla base dei dati nazionali attualmente a disposizione, l’Osservatorio del Dipartimento dipendenze patologiche dell’Asl di Milano è giunto alla conclusione che nel 2010 i consumatori di cocaina potrebbero aumentare del 40% rispetto al 2007 e raggiungere un numero oscillante tra gli 800.000 ed 1 milione e 100.000, cioè il 3% degli italiani.
Molti di costoro inoltre sono dei politossicodipendenti, dal momento che spesso l’eroina viene assunta dopo la cocaina, allo scopo di sedare l’effetto eccitante della prima (ovviamente i pusher si sono adeguati a questa necessità ed ora smerciano i due tipi di droga contemporaneamente), oppure molti consumano contemporaneamente droghe ed alcolici, o mescolanze di droghe diverse di ultima generazione (ecstasy, shabu, ecc.).

LE COLPE
DELLE CASE FARMACEUTICHE

Storicamente la diffusione sociale delle sostanze psicoattive risale agli inizi degli anni ’60 in ambienti controculturali da un lato e in quelli dei giovani degli strati emarginati per caratteristiche di classe o etniche, dall’altro, con predilezione per il consumo di allucinogeni e di hascisc. All’inizio degli anni ’70, le droghe si diffusero tra i giovani qualunque, cioè i proletari delle periferie, i ragazzi sbandati, ma anche tra onesti lavoratori e in Italia fecero il loro ingresso con notevole abbondanza gli oppiacei, eroina in testa. Va detto che il passaggio da un periodo, gli anni ’50, in cui pochissimi facevano uso di stupefacenti, ai periodi successivi, caratterizzati da un consumo via via crescente di queste sostanze, è sicuramente correlato all’avvento di un benessere economico, che ha trasformato le droghe in beni di consumo. La rete mafiosa, che presiede al narcotraffico, si è inserita solo in un secondo momento nella diffusione di queste sostanze.
In Italia, come in molti altri stati, l’esordio delle sostanze psicoattive è stato favorito dalla diffusione di prescrizioni mediche di tranquillanti, di amfetamine (proibite da noi solo nel 1972, mentre in Svezia lo erano dal 1944), di sonniferi e di analgesici. Purtroppo questi farmaci hanno incontrato un notevole successo presso il pubblico e questo ha indotto le case farmaceutiche a non arretrare davanti ai primi casi d’intossicazione da tali prodotti e ad evitare i controlli sulla fabbricazione e sulla distribuzione. In tale modo è stata creata una popolazione di persone assuefatte e dipendenti da farmaci. Inoltre molte amfetamine venivano iniettate per via endovenosa e ciò ha sicuramente contribuito a formare delle persone dipendenti, che, una volta proibite queste sostanze, si sono ritrovate a sostituirle con l’eroina.

CENTRI DI RECUPERO:
NATI PER L’EROINA

I servizi pubblici per le tossicodipendenze ed i centri di recupero privati sono sorti con il preciso scopo di trattare i casi di dipendenza dall’eroina ed, in tal senso, permettono un censimento degli eroinomani seguiti, mentre è molto più problematico contare coloro, che fanno uso di altre sostanze, perché fanno parte di un mondo sommerso e raramente si rivolgono a queste strutture, che del resto non sempre sono attrezzate per trattare i casi di dipendenza da droghe non oppiacee (cocaina, amfetamine ed altri stimolanti). Del resto è più facile trattare un caso da eroina (che ha un’azione sedante) con il suo sostituto, il metadone, piuttosto che un caso di dipendenza da una sostanza eccitante (non si può sostituire un eccitante con un altro, anche se meno tossico, mantenendo la persona in uno stato di eccitazione, che di per sé è un problema).
Se si esaminano i dati foiti dal ministero della Sanità e da quello dell’Inteo, gli eroinomani censiti erano circa 155.000 nel 1999, di cui il 14-15% donne, con un rapporto uomini/donne di circa 5,6:1. Tale rapporto tende a scendere nelle regioni del Nord (soprattutto Lombardia ed Emilia-Romagna) a 4:1 e nelle città del Nord (Milano e Torino) a 3:1. In pratica, lo scarto tra uomini e donne, in fatto di consumo di droga, tende a ridursi in quelle zone, che sono più benestanti e paritarie e dove la libertà di movimento, di comportamento e di consumi delle donne è maggiore. Bisogna comunque tenere presente che le donne spesso mostrano una notevole diffidenza verso le strutture terapeutiche, se hanno figli, perché esiste la possibilità che questi vengano sottratti alla madre tossicodipendente, da un’assistente sociale, ed affidati ad altri. Il numero delle tossicodipen-
denti potrebbe quindi essere decisamente superiore.
Attualmente, l’età media di coloro, che si rivolgono alle strutture terapeutiche è compresa in un range, che va dai 30 ai 40 anni ed oltre e si tratta di consumatori di eroina, mentre i giovani e i giovanissimi, che abitualmente consumano altre droghe, difficilmente accedono ai Sert od a strutture analoghe. Peraltro, tra costoro il divario maschi/femmine, nei consumi, tende a ridursi.
Le informazioni relative ai nuovi tipi di droga, nonché alla cocaina, derivano soprattutto dai sequestri delle partite di droga, che dimostrano che l’entità del consumo di queste sostanze è in netta ascesa dall’inizio degli anni ’90. Non ci sono dati sufficienti sui consumatori delle nuove droghe, tuttavia una stima fatta nella Conferenza nazionale sulla droga a Genova, nel 2000, parla di circa 400.000 persone dedite all’uso di queste sostanze in Italia.
Viene da domandarsi perché ad un certo punto, nel corso degli anni ’90, l’eroina è stata in parte soppiantata dalla cocaina e dalle nuove droghe di sintesi. Una prima risposta è quella della paura del contagio da HIV, il virus responsabile dell’AIDS, che si può contrarre facilmente con la pratica dell’iniezione per via endovenosa dell’eroina; la cocaina, invece, si sniffa o si fuma e le pasticche di ecstasy si ingeriscono.

