Cari missionari

Continuiamo… la buona «battaglia»

Caro don Farinella,
grazie per i suoi interventi, dei suoi appelli e le sue «battaglie» (mi
perdoni il termine così brutto) di questi mesi. La prego: continui ad
essere voce profetica di una chiesa di comunione, capace di abbracciare
e amare il mondo, senza inchinarsi davanti ai potenti, né vagheggiare
nostalgicamente un passato così lontano dal cuore dell’evangelo.
Continui a insegnarci che la chiesa del Concilio, di papa Giovanni non
è una parentesi, ma il popolo di Dio in comunione con il resto
dell’umanità.
Un caro augurio, cui si associano mia moglie e il piccolo Lorenzo.
Affidandoci alle sue preghiere, l’abbracciamo con affetto. Shalom!
Andrea Fedeli
Roma

Rev.do Paolo Farinella,
tempo fa mi sono imbattutto in un suo articolo su Missioni Consolata
titolato «Nel giardino di Eden» (settembre 2005): è un’autentica pietra
miliare!
Dopo averlo letto ho avuto un pensiero di scriverle; tale pensiero si è
fatto decisione anche a seguito delle recenti affermazioni del nostro
Santo Padre in materia ambientale. Sino ad allora osservavo con
dispiacere quanto il tema ambientale fosse trascurato dalla chiesa o
per lo meno non valutato nella sua assoluta priorità epocale.
Dopo una vita dedicata alla scienza, ho capito che una scienza non
illuminata dalla fede può solo accelerare la devastazione del mondo; è
agli uomini di fede che ora tocca rifiutare le lusinghe di una scienza
tanto evoluta quanto cieca e di una politica senza alcun rispetto per
il mondo. Finalmente l’attuale Papa ci sta provando, non senza enormi
difficoltà.
Credo che la violenza umana sia «maligna», ma anche usata in ultima
analisi da Dio per punire violenze ancora peggiori; è forse il caso del
fondamentalismo islamico e delle derive sataniste di tanti giovani.
Può non apparire lecita o comunque veniale la violenza in un contesto
nel quale l’ipocrisia dei potenti soffoca l’intera creazione in un
abbraccio mortale? Lei è lucido, appassionato, usa la conoscenza delle
scritture per leggere la situazione attuale non per astrarsene.
Io ho accumulato esperienze in più rami della scienza, scrivo, tengo
conferenze e presiedo una piccola associazione ambientalista: mi
coinvolga e sarò lieto di usare le mie armi culturali per un attento
comune, con l’aiuto di Dio.
Con stima
Prof. Vincenzo Caprioli
S. Martino Sicc. (PV)

Le due lettere a don Farinella sono una
testimonianza dei numerosi riscontri che giungono in redazione, a voce
e per telefono, sul gradimento della rubrica biblica da lui tenuta.
Anche per noi sono uno stimolo per continuare a «lottare», alla luce
della parola di Dio, per la giustizia, la pace, la salvaguardia del
creato, parti integranti della missione e dell’evangelizzazione.
Chi volesse avere notizie sull’impegno sociale e culturale del prof. Caprioli può consultare il suo sito: www.iperlogica.it.

Bhopal… in rete

Gentile Redazione,
ho sfogliato la vostra rivista e devo dire con molto interesse, in
particolare mi ha colpito profondamente l’articolo: «Bhopal (India).
Delitto senza castigo» (M.C. dicembre 2006).
Vorrei chiedere il permesso di pubblicare l’articolo sul mio sito
(«www.javascriptenonsolo.org), previa informazione dell’autore e del
vostro sito. In attesa di un vostro riscontro porgo i miei più cordiali
saluti e faccio i migliori auguri affinché la vostra rivista venga
sempre più divulgata.
Vacca Silvano
via e-mail

Naturalmente abbiamo dato il permesso richiesto e
siamo ben felici che i nostri articoli abbiano la maggiore diffusione
possibile.

Russia:  «tempo perso?»

