Gli inquinanti atmosferici assediano le città
Benzene, polveri sottili, ozono. Si tratta di nomi ormai entrati nel linguaggio comune, ma senza che la loro conoscenza producesse effetti positivi. Sono soltanto aumentate le diatribe e lo scaricabarile delle responsabilità. Qual è il peso del traffico automobilistico nell’inquinamento? Le marmitte catalitiche servono? La benzina «verde» è efficace? Un’analisi competente che evidenzia la gravità
di un problema la cui soluzione pare lontana. E non soltanto per colpa delle istituzioni pubbliche…
La qualità dell’aria è certamente uno dei requisiti essenziali per la nostra salute e per il nostro benessere. Purtroppo gli inquinanti atmosferici, soprattutto nei grandi centri urbani, rappresentano una grave minaccia alla salute.
Secondo una recente valutazione della «Organizzazione mondiale della sanità» (World Health Organization, Who), il peso delle patologie correlate agli inquinanti atmosferici è di circa di 2.000.000 di morti premature per anno, a livello mondiale.
Questa valutazione tiene conto sia dell’inquinamento degli spazi aperti, che di quello degli ambienti confinati, dove ha un peso rilevante l’utilizzo di combustibili solidi, come il carbone ed il legname.
L’Oms ha perciò predisposto delle linee guida, per ridurre l’impatto sulla salute da parte degli inquinanti atmosferici.
Sulla base di queste indicazioni, in Italia, il Decreto ministeriale (Dm) n° 60 del 2 aprile 2002 ha recepito le direttive comunitarie (1999/30/CE e 2000/69/CE) conceenti i valori limite di qualità dell’aria ambiente per il biossido di zolfo, il biossido di azoto, gli ossidi di azoto, il materiale particolato (PM10), il piombo, il benzene ed il monossido di carbonio.
Dalla «super» alla «verde»: dal piombo al benzene
Bisogna fare una breve digressione sugli scarichi dei motori a combustione intea e sulle marmitte catalitiche.
In passato la benzina «super» conteneva un additivo antidetonante (la cui funzione è quella di rallentare la velocità di esplosione della benzina migliorando l’efficienza del motore) a base di piombo tetraetile, il quale, avendo effetti negativi sul sistema nervoso, è stato tolto e sostituito da altri composti tra cui il benzene.
La nuova benzina senza piombo è stata definita «verde» (i manifesti pubblicitari rappresentavano un passeggino vicino ad un’automobile), dimenticando o trascurando gli effetti del benzene in essa contenuto, noto per i gravissimi danni emato-midollari, con un meccanismo di azione molto simile a quello delle radiazioni ionizzanti, tanto che viene anche definito tossico radiomimetico.
Il benzene (detto anche benzolo) è stato spesso impiegato nell’industria, per le sue proprietà di solvente, nel periodo antecedente alla legge 5 marzo1963, che ne ha vietato l’uso.
L’entrata in vigore del Dm n. 60 del 2002 ha stabilito il valore limite per la protezione della salute umana di 5 µg/m3 (microgrammi al metro cubo), valore da raggiungere entro il primo gennaio 2010. Il Dm n. 60 prevede anche un margine di tolleranza di 5 µg/m3 (che riporta il valore limite a 10 µg/m3) fino al 31 dicembre 2005. Dal primo gennaio 2006, e successivamente ogni 12 mesi, il valore è ridotto secondo una percentuale costante per raggiungere lo 0% di tolleranza al primo gennaio 2010.
Se la benzina rossa aveva il difetto di contenere alte percentuali di piombo, la benzina cosiddetta verde ha il limite di contenere percentuali non indifferenti di benzene: dalla tossicità del piombo si è passati alla cancerogenicità del benzene.
Secondo recenti stime dell’Organizzazione mondiale della sanità e dell’U.S. Environmental Protection Agency, l’esposizione «a vita» di una popolazione a concentrazioni di 1 µg/m3 di benzene provoca 4-10 casi aggiuntivi di leucemia ogni milione di persone.
Ma quanto benzene c’è nella benzina «verde»? Appena è entrata in commercio si diceva che il benzene era presente nella concentrazione del 5%, tale percentuale è stata successivamente ridotta.