PIÙ RESISTENZA,
PIÙ AUTOSTIMA

A differenza dell’eroina, che ha un effetto sedante e di estraniazione dal mondo, la cocaina, le amfetamine e l’ecstasy sono notevolmente eccitanti, per cui aumentano la resistenza alla fatica fisica (consentono, ad esempio di ballare per ore in discoteca, anche tutta la notte) ed inoltre aumentano l’autostima in quei soggetti, che normalmente non sarebbero in grado di affrontare determinate situazioni, poiché si sentono inadeguati.
C’è ancora un altro aspetto: cocaina ed amfetamine inibiscono notevolmente il senso della fame, per cui sono utilizzate da quelle persone, soprattutto donne, che vogliono dimagrire rapidamente, senza affrontare lo stress di una dieta o la fatica dell’attività fisica. Una droga, che invece non ha mai conosciuto alti e bassi, ma semmai un’impennata dei consumi negli ultimi anni, soprattutto tra i giovanissimi, è la cannabis.
Secondo un’indagine dell’Health Behaviour in School-aged Children, un gruppo di ricerca cornordinato dal prof. Franco Cavallo, dell’Università di Torino, il 31% dei ragazzi di 15 anni, attualmente, fa uso di cannabis, associandola a fumo e ad alcol, mentre il 20% dei giovani in questa fascia d’età è dedito anche all’uso di altre droghe. Va detto che tra quest’ultime, l’ecstasy e consimili, le cosiddette dance drugs, vanno forte solo tra i giovanissimi, che le consumano soprattutto in discoteca, per potere tirare al tardi, mentre la cocaina è consumata in una fascia d’età, che va dai 16 ai 60 anni e oltre. 

Di Roberto Topino e Rosanna Novara

La narcoeconomia: qualche dato

OFFERTA IN CRESCITA, PREZZI IN DISCESA

I 3 maggiori business nell’era della globalizzazione
Nell’era della globalizzazione i business della criminalità organizzata (anch’essa globalizzata e con una grande influenza sull’economia cosiddetta legale attraverso il riciclaggio del denaro sporco) sono – stando ai dati dell’Onu – tre, in ordine d’importanza:
✔  il narcotraffico
✔  il traffico di esseri umani
✔  il traffico di armi.
Dei 3 quello che attualmente presenta i tassi di crescita maggiori è il traffico di esseri umani, ma anche gli altri due non conoscono recessione.
Il narcotraffico ha due grandi aree di produzione: l’Estremo Oriente per l’eroina (Afghanistan in primis, e dietro – nettamente distanziato – il cosiddetto «Triangolo d’Oro», cioè Myanmar, Thailandia, Laos) e l’America Latina per la cocaina (Colombia, Perù, Bolivia). La produzione della cannabis è invece più distribuita: Marocco, Tunisia, Albania, Libano, Pakistan, India, Nepal sono alcuni tra i principali produttori.
Da queste aree la droga passa ai paesi consumatori, in particolare agli Stati Uniti e all’Europa, ma anche Australia e Giappone (vedi mappa di pagina 29). In loco, nei paesi di produzione, rimangono soprattutto dei sottoprodotti, meno costosi ma altamente pericolosi. Attualmente i prezzi delle droghe tradizionali sono calanti, vuoi per la notevole produzione (soprattutto dell’Afghanistan), vuoi per la concorrenza delle cosiddette droghe sintetiche, di laboratorio. Il trend di crescita maggiore è quello della cocaina.

I dati (ufficiali) della narcoeconomia
Secondo il Word Drug Report 2007 delle Nazioni Unite (Unodc), nel 2006 sono state prodotte 984 tonnellate di cocaina.
Tre paesi andini sono ai primi 3 posti: la Colombia con 78.000 ettari coltivati e 610 tonnellate di cocaina; il Perù con 51.400 ettari e 280 tonnellate, la Bolivia con 27.500 ettari e 94 tonnellate. In questi anni, gli ettari coltivati sono diminuiti, ma la produzione complessiva è rimasta costante.
Confrontiamo questi dati con la produzione di eroina, che come abbiamo visto è prodotta in Estremo Oriente e in Afghanistan in particolare. Qui secondo l’«Ufficio delle Nazioni Unite per le droghe e il crimine» (Unodc), la coltura del papavero da oppio ha raggiunto la cifra record di 165.000 ettari. Da cui si sono prodotte 610 tonnellate di eroina, il 90 per cento del mercato globale. Al secondo posto nella classifica, c’è un paese di cui si è parlato molto alla fine del 2007: il Myanmar (Birmania).
Secondo gli ultimi dati dell’Unodc, per la prima volta dopo anni, nel 2006 il Myanmar ha incrementato le proprie coltivazioni di papavero, divenendo – con il 5% – il secondo produttore mondiale di oppio dopo l’Afghanistan (90%). Si calcola che, nel 2007, il prezzo medio dell’oppio afghano sia crollato a 100 dollari al chilogrammo (erano 500 nel 2006).

