Con l’avvio dei colloqui conclusivi al Consiglio di sicurezza dell’Onu per definire lo status finale della provincia serba del Kosovo, la situazione nella regione balcanica sta divenendo sempre più incandescente, con violenze e atti terroristici quotidiani, di cui però non si trova traccia nel panorama dell’informazione mediatica occidentale.
Assalti, ferimenti, incendi, omicidi, attentati alle comunità serbe e rom, alle loro case ed agli ultimi monasteri ortodossi (quelli non ancora devastati), così come gli attentati e l’ostilità contro strutture e mezzi delle Nazioni Unite, considerati possibili testimoni scomodi, in previsione degli scenari della definitiva pulizia etnica, che si preparano per il post indipendenza. Ormai è uno stillicidio continuo e quotidiano, così come monta sulla stampa e i media televisivi indipendentisti albanesi kosovari, una campagna mediatica sistematica che fomenta l’odio etnico e l’obiettivo – a loro dire – «non più trattabile» della secessione e indipendenza definitivi.
Negli incontri con membri delle comunità serbe kosovare e dei profughi in Serbia, al di là del senso di solitudine che sentono sulla pelle, emerge una forte determinazione alla resistenza e opposizione a questo ennesimo atto di ingiustizia e di violenza contro le minoranze del Kosmet. Per tutto questo le popolazioni chiedono di non essere nuovamente lasciate sole di fronte ad atti e logiche violente, che nulla hanno a che fare con il progresso e la convivenza tra i popoli; chiedono che il destino e il futuro del Kosovo non sia deciso in cancellerie inteazionali dell’Occidente, ma venga discusso e deciso dai popoli (minoranze o maggioranze) che hanno sempre abitato quella terra. È una richiesta assurda e stravagante?
Sia a livello europeo, che negli Usa e in Canada, molti noti giornalisti di testate inteazionali informano e denunciano ormai apertamente la situazione di pericolo e i nuovi venti di guerra che si vanno profilando; è necessario e giusto che anche in Italia il movimento per la pace, i sinceri democratici, le forze progressiste prendano atto dei rischi di una nuova escalation di guerra e conflittualità. Un fatto che certamente non rimarrebbe circoscritto, ma produrrebbe un nuovo sconvolgimento degli equilibri inteazionali, con il riaccendersi di focolai di violenza, legittimati da un’eventuale indipendenza decisa negli uffici dei padroni dell’impero, ma fuori dal diritto internazionale e dalla Carta dell’Onu.
Sarebbe quell’ «effetto domino» già preannunciato da molti esperti e osservatori inteazionali: se una banda di criminali e narcotrafficanti (come fu definita l’Uck nel ’98 in un report della stessa Cia), può vedere riconosciuto un territorio come repubblica indipendente («uno stato delle mafie», come è stato definito), fuori da qualsiasi ragionevole logica, perché i serbi della Bosnia e della Repubblica di Krajina in Croazia, i popoli dell’Ossezia, dell’Abkhazia, della Transnistria, i curdi della Turchia, i corsi e i bretoni in Francia, i baschi in Spagna, i nordirlandesi, i palestinesi, i russi perseguitati nelle Repubbliche Baltiche, non potranno avere il diritto alla secessione e all’indipendenza?
E l’elenco potrebbe continuare. Ma c’è anche un altro aspetto: sono gli effetti devastanti che si scatenerebbero nella stessa Serbia, dove nella provincia del Sangiaccato l’«Armata nazionale albanese» opera con assalti, attentati, violenze, collegata con un’altra forza secessionista albanese della Valle del Presevo nel sud della Serbia, per unirsi al Kosovo indipendente; ma nella stessa strategia operano forze secessioniste albanesi in Macedonia, Montenegro, Grecia del nord.
Dopo la vergognosa partecipazione dell’Italia ai bombardamenti del 1999, il nostro paese sarebbe nuovamente coinvolto direttamente in scenari di guerra, con le relative conseguenze. Per opporci a tutto questo, per lavorare per la pace e contro la guerra, per continuare a lavorare per la convivenza e l’amicizia tra i popoli, lanciamo un appello/manifesto (sosyugoslavia@libero.it) come strumento positivo per una soluzione pacifica e negoziale del problema Kosovo Metohija e delle genti che lo hanno sempre abitato.
(Forum Belgrado Italia e Associazione SOS Yugoslavia)
Enrico Vigna