In Italia, la legge n. 413/1997 ha stabilito che il contenuto di benzene nelle benzine non deve superare l’1% in volume; ciò significa che facendo un pieno di 50 litri si carica circa mezzo litro di benzene!
Il benzene è un liquido incolore dal caratteristico odore aromatico pungente che diventa irritante a concentrazioni elevate. La soglia di concentrazione per la percezione olfattiva è di 5 mg/m3 (Air Quality Guidelines for Europe, Who 1987).
L’odore del benzene ricorda quello della vernice fresca e quello dello smalto per le unghie: quando un veicolo catalizzato parte si sente chiaramente tale odore, che permane fino a quando il sistema (catalizzatore, motore) non ha raggiunto le temperature di esercizio (per la marmitta è di circa 800°C). Ne deriva che le emissioni inquinanti, per i primi 4/5 km e con una temperatura estea di 20°C, sono paragonabili a quelle di una vettura non catalizzata. Con temperature estee inferiori a 20°C e con ingorghi di traffico l’inquinamento è ancora maggiore.
Le auto catalitiche: è questa la soluzione?
Uno studio della Stazione sperimentale combustibili di Milano ha dimostrato che una vettura non catalizzata, che procede in condizioni di scorrevolezza di traffico a velocità costante, emette una quantità di inquinanti inferiore ad una vettura catalitica costretta a procedere con marce ridotte e con continue soste e partenze, come avviene regolarmente in molte città italiane.
Quando in città si sente l’odore caratteristico del benzene, vuol dire che la sua concentrazione è superiore a 5 mg/m3, mentre la soglia di pericolo è di 5 µg/m3, cioè un valore inferiore di 1.000 volte.
Già a questo punto è chiaro che i blocchi alla circolazione attuati in varie città italiane serviranno a ben poco per tutelare la salute delle persone, perché tutte le vetture a benzina, in situazioni di traffico intenso e per tratti di pochi chilometri, emettono grandi quantità di inquinanti.
Un altro inquinante, che è oggetto di attenzione, è il biossido di azoto, che fa parte dei cosiddetti gas nitrosi, che si formano per combinazione dell’azoto con l’ossigeno.
Il traffico veicolare è responsabile di circa la metà degli ossidi di azoto presenti, l’altra metà è dovuta alle combustioni di tutti i tipi, dai riscaldamenti domestici alle industrie, tenendo presente che, in genere, più è alta la temperatura di combustione e maggiore è l’emissione di ossidi di azoto.
Il biossido di azoto ha un importante ruolo nel processo di formazione dell’ozono. Anche il biossido di zolfo o anidride solforosa è irritante per le vie respiratorie e può essere causa di bronchiti croniche anche invalidanti.
L’emissione di biossido di zolfo deriva dal riscaldamento domestico a gasolio, dai motori Diesel, dagli impianti per la produzione di energia e, in generale, dalla combustione di carbone, gasolio ed oli combustibili contenenti zolfo.
Il biossido di zolfo può anche dare origine ad acido solforico ed è responsabile della formazione delle piogge acide che hanno effetti negativi sull’ecosistema, sui monumenti e, non dimentichiamolo, sui manufatti di cemento amianto, corrodendo la matrice cementizia e liberando le fibre di amianto.
Negli ultimi anni l’emissione di biossido di zolfo nelle aree urbane è stata ridotta grazie al miglioramento della qualità dei combustibili, riducendo la concentrazione di zolfo.
Il terzo componente nocivo per l’apparato respiratorio è l’ozono, che può essere di origine naturale, ma è anche legato alle attività produttive. Quando le percentuali presenti nell’aria che respiriamo aumentano, l’ozono diventa un inquinante pericoloso per la nostra salute. L’ozono è un gas tossico e l’esercizio fisico svolto all’aperto in coincidenza con elevate concentrazioni di ozono nell’atmosfera può essere veramente dannoso.
Due parole sul monossido di carbonio, che è dovuto alla combustione incompleta dei carburanti utilizzati per il movimento degli autoveicoli.
