Annuncio in profondità

Aprirà a Dar es Salaam un nuovo Centro di animazione missionaria

Evangelizzare «in profondità» è l’imperativo dato dalla Conferenza Episcopale del Tanzania ai cristiani del paese.  Come? Serve un «faro di missionarietà» per orientarsi fra le tante sfide che il mondo contemporaneo propone al continente africano e alla fede della sua gente. I missionari della Consolata ne hanno individuato uno e confidano sia quello giusto.

Dar es Salaam è una città costiera che si affaccia sull’Oceano Indiano. Sulla costa i fari abbondano. Non lontano dal mare, su un territorio rubato alla steppa e suddiviso dal governo in migliaia di lotti, si aggiunge un faro nuovo ma diverso. La sua luce non è per aiutare i pescatori a giungere a riva. La sua luce è per condurre al largo, al mondo: un faro di missionarietà!
La lettera apostolica Novo Millennio Ineunte di papa Giovanni Paolo II ci invitava ad iniziare il terzo millennio nella contemplazione del volto di Cristo. Una contemplazione che fluisse in santità di vita, entusiasmo rinnovato, annuncio fervoroso, testimonianza cristallina, fantasia di carità, e iniziative concrete per la missione… in profondità ed estensione. Difatti, il biblico Duc in altum, più volte ripetuto nella lettera, ha nel vangelo di Luca un duplice significato: avanzare in acque profonde e prendere il largo. Si tratta, quindi, di una missione all’interno della chiesa, sempre discepola e serva della Parola, che ha come scopo quello di far vivere la fede in profondità e con coerenza. Ma è pure una missione rivolta ai popoli, affinché riconoscano nel Cristo il Salvatore, perfezionamento di tutti i valori religiosi e culturali. La doverosa stima per questi non deve far dimenticare il mandato evangelico dell’universalità, pur lasciando che i semi di vangelo sparsi nel corso dei secoli maturino secondo i  tempi di Dio.
Per carisma i missionari e le missionarie sono votati alla missione ad gentes, cioè a testimoniare ed annunciare il vangelo nelle situazioni prive o povere del Verbo di Dio, parola che salva e nobilita l’umanità. Dove è possibile lo fanno in cooperazione, affinché la missione sia più ricca e assuma il volto paterno e materno di Dio. Annunciare, difatti, è sempre un partorire, come afferma l’apostolo Paolo parlando di se stesso nelle lettere scritte  ai Galati e ai Corinzi.
Con lo spirito e le caratteristiche ereditate dal Beato Allamano lo fanno i missionari della Consolata, attraverso molteplici attività che mirano ad educare, formare e trasformare. Lo fanno inserendosi in situazioni di estrema indigenza e accompagnando minoranze trascurate o in contesti che hanno ragion d’essere nella sola testimonianza silenziosa o nel dialogo interreligioso. La missione ad gentes, a tutti i popoli, non è univoca, ma ha più volti e più vie, che mutano con la storia e le sue sollecitazioni. Una cosa è certa: che la missione è obbedienza al comando esplicito del Risorto, e ha valore perenne. La staticità è morte, mentre il pellegrinaggio per le vie del mondo è vita. La chiusura è suicidio, mentre il dono rigenera. L’ardere della contemplazione… diventa illuminazione: «Voi siete la luce del mondo!».
Tuttavia, non si può dare per scontato che la tensione missionaria sia sempre incandescente e presente ovunque. Essa va generata e rafforzata in continuità, poiché è facile lasciarsi prendere dal torpore e, dalle necessità proprie, chiudersi nella miopia. Apertura e solidarietà vanno radicate in una spiritualità e nutrite con un processo di informazione e formazione. Tutto ciò prende il nome di: animazione missionaria. Essa tende a fare di ogni persona, famiglia, comunità e chiesa un punto luce e di irradiazione universale. Tale compito educativo rientra nella specificità della missione stessa.
È il compito che i missionari e le missionarie della Consolata si sono assunti anche in relazione alla chiesa che è in Tanzania. La cosa non è nuova. Già ci sono espressioni missionarie della chiesa locale – come pure in altri paesi d’Africa – che può vantare di avere inviato missionari, uomini e donne, in più nazioni. Ma sono necessarie una cultura e una spiritualità missionaria. Sono queste l’humus che garantiscono cattolicità e che permettono di essere una chiesa missionaria a se stessa e per il mondo, come si esprimeva Paolo VI in Uganda. La chiesa che è in Africa, con le sue ricchezze di umanità, solidarietà, gioia, pazienza, né può, né deve mancare all’appuntamento del donare e ricevere, che riconosce ad ogni chiesa pari dignità, vocazione e missione. Questo è pure l’imperativo che Giovanni Paolo II rivolge alle chiese giovani nell’enciclica Redemptoris Missio.