Gentile Direttore,
dopo aver letto il dossier sulla Russia, pubblicato dalla vostra
rivista nel numero di marzo 2001, in cui è riportata l’intervista a
padre Aleksey, parroco della SS. Trinità a Khokhly nel centro di Mosca,
mi sono permesso di scrivere a padre Aleksey  e moglie Masha, ma
le lettere sono tornate indietro per ben due volte.
Non potete dialogare con chi ha sentimenti non solo non-cattolici, ma
anticattolici. È tempo perso. Pensate piuttosto ai fedeli di rito
bizantino russo per far risorgere la chiesa dell’esarca beato Fedorov.
Con l’amicizia ci sarà sempre qualcuno che accetterà di venerare questo
beato. Questa è la propaganda da farsi.
Saluti e ringraziamenti.
don Vito Tedeschi
Carife  (AV)

Grazie, don Vito, per la sua lettera,
accompagnata da due articoli: l’uno sulla persecuzione religiosa in
Russia dal 1920 al 1960; l’altro, scritto dal metropolita cattolico di
Mosca nel 2002, dal titolo eloquente: «Per i cattolici non è cambiato
nulla».
Grazie anche per averci ricordato la figura di Leonid Fedorov
(1879-1935), pioniere dell’ecumenismo con i fratelli ortodossi (con i
quali condivise la dura prigionia), martire della fede, beatificato nel
2001. Siamo convinti che proprio il suo esempio testimoni come
ascoltare la voce dell’altro, anche quando dice cose spiacevoli, non
sia «tempo perso». Altrimenti che dialogo è?  
In questi ultimissimi anni sembra che le acque si siano calmate e si
stia timidamente riprendendo il dialogo con la chiesa ortodossa russa,
come sta avvenendo con quella greco-ortodossa. Ci auguriamo che
continui!

A proposito del «prete-compagno»

Sig. Direttore,
mi ha rattristato molto leggere nella pagina delle lettere, nel numero
di dicembre 2006, la risposta sul «prete-compagno»: non è costruttiva.
Non mi ha rasserenato. Volevo che lo sapesse.
Cordiali saluti.
Sac. Renzo Cortese
Sarzana (SP)

Cari missionari,
ho ricevuto il numero di dicembre di Missioni Consolata, ma purtroppo
non ancora il numero monografico di ottobre-novembre. È possibile che
sia in ritardo?
Nel ringraziare, vorrei approfittare nel congratularmi con il direttore
per la risposta «Il solito prete-compagno», condividendone in pieno il
contenuto. Bravo!
Grazie, cordiali saluti e i migliori auguri per il nuovo anno.
Paolo Zanella
 Malé (TN)