Il monossido di carbonio è pericoloso perché non ha odore. L’inalazione di monossido di carbonio provoca vari disturbi (mal di testa, affanno, vertigini, nausea, disturbi visivi), che spesso non vengono correlati a tale composto proprio per la sua insidiosa assenza di odore.
Non dimentichiamo che, in ambienti chiusi, il monossido di carbonio può provocare la morte.
Le polveri sottili: un aumento irrefrenabile?
Ci sono poi le polveri sottili (PM10) definite anche «particolato», che includono tutte quelle particelle solide o liquide, che possono trovarsi disperse nell’aria, come la fuliggine, il piombo, il nichel, i solfati, la polvere, la cenere e anche sostanze naturali come il polline. Le polveri più inquinanti sono quelle emesse da sorgenti quali: industrie, centrali termoelettriche, cantieri e autoveicoli. Il particolato si può anche formare tramite la condensazione in microgocce di inquinanti quali l’anidride solforosa, gli ossidi di azoto ed alcuni composti organici volatili come gli idrocarburi policiclici aromatici. La loro pericolosità è quindi dovuta alle sostanze di cui sono composte e a ciò che trasportano.
Con la sigla PM10 si definisce il particolato caratterizzato da una dimensione inferiore ai 10µm, che ha la caratteristica di poter raggiungere direttamente gli alveoli polmonari.
Esistono particelle ancora più fini, le PM2,5, che sono gli inquinanti più dannosi per la salute dell’uomo; posizionandosi direttamente sulla mucosa dell’albero respiratorio e sugli alveoli, infatti, queste piccolissime polveri possono causare disturbi dell’apparato respiratorio, dalle semplici irritazioni alle più gravi patologie, cancro compreso.
Nel caso del particolato, il pericolo non è solo dovuto alla dimensione delle particelle, ma anche e soprattutto al tipo di sostanze in esse contenute.
A Milano, per esempio, le polveri sono molto più ricche di amianto rispetto a Roma (in media, 10 volte di più) e ciò le rende molto più pericolose rispetto ad altre di pari dimensioni, ma contenenti una minor percentuale di questo minerale. L’amianto, infatti, è una delle sostanze più pericolose presenti nelle città industrializzate.
Quando un guaio tira l’altro
A tal proposito, tornando all’effetto delle piogge acide, queste corrodono la matrice cementizia dei manufatti di eternit (cemento-amianto), liberando le fibre di amianto, che possono raggiungere i nostri polmoni.
La quantità di tetti di eternit presenti sul territorio è ancora notevole ed il rischio per i cittadini di contrarre tumori da amianto è tutt’altro che trascurabile.
Con buona approssimazione, si può affermare che soltanto un terzo dei mesoteliomi (tumori da amianto) è correlabile con attività lavorative a contatto con l’amianto; tutti gli altri casi sono dovuti ad esposizioni a rischio di tipo extra-lavorativo.
Un’altra sostanza dannosa, presente sotto forma di polvere fine, è il carbone, che ha la capacità di legarsi ad altre sostanze chimiche veicolandole fino nei nostri polmoni.
Va detto che i veicoli a benzina emettono quantità trascurabili di polveri sottili e non esistono per loro limiti riguardanti le emissioni di PM10.
I veicoli a benzina emettono però altri inquinanti: in primo luogo il benzene, del quale abbiamo parlato in precedenza.
I veicoli meno inquinanti in assoluto sono quelli alimentati a gas (metano o gpl) e quelli elettrici, anche se l’elettricità è prodotta con il petrolio e quindi il problema viene solo spostato.
Altre sostanze che si presentano sotto forma di polveri sottili sono dovute ai lavori nei cantieri, all’usura del manto stradale, delle gomme, dei freni e delle frizioni.
Le polveri sottili, in quanto tali, si depositano al suolo e vengono sollevate dal vento e dal passaggio dei veicoli: si giunge al paradosso che anche se fosse consentita solo la circolazione delle carrozze trainate da cavalli, verrebbero comunque sollevate polveri sottili.
Che fare? Per quanto riguarda la benzina ed il gasolio, alcuni studiosi sostengono che la cosa più stupida che si può fare è bruciare il petrolio, dato che esso è una fonte esauribile e non rinnovabile. Il petrolio viene però utilizzato anche per la produzione di moltissimi manufatti, che pertanto in sua mancanza dovranno essere realizzati con altri materiali.