Più cocaina, meno eroina
Secondo i dati del governo colombiano (www.plancolombia.gov.co), al 12 ottobre 2007 sono stati 44.944 gli ettari di coca sradicati manualmente. Nonostante ciò, la Colombia rimane saldamente in testa nella produzione di cocaina, il cui trend commerciale è, da alcuni anni, in rapida crescita al contrario dell’eroina (che è stabile o in leggera diminuzione).
L’aumento della domanda è avvenuto soprattutto in Europa e in Italia, perché negli Stati Uniti il consumo – di gran lunga, il più elevato al mondo – si è stabilizzato.
Attualmente, all’ingrosso, il prezzo della cocaina è calante: si aggira attorno ai 41.000 euro al chilogrammo, mentre al dettaglio un grammo di cocaina costa tra i 60 e i 100 euro (vedi tabellina). Il successo della cocaina si deve ai suoi effetti euforizzanti ed attivatori (quindi diametralmente opposti all’ottundimento provocato dall’eroina), che in una società schiacciasassi (cioè che ti pretende sempre reattivo, efficiente, produttivo) come l’attuale sono ben accetti.

E in Italia
Secondo la relazione annuale della Direzione centrale dei servizi antidroga del ministero dell’interno (Dcsa), nel 2007 i morti per overdose sono stati 589. Il più giovane aveva 16 anni, il più vecchio 71. La maggior parte delle vittime – 234 su 589 – sono state causate dall’eroina, seguite a distanze dalle vittime per cocaina (36).
Questi numeri sono importanti, ma non da brividi. Ad esempio, le vittime sono quasi la metà dei morti sul lavoro (più di 1.000 nel 2007 in Italia). Tuttavia, i costi per la società nel suo insieme sono elevatissimi. Alla domanda se l’attuale regime proibizionista sia la risposta più adeguata al problema non diamo una risposta. Ci limitiamo a fornire una tabella comparativa (vedere a pagina 31) per tentare di capire meglio i due diversi approcci.

Di Paolo Moiola

Confronti «eretici»

Lotta alle droghe: legalizzazione o proibizionismo?

Legalizzazione

✔ fine del mercato nero delle droghe
✔ drastica riduzione del business del narcotraffico attualmente in mano a multinazionali mafiose, che gestiscono profitti enormi e non rintracciabili da parte degli stati
✔ drastica riduzione delle violenze private – scippi, rapine, furti, omicidi – conseguenza del fatto di doversi procurare la droga
✔ ingente riduzione della spesa pubblica che gli stati sono costretti a sostenere per combattere il mercato nero delle droghe: con il vigente regime proibizionista le forze dell’ordine impegnano tempo e risorse pubbliche per contrastare il mercato nero delle droghe, con risultati spesso non adeguati agli sforzi; con il vigente regime proibizionista il sistema giudiziario è impegnato a smaltire e l’apparato carcerario è perennemente in crisi a causa di prigioni piene di detenuti legati al mercato nero delle droghe (piccoli spacciatori-consumatori)
✔ possibile aumento delle entrate fiscali, se le sostanze fossero tassate come si fa per l’alcol
✔ riduzione generalizzata della corruzione: un mercato illegale come quello attuale ha bisogno di un vasto apparato di corruzione a livello politico e di forze dell’ordine
✔ controlli sui prodotti e conseguente diminuzione delle sostanze adulterate o tagliate male
✔ riduzione della necessità da parte dei produttori di immettere continuamente sul mercato sostanze diverse, meglio trasportabili e meno rintracciabili ai controlli
✔ si risolverebbe il problema dei piccoli contadini – come i campesinos che coltivano la coca in Bolivia, Perù e Colombia o gli afghani che coltivano il papavero da oppio -, che pagano con la miseria propria e dei familiari le politiche di eradicazione forzosa.

Proibizionismo

✔ senza leggi proibizioniste, calerebbero i prezzi delle sostanze e, di conseguenza, aumenterebbero i consumatori
✔ senza leggi proibizioniste, cadrebbero le remore di carattere sociale (non ci sarebbe più il timore della stigmatizzazione, del rifiuto da parte della collettività) e, di conseguenza, potrebbero aumentare i consumatori
✔ senza leggi proibizioniste, ci sarebbero problemi di ordine etico-morale: è giusto che gli stati non tutelino a priori la salute psicofisica dei propri cittadini?


Roberto Topino e Rosanna Novara