Le frecce tricolori … inquinanti

Cari missionari, sono rimasto esterrefatto, alcuni mesi fa, dalla
disinvoltura con cui gli uomini del centrosinistra, d’intesa con i loro
colleghi del centro destra, hanno silurato la senatrice Lidia Menapace,
«rea» di dichiarazioni «antipatriottiche» per aver criticato la
«pattuglia acrobatica nazionale» (Pan). Lungi da me la pretesa di fare
l’avvocato difensore della senatrice; se questa è la ragione della
mancata nomina alla guida della Commissione difesa del Senato, ebbene
consentitemi di dire che questa critica mi trova molto d’accordo. Non
sono per niente convinto che gli MB 339A/Pan rappresentino il meglio
del made in Italy.
Sicuramente c’è chi è affascinato dalla bravura dei piloti e dallo
spettacolo del cielo striato di verde, bianco e rosso; ma c’è anche
chi, da questo tipo di eventi, trae lo spunto per fare altre
considerazioni.
Innanzitutto, come precisano le stesse fonti dell’Aeronautica militare,
gli MB 339A/Pan sono stati concepiti per svolgere, oltre all’attività
acrobatica, anche missioni operative nel ruolo di cacciabombardieri
leggeri: sono in grado di trasportare cospicui carichi di armamenti e,
grazie alla loro manovrabilità, possono essere impiegati sia nei
cosiddetti «conflitti a bassa intensità» sia in operazioni belliche che
su più vasta scala.
In secondo luogo, gli aerei sono il mezzo di trasporto più inquinante
e, in particolare i bombardieri, consumano kerosene in quantità
allucinanti: tra i 10 e i 20 mila litri per ogni ora di volo.
Dunque è più estremista la Menapace o chi continua a parlare e agire
come se non fosse vero che l’ambiente è sempre più degradato anche per
colpa dei troppi aerei (civili e soprattutto da guerra) e delle troppe
agevolazioni di cui godono coloro che li costruiscono, li acquistano e
li usano: basti dire che, mentre tutti i tipi di combustibile, a
cominciare da quelli per il riscaldamento delle abitazioni, sono
supertassati, il kerosene per gli aerei resta esentasse, anche quando
il prezzo del petrolio sale alle stelle.
È più irrispettosa la Menapace, quando dice che di certe risorse
bisogna fare un uso meno ludico e più responsabile, o è più
irrispettoso l’ufficiale del Pan, quando, «sorvolando» (è proprio il
caso di dirlo) la questione del kerosene e del petrolio, crede di poter
tranquillizzare tutti, affermando che gli MB 339 non inquinano, perché
il bianco del tricolore altro non è che glicerina, mentre il rosso e il
verde sono pigmenti assolutamente in regola con la normativa Ue?
T rovo esagerato l’uso che si sta facendo dei cacciabombardieri a scopo
ricreativo: non sono giocattoli; non possono essere impiegati per
divertirsi o far divertire. Chi pensa il contrario, prima o poi, espone
se stesso e gli altri a rischi enormi. Non mi riferisco solo ai tragici
airshow di Ramstein 1988 e di Leopoli 2002 (155 morti e centinaia di
feriti), ma anche all’incidente della funivia del Cermis e a due
collisioni, avvenute non molto tempo fa, nei cieli del mare Egeo, tra
un top gun greco e uno turco, e nei cieli del mare di Sardegna, tra due
top gun italiani. Ho la sensazione che, in parecchi piloti, sia venuto
meno il senso del limite: quel limite che né l’uomo né la macchina
possono varcare.
Anche le esibizioni delle pattuglie acrobatiche stanno proliferando a
dismisura e i media riservano loro sempre più spazio: ormai anche tra i
tifosi più sfegatati c’è chi ammette che, con gli airshow, è ora di
darsi una calmata. «Se andiamo avanti così, tra un po’ le frecce
tricolori le chiameremo per festeggiare compleanni, cresime, matrimoni»
mi diceva uno di questi tifosi, riferendosi, tra l’altro, all’eccessiva
indulgenza che i vertici di un certo mondo ecclesiale hanno verso
l’elicotteromania, di certi novelli sposi e altre forme di
consumismo… «aeronautico».
Credo che un po’ di circospezione da parte dei cristiani, sia
necessaria anche in questo campo. Penso in particolare ai cristiani
della mia regione, le Marche, dove sorge il santuario della Vergine
Lauretana, la protettrice degli aviatori; penso ai bollettini diocesani
marchigiani, che sono sempre in prima fila quando si tratta di
magnificare le gesta della Pan.
È vero che le frecce tricolori non girano l’Italia e il mondo per fare
la guerra e che il cielo spruzzato di rosso, bianco e verde è sempre un
bellissimo spettacolo: ma è questo che il Signore vuole da noi? Siamo
sicuri che le evoluzioni acrobatiche degli MB 339 stiano favorendo il
compimento delle profezie di Isaia e Michea: «Forgeranno le spade in
falci e le lance in vomeri»? Profezie che i nostri pastori hanno
riproposto in tanti documenti e noi abbiamo tante volte meditato nei
tempi forti dell’anno liturgico e nelle veglie di preghiera per la pace.
Siamo sicuri che Raul Follereau non si riferisse anche alle pattuglie
acrobatiche, quando invitava a riflettere sul fatto che, se si
investisse in medicina e sanità ciò che si spende per un solo
cacciabombardiere, si potrebbe infliggere un colpo decisivo a una
malattia come la lebbra?