Bisognerebbe trovare altri sistemi di produzione di energia; in Brasile, per esempio, molti veicoli, anche prodotti da industrie italiane, viaggiano ad alcornol (che è un ottimo propellente non inquinante).
Per le polveri sottili, ha dato ottimi risultati il lavaggio delle strade che, se praticato in modo costante, consente di abbattere in modo sensibile la percentuale di inquinanti dispersi nell’aria.
SUV? NO, GRAZIE!
«La moda dei Suv sta prepotentemente affermandosi anche in Italia. Già diffusi negli Usa da molti anni sono noti per essere autovetture gigantesche, pesanti, voraci di energia e in genere specchio di un atteggiamento arrogante ed aggressivo verso il prossimo e l’ambiente. Essi non hanno nulla a che vedere con le vere e più spartane auto fuoristrada utili a chi lavora su terreni accidentati: si tratta invece di auto di gran lusso, il più delle volte sempre lucide e che non vedranno mai uno schizzo di fango o l’ammaccatura di un sassetto, usate semmai per salire sui marciapiedi di città e pavoneggiarsi davanti a bar e discoteche. In genere pesano 2,5 tonnellate (oltre il doppio di un’auto normale), sono più lunghe e più larghe, occupano quindi più spazio richiedendo parcheggi e strade più grandi. Consumano circa il doppio di un’utilitaria».
Fonte: Luca Mercalli – Chiara Sasso, Le mucche non mangiano cemento, Edizioni Società Meteorologica Subalpina, Torino 2004; pagina 180.
SOLO CONOSCENDO POSSIAMO AGIRE
Un vecchio detto ammonisce che non abbiamo ricevuto la terra in eredità dai nostri padri, ma in prestito dai nostri figli. Dovremmo quindi riuscire a mantenerla vivibile per le generazioni future, non contaminata da sostanze capaci di mettere in serio pericolo la salute e la vita nostre e di chi verrà dopo di noi. Per fare questo è però necessario innanzitutto prendere coscienza di quali sono i problemi, che affliggono l’ambiente in cui viviamo, cioè le varie forme d’inquinamento dell’aria, dell’acqua e del suolo, che spesso sono il risultato di svariate attività industriali, ma anche delle nostre abitudini di vita, non sempre corrette, o di forme di gestione della cosa pubblica poco oculate e non lungimiranti. Solo così, con la conoscenza di ciò che può minacciare la nostra salute, si può pensare alle possibili soluzioni per risolvere i problemi ambientali ed acquisire la convinzione che ciascuno di noi, modificando un poco le proprie abitudini, può contribuire al miglioramento dell’ambiente in cui vive, e più in generale del nostro pianeta.
In questa rubrica, ben conosciuta dai lettori di MC, verranno di volta in volta trattate le problematiche ambientali che ci riguardano più da vicino, con una particolare attenzione alle patologie che da loro possono derivare.
Roberto Topino
Rosanna Novara
IL GLOSSARIO DI «NOSTRA MADRE TERRA»
L’ABC DEL PROBLEMA
Amianto (o asbesto) – È il nome che si dà a molti silicati, che si presentano in fibre più o meno flessibili, che possono essere tessute. I più importanti tipi sono l’amianto crisotilo o asbesto vero e proprio, costituito da serpentino a fibre lunghe biancastre o verde-grigiastro; l’amianto anfibolo, costituito da actinoto, anfibolite e tremolite; l’amianto azzurro o crocidolite, contenente anche sodio e ferro. È insolubile, inodore, resistente al calore, alle azioni meccaniche e chimiche, per cui in passato ha trovato largo impiego nell’industria e nell’edilizia. Purtroppo esso ha un elevato potere cancerogeno, riconosciuto dall’Oms negli anni ‘80, per cui in Italia, a partire dal 1994, la legge ne vieta l’estrazione, la lavorazione e la commercializzazione. L’amianto è responsabile dell’insorgenza di asbestosi e di gravi forme di tumore come il mesotelioma pleurico e peritoneale ed il carcinoma polmonare.