Per favorire questo processo, vicino a Dar es Salaam sta nascendo (inizierà le attività a partire dalla fine di quest’anno) il «Consolata Mission Centre»: faro di missionarietà. La costruzione di un centro di animazione missionaria in Tanzania corona un sogno che i missionari operanti in questo grande paese dell’Africa Orientale hanno nutrito per molti anni e che risponde anche alla «provocazione» lanciata dalla Conferenza Episcopale del Tanzania  a tutti gli agenti pastorali di lavorare per un’evangelizzazione che scenda il più possibile in profondità. Per dirlo in swahili: Uinjilishaji wa kina. Una prima evangelizzazione che tenga soprattutto conto della promozione umana e che si definisca in base alla dimensione delle opere di sviluppo e carità non può e non deve assolutamente tralasciare l’aspetto spirituale se non vuole vedere vanificati i frutti della sua azione. Per rendersi conto del rischio causato da un’evangelizzazione che si fermi alla superficie e non tocchi in profondità il cuore delle persone basta fare un giro per le strade di Dar es Salaam e notare il grande numero di chiese appartenenti alle sètte più disparate presenti ormai in ogni angolo della città e alla loro capacità di richiamare proseliti.
Proprio Dar es Salaam è stata scelta come sede del nuovo centro di animazione missionaria, e questo non a caso. La città costiera, porto marittimo, da sempre importante sede di scambi e commerci per tutta l’Africa Orientale è ormai una metropoli di circa 4 milioni di abitanti. Qui convergono genti di tutte le tribù, provenienti da ogni angolo del Tanzania, che fanno della città un luogo estremamente vivace e vario. L’ubicazione precisa sarà in una delle tante nuove periferie della città, Bunju, e dovrà servire anche come centro propulsore di attività e integrazione per il quartiere.
La dotazione del centro prevede una cappella, cuore dell’edificio e delle attività. Due spazi riservati all’ospitalità, con 48 camere a doppio letto, il refettorio, un salone conferenze e salette più piccole per incontri di gruppo. Il centro ospiterà anche l’abitazione e gli uffici dei missionari addetti all’attività di animazione missionaria. Accanto alla costruzione sorgerà anche la casa delle suore della Consolata che collaboreranno direttamente nella stesura dei programmi e nella conduzione delle attività di animazione e formazione.
Il Centro pubblicherà l’unica rivista missionaria in swahili di tutto il Tanzania: Enendeni (vedi box). Inoltre, pubblicherà vari sussidi di carattere pastorale-missionario.