Domenico Di Roberto  – Ancona




Occhio ai poli

A partire da questo mese fino al marzo 2008, Artide e Antartide saranno
«osservati speciali». Le Nazioni Unite hanno infatti dichiarato il
2007-2008 «Anno internazionale dei poli» (Inteational Polar Year,
Ipy). L’obiettivo principale è quello di coinvolgere organizzazioni di
tutto il mondo in programmi di ricerca nelle regioni polari, iniziative
scientifiche, campagne ambientali ed eventi di ogni tipo. Da quando fu
tenuto il primo Ipy, ne lontano 1882-83, numerose iniziative di
carattere scientifico, intraprese da singole nazione e a livello
internazionale, hanno fornito un’infinità di dati che permettono di
comprendere la formazione e la storia del nostro pianeta e hanno
sviluppato varie discipline scientifiche che favoriscono la conoscenza
dei vari fenomeni globali.
All’interesse scientifico l’anno polare aggiunge lo scopo di promuovere
attività educative, per sollecitare e aumentare il pubblico interesse
circa l’impatto che le remote regioni polari esercitano sui sistemi
climatici dell’intero pianeta e, di conseguenza, sensibilizzare
l’opinione pubblica sui gravi problemi che minacciano le regioni polari
e si ripercuotono sugli altri continenti. Nessuno dubita
dell’interdipendenza tra le masse glaciali dell’Artide e Antartide e il
resto del globo terracqueo. I cambiamenti climatici che avvengono ai
poli provocano cambiamenti nel resto del del pianeta e viceversa.

Il confronto tra i dati foiti dai satelliti e quelli raccolti dalla
rete di stazioni permanenti stabilite nelle regioni polari indicano che
i ghiacciai artici stanno diminuendo in spessore e si accorciano
mediamente di 50 metri l’anno; gli stessi dati satellitari affermano
che dal 1979 al 2005 la fascia climatica subtropicale si è allargata di
1° di latitudine, pari a 120 km sia a nord che a sud. Causa di tali
cambiamenti è il surriscaldamento globale, provocato dalle emissioni
del cosiddetto gas serra.
Fino a pochi decenni fa, afferma lo scienziato americano Barry
Commoner, un guru nel campo dell’ecologia, «tale riscaldamento era
graduale e regolare. Ora, invece, ci troviamo di fronte ad
accelerazioni improvvise, sterzate brusche, imprevedibili nella loro
esatta dinamica, che portano al moltiplicarsi delle ondate violente di
calore e degli uragani». Ne è una prova l’anno 2006: è stato il 6° anno
più caldo dell’epoca modea. La temperatura media della superficie
terrestre è stata di 0,42°C superiore alla media del periodo 1961-1990.

Continuando di questo passo, se cioè non si pone rimedio al fenomeno
del riscaldamento globale, afferma uno studio voluto dalla Unione
europea e pubblicato lo scorso gennaio, entro la fine di questo secolo
esso potrebbe aumentare di 3°C, con conseguenze catastrofiche per
l’intero pianeta e in particolare per molte regioni europee:
desertificazione delle zone del Mediterraneo (Italia, Spagna e Grecia),
tropicalizzazione dei mari, modificazioni della flora e della fauna,
innalzamento del livello del mare di circa mezzo metro nei prossimi
decenni e quasi un metro alla fine  secolo. Ciò significa la
scomparsa di città lagunari e costiere, sommersione di pianure
fluviali, compresa buona parte della pianura padana.