Benzene (o benzolo) – È un liquido incolore, facilmente infiammabile, presente nella benzina verde. Si tratta di una sostanza tossica, di cui è accertato il potere cancerogeno. La prolungata permanenza in ambienti contenenti benzene provoca nausea, anemia ed, in alcuni casi, leucemia. È un idrocarburo ciclico, cioè è formato da un anello formato da 6 atomi di carbonio legati tra loro (oltre che con l’idrogeno), per mezzo di legami alternatamente singoli e doppi. È in pratica il capostipite degli idrocarburi aromatici. Nell’ambiente viene rilasciato, oltre che dalla combustione e dall’evaporazione delle benzine, anche dalle perdite di prodotti petroliferi nello stoccaggio e nel trasporto; inoltre, viene liberato con l’impiego di determinate pitture, nel lavaggio a secco e nella produzione di polietilene. Oltre agli effetti patologici sull’uomo e sugli animali, sono stati osservati danni alle piantagioni di cotone ed alle colture di fiori, in particolare di azalee e di orchidee.
Biossido d’azoto (NO2) – Questo, come altri ossidi di azoto, deriva dalla combustione ad elevata temperatura di gasolio, carbone o gas naturale nelle centrali elettriche. Inoltre gli ossidi di azoto, tra cui il biossido, derivano anche dalla produzione di fertilizzanti chimici. I loro effetti principali sono i disturbi respiratori, le piogge acide, la corrosione di metalli, l’effetto serra, la diminuzione dello strato d’ozono.
Biossido di zolfo (anidride solforosa, SO2): così come il triossido di zolfo SO3 è prodotto durante la raffinazione del petrolio, le lavorazioni metallurgiche del rame e del piombo e la produzione dell’acido solforico. La loro presenza nell’aria determina un aumento delle infezioni per via respiratoria, delle malattie cardiache e la corrosione di materiali a seguito della formazione di piogge acide.
GPL – È l’acronimo di «gas petrolifero liquefatto».
Leucemie – Si tratta di un gruppo di tumori maligni del sangue derivanti dai precursori dei leucociti (globuli bianchi) circolanti e tissutali. Esse rappresentano circa il 3% del totale dell’incidenza mondiale del cancro e sono, di solito, distinte sia in base al tipo cellulare d’origine (linfociti, mielociti, monociti), sia dal loro andamento clinico-patologico (forma acuta, subacuta, cronica). Nei bambini al di sotto dei 15 anni d’età, la leucemia è la forma di cancro più comune.
Linfomi – Si tratta di un gruppo piuttosto eterogeneo di tumori, tra cui i più noti sono quello di Hodgkin, i non-Hodgkin ed il linfoma di Burkitt. L’incidenza di queste forme di tumore è aumentata nei paesi occidentali a partire dal 1960, soprattutto tra le popolazioni con elevato livello socio-economico. Anche le leucemie appartengono a questa famiglia, mentre non tutti i linfomi sono leucemie, essendo molti di loro dei tumori solidi.
Materiale particolato (PM10 e PM2,5) – La definizione più corretta per queste forme d’inquinamento è quella di «particelle totali sospese» o PTS. Tali particelle vengono distinte in polveri inalabili o PM10, cioè con diametro inferiore a 10 µm, capaci di penetrare tutto il tratto superiore dell’apparato respiratorio fino ai bronchi e in polveri respirabili o PM2,5, cioè con un diametro inferiore a 2,5 µm, che possono penetrare tutto l’albero respiratorio fino agli alveoli polmonari. La loro liberazione nell’ambiente è dovuta a molteplici attività quali la combustione nelle centrali termiche, negli inceneritori dei rifiuti e negli impianti di riscaldamento domestici, l’attività dei cementifici, delle acciaierie, delle industrie vetraria e tessile e delle raffinerie di petrolio. I loro effetti principali sono le irritazioni polmonari, l’insorgenza di bronchiti, di enfisemi e di tumori maligni.