Questa nuova iniziativa desidera avere una finalità educativa e formativa, orientata secondo una prospettiva squisitamente missionaria. I programmi dovranno avere un raggio molto vasto, in modo da cogliere la persona nelle sue varie dimensioni: umana, spirituale, apostolica e missionaria. Essi prenderanno in considerazione i vari aspetti della chiesa, della società e del mondo: vocazione missionaria di ogni persona e comunità, servizio, inculturazione,  dialogo interreligioso, ecumenismo, giustizia, pace e armonia del creato, promozione della donna, giovani. Inoltre, si approfondiranno argomenti come la pandemia Hiv-Aids e altri temi di scottante attualità in contesto africano, che richiedono risposte chiare da parte di animatori e operatori missionari ben formati.
Le attività del centro avranno come destinatari sacerdoti, religiosi, catechisti, leader comunitari, membri di associazioni e gruppi ecclesiali, i giovani e le famiglie. I programmi verranno preferibilmente condotti in modo partecipativo, «stile laboratorio», così da ottenere un maggior coinvolgimento personale di chi vi prende parte. Avranno inoltre una forte componente spirituale, in modo da offrire ai partecipanti le motivazioni e la forza per l’azione che deve seguire l’attività formativa. Il desiderio è quello di offrire qualità e profondità, in modo che i partecipanti trovino nel centro una fonte spirituale a cui abbeverarsi e contenuti solidi che ne appoggino l’azione pastorale e di testimonianza.
Attingendo al loro carisma e all’esperienza maturata sul campo, i missionari e le missionarie della Consolata si propongono di rendere questa iniziativa una scuola di universalità e di missione. Sarà necessaria la creatività degli artisti, la pazienza dei coltivatori, l’umiltà dei poveri e il coraggio dei profeti. Non sappiamo quale risonanza e risposta attingeranno i programmi offerti e le attività svolte. Sappiamo però che questo è il nostro dovere: animare, perché la chiesa che è in Tanzania viva l’ardore della Pentecoste, evento di missione per tutti i popoli. 

Di Giuseppe Inverardi e Gianni Treglia


ENENDENI
Gazeti la Kimisionari
(ANDATE – Rivista Missionaria)


«Andate… ammaestrate tutte le nazioni». Queste parole, comando di Gesù prima di ascendere al cielo, hanno caratterizzato l’attività missionaria della chiesa fin dal suo principio e animano ancora oggi i missionari sparsi per il mondo a portare il suo annuncio di pace e di liberazione ai popoli. Sono state anche il motivo per cui i missionari della Consolata in Tanzania hanno dato vita ad una rivista missionaria, uno strumento che, assieme a tante altre opere missionarie, portasse a tutti l’annuncio della «Buona Notizia».
La rivista Enendeni ha iniziato ad essere pubblicata nel 2003 ed è la più giovane fra le riviste pubblicate dai missionari della Consolata. Ha scadenza bimensile ed una tiratura di circa tremila copie. Alla base della riflessione che ha dato il via a questa rivista c’è sicuramente il fatto che le pubblicazioni cattoliche in Tanzania sono pochissime, tanto che si possono contare sulle dita di una mano. Tra queste, però, Enendeni si distingue per il desiderio di animare missionariamente la chiesa locale tanzaniana.
Impostata in modo molto semplice, la rivista si rivolge alla gente comune e ai giovani in modo particolare. Esperienze ed attività missionarie compiute in Tanzania e nel resto del mondo, messaggi della chiesa locale ed universale per occasioni particolari, riflessioni di natura biblico-missionaria, argomenti di vocazione missionaria costituiscono l’ossatura della rivista e il contenuto della maggior parte dei suoi articoli. Di grande impatto sui lettori sono le testimonianze dell’ormai buon numero di giovani missionari tanzaniani sparsi per il mondo, i quali, raccontando la loro vita spesa “per la missione”, contribuiscono al risveglio missionario e all’apertura di nuovi orizzonti.
Enendeni, pur essendo fondata e diretta dai missionari della Consolata, ha voluto, sin dal suo inizio, coinvolgere anche le altre forze missionarie del paese, altri istituti missionari, le diocesi, i laici. In questa linea, molto importante, e determinante per la sua divulgazione, è stata la collaborazione creatasi tra la rivista e le Pontificie Opere Missionarie del Tanzania. Ogni nuovo numero contiene un inserto gestito direttamente dal direttore delle Pontificie Opere Missionarie del Tanzania che spiega le attività svolte da questo ufficio nell’intero paese. Questa collaborazione ha fatto sì che la rivista raggiungesse tutte le diocesi del Tanzania e da tutti sembra essere molto apprezzata.
Con l’apertura del nuovo Centro di animazione missionaria a Dar es Salaam, la sede della rivista avrà una nuova casa. Non è certo uno spostamento di ordine pratico! Centro e rivista lavoreranno in stretta collaborazione in modo che, «essendo la Chiesa per sua stessa natura missionaria», possano proporre e promuovere insieme una sensibilità alla missione al servizio della chiesa tanzaniana.

Giuseppe Inverardi e Gianni Treglia

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