La diagnosi è chiara – afferma Barry Commoner – e non ci sono
alternative: per salvare la nostra società e le loro economie bisogna
uscire dalla dipendenza dal petrolio e dai combustibili fossili.
Bisogna lanciare il fotovoltaico e risorse rinnovabili, aumentare
l’efficienza energetica e trasferire il traffico dalla gomma al ferro».
È quanto propone la Commissione europea, per riducendone l’aumento al
2°C: diminuire del 20% le importazioni europee di gas e petrolio entro
il 2030, tagliando così il 30% dei gas serra entro il 2020 e il 50%
entro il 2050, e promuovere l’incremento delle le tecnologie pulite.
Tale impegno chiede la collaborazione non solo di stati e rispettivi
governi, ma anche del singolo cittadino. Da anni parliamo della
necessità di cambiare i nostri stili di vita, che si concretizza anche
nel risparmio energetico e adozione di fonti non inquinanti. È in gioco
il futuro del pianeta, che il Creatore ci ha affidato per «lavorarlo e
custodirlo» (Genesi 2,15).
L’anno polare offre uno stimolo in più per prendere coscienza dei
problemi che minacciano il nostro pianeta e per impegnarci nella
salvaguardia del creato. 

Benedetto Bellesi

Benedetto Bellesi




Malawi – Strade africane  (seconda puntata)  

Seconda puntata

 


 


Un aspetto importante da considerare, quando ne hai la possibilità, è la scelta del posto in cui sedersi. Generalmente è preferibile qualsiasi sedile sul lato destro del mezzo, perché a sinistra si trova la porta scorrevole di ingresso e uscita e spesso tutti quelli che si trovano sul passaggio devono uscire per far scendere quelli che dai sedili posteriori fanno richiesta di fermata. Ah, dimenticavo: la chiamata della fermata consiste in un urlo al conducente o al controllore.


Un’altra componente che accompagna questi scatoloni mobili è la musica, il più delle volte tenuta a volumi insopportabili, se non altro perché gracchiante come un gessetto sulla lavagna, oltre che eccessivamente affezionata alle sdolcinerie di Celin Dion.


La visuale sul mondo esterno è il più delle volte parziale; tra una massa di corpi, teste, ombrelli, contenitori, verdure, vedi sfrecciare il paesaggio, e sopratutto lo senti scorrere sotto di te, tra scrolloni e sterzate poco morbide.


Spesso le schiene delle donne cominciano a muoversi come deformate, per scoprire che ci sono dei bambini che ricordano la loro presenza e l’esigenza di respirare. Io non riesco a raggiungere il portafogli, mentre queste donne, con un paio di ancate e colpi di reni, riescono a far slittare i loro bambini verso l’agognata poppata.


La tappa a Chirazulu è quella che presenta più dubbi sulla prosecuzione del viaggio. Minibus che proseguono verso la tappa successiva, Milepa, una ventina di chilometri, non ce ne sono piu’. Bisogna attendere un camion di passaggio, o un track (pik-up col cassone posteriore adibito a trasporto persone). Questi ultimi sono di passaggio solo quando ormai pieni di gente (in Africa gli spostamenti dei mezzi cercano il più delle volte di ottimizzare aspettando di partire solo quando completi di passeggeri). Il luogo dove attendere questi mezzi è in corrispondenza di una lunga curva, alla fine della quale termina la strada asfaltata e comincia quella sterrata.


L’attesa può durare quindici minuti oppure un’ora e mezza. Il tempo scorre facendo due passi tra le bancarelle improvvisate (spesso consistenti in semplici teli stesi a terra) dove puoi trovare una bibita, delle patatine fritte, pannocchie arrostite, qualche biscotto e saponetta, manghi e banane, a seconda della stagione. Non mancano poi le chiacchierate con il poliziotto di passaggio, il responsabile dell’ufficio servizi sociali, adiacente alla curva, o qualsiasi altra persona desiderosa di scambiare due chiacchiere e curiosa di sapere cosa fa il musungu (uomo bianco) a piedi da quelle parti.


(fine seconda puntata – continua)


Dario Devale

Dario Devale