Mesotelioma pleurico e peritoneale – Questa forma di tumore maligno colpisce quasi esclusivamente la pleura ed il peritoneo ed è noto che si tratta della conseguenza di un’esposizione ambientale o professionale all’asbesto. Queste forme tumorali hanno un lunghissimo periodo di latenza (circa 30 anni) ed un esito quasi sempre mortale. L’incidenza di questi tumori è in aumento in modo preoccupante, soprattutto nei paesi occidentali. Si può, tuttavia, attendere un aumento di questi casi anche nei paesi in via di sviluppo, dove purtroppo trovano tuttora largo impiego manufatti contenenti amianto, come l’eternit, già banditi nei paesi più sviluppati.
Micron – È la millesima parte del millimetro, cioè 0,001 mm. Viene identificato con la lettera greca µ, la quale viene utilizzata anche davanti ad altre unità di misura (per esempio: 1µg = 0,001 grammi).
Monossido di carbonio (CO) ed anidride carbonica (CO2) – Derivano dalla combustione incompleta della benzina, dalle emissioni dell’industria chimica e dall’incenerimento dei rifiuti solidi. Come effetti, il primo riduce la capacità del sangue di trasportare ossigeno, mentre l’anidride carbonica è la principale responsabile dell’effetto serra.
Ozono (O3) – È un gas bluastro dal caratteristico odore pungente, instabile anche a temperatura ordinaria, per cui tende a trasformarsi in ossigeno. Nell’atmosfera si trova solo in piccola quantità. Si forma dall’ossigeno per azione delle scariche elettriche e, per mezzo di reazioni fotochimiche, dagli ossidi d’azoto provenienti dagli scarichi dei motori a combustione intea e delle centrali termoelettriche. L’ozono danneggia i vegetali e molti materiali, tra cui gomme e tessuti; nell’uomo e negli animali provoca bronchiti ed attacchi d’asma. Esso contribuisce inoltre alla formazione della piogge acide e delle cappe di smog.
Piogge acide – Sono precipitazioni atmosferiche caratterizzate da un elevato tenore di acidità, a causa dell’aumento del consumo dei combustibili. Normalmente la pioggia è leggermente acida, con pH 5,6 circa, poiché reagisce con l’anidride carbonica e contiene acido carbonico. Attualmente, in molte zone del mondo e soprattutto nei paesi industrializzati, i dati relativi al pH delle precipitazioni sono molto inferiori alla norma; ad esempio nell’Europa continentale essi sono scesi a pH 4,1. Piogge con pH così basso danneggiano fortemente le foreste ed avvelenano le acque dei laghi e dei fiumi, con gravi conseguenze per la fauna. Tra i principali responsabili della formazione delle piogge acide c’è il biossido di zolfo o anidride solforosa, che reagisce con l’aria umida, ossidandosi e trasformandosi poi in acido solforico. Il meccanismo di formazione delle piogge acide è accelerato dall’inquinamento atmosferico globale, perché le particelle metalliche presenti nell’atmosfera (soprattutto ferro e manganese) catalizzano la reazione di acidificazione, così come l’ozono, il perossido d’idrogeno, l’ammoniaca e gli ossidi di azoto, questi ultimi emessi dalle centrali termoelettriche e dagli scarichi delle automobili.
Radiomimetico – Composto o sostanza con effetti sugli esseri viventi analoghi a quelli di una sostanza radioattiva, cioè effetti mutageni (che provocano mutazioni nel DNA), cancerogeni (che provocano il cancro) e teratogeni (che provocano malformazioni fetali).
(a cura di R.Topino e R.Novara)
(*) Dott. Roberto Topino
Laureato in medicina e chirurgia, specialista in medicina del lavoro, si occupa di patologie legate all’attività lavorativa da circa trent’anni.
È stato cornordinatore della sezione tutela della salute dei lavoratori dell’Asl di Rivoli (Torino).
Dal 1992 esegue accertamenti e revisioni di malattie professionali presso l’Inail di Torino.
Dr.ssa Rosanna Novara
Ha una laurea in scienze biologiche e un dottorato di ricerca in oncologia.
Ha svolto attività di ricerca presso il dipartimento di scienze biomediche ed oncologia umana – sezione di anatomia ed istologia patologica dell’Università di Torino.
Attualmente è docente di anatomia e di fisiologia in una scuola di formazione professionale.
Roberto Topino e Rosanna Novara