Sfratto agli «spiriti»

Religione tradizionale africana e cristianesimo

Mons. Buti Tlhagale, arcivescovo di Johannesburg,
esamina l’impatto del vangelo nella religione tradizionale nell’Africa
Australe. Egli spiega come la conversione al cristianesimo produce un
cambiamento di mentalità: Dio è la sorgente ultima della forza vitale e
non gli antenati. Ma stregoni e indovini hanno ancora un ruolo guida
nella società, per cui poco è cambiato nella vita quotidiana della
gente. La trasformazione portata dal cristianesimo non è ancora
completa e deve essere portata avanti nel rispetto della cultura della
popolazione.

Nel mondo il cristianesimo è proclamato da quasi 2 mila anni; ma in
Africa conta poco più di 150 anni. Benché l’incontro tra la popolazione
indigena e i missionari sia stato difficile, anche gli africani hanno
recepito il vangelo come messaggio destinato a «tutto il mondo e a ogni
creatura» (Mc 16,15);  hanno partecipato all’effusione dello
Spirito e sperimentato il fuoco della pentecoste. I loro cuori sono
stati infiammati dalla parola di Dio, inculcata loro «in tempo e fuori
tempo» (1 Tim 4,2); Gesù Cristo è stato proclamato «via, verità e
vita», la «vera luce che illumina ogni persona» (Gv 1,9), compreso il
popolo africano.

VERITÀ LIBERANTE

L’annuncio cristiano ha prodotto negli africani un impatto
«sovversivo»: ha sconvolto le nozioni tradizionali riguardanti
l’origine e il destino umano; soprattutto, ha inciso profondamente sul
ruolo che gli antenati esercitano nella vita della gente.
Il messaggio evangelico, infatti, risponde alle aspirazioni più
profonde del cuore umano, che coincidono con il progetto di Dio,
origine e meta finale degli esseri umani. «Conoscerai la verità e la
verità ti farà libero» dice il vangelo (Gv 8,32). Nella rivelazione
cristiana Dio è padre dei vivi e dei morti, per cui gli antenati e gli
esseri umani sono tutte sue creature. Di conseguenza Dio solo diventa
il definitivo punto di riferimento, lui solo deve essere l’oggetto di
fedeltà e adorazione, non più gli antenati.
Tale verità libera la mente superstiziosa dalle paure o dalle
suggestioni provocate dagli «spiriti vagabondi». Nel contesto della
fede cristiana, i vivi non aspirano più a essere puramente incorporati,
dopo la morte, nella comunità degli antenati, ma vivono fin d’ora nella
speranza di essere riuniti con Dio, dal quale hanno ricevuto lo spirito
di vita. Inoltre, nasce una nuova consapevolezza: cioè, che gli
antenati non sono imprigionati in un mondo vagamente definito degli
spiriti, ma che anche essi sono in attesa di essere definitivamente
redenti.
La verità su Dio ha la forza di rifondare le relazioni di potere tra i
viventi e gli antenati. Questi ultimi sono inevitabilmente declassati
dallo stato di «quasi idoli». Ai viventi viene offerta la libertà dei
figli di Dio: liberi dalla paura del mondo degli antenati e degli
spiriti maligni, che vagabondano per città e villaggi.
Tutte queste verità vengono accettate in teoria. La conversione a
Cristo produce un cambiamento di mentalità e di percezione della natura
degli antenati: la loro collocazione nell’ordine delle cose non può più
essere la stessa. Nella pratica, però, l’accettazione di tali verità
sembra aver scalfito superficialmente il ruolo, l’influenza e l’impatto
degli antenati nella vita della gente. Il cambiamento non è stato così
radicale come ci si sarebbe aspettato.
Nonostante la chiarezza del messaggio cristiano e l’impegno dei
missionari, gli «spiriti vagabondi» non sono stati «sfrattati» dal loro
piedistallo di «semi-dei» e continuano ad essere consultati, invocati,
temuti.

ANTENATI E IZANGOMA

Nella religione tradizionale africana, il ruolo degli antenati è legato
in generale all’esperienza umana del bene e del male, del benessere e
della disgrazia, della salute e della malattia, della vita e della
morte. In particolare, tale ruolo riguarda il destino dei membri di
ciascun gruppo clanico.
Gli spiriti ancestrali sono descritti come esseri generalmente ben
disposti verso i membri del proprio clan; al tempo stesso, però, sono
ritenuti capaci di infliggere sofferenze ai vivi: o per puro capriccio,
o per punire determinate colpe, o per vendicarsi di essere stati
dimenticati, essi mandano sui loro discendenti ogni specie di male.
Nella visione cosmica africana gli antenati sono la sorgente ultima
delle forze primordiali: un potere misterioso che dà la vita o la
possono distruggere. Per liberarsi da eventuali disgrazie e malattie è
necessario entrare in contatto con le forze primordiali che le
causano. 
Il contatto con gli spiriti ancestrali avviene attraverso il guaritore
o divinatore che nell’Africa australe si chiama isangoma (plurale
izangoma), funzione esercitata in maggioranza da donne, ma non di raro
anche da uomini.
Si dice che l’isangoma è chiamata dagli antenati del proprio gruppo
clanico e sperimenta tale vocazione attraverso la malattia, autentico
segno che essa è posseduta (thwasa) dallo spirito ancestrale e ne
diventa il ricettacolo.
Riconosciuta e accettata tale chiamata, l’isangoma deve sottoporsi a un
lungo tirocinio presso un’altra isangoma, per apprendere l’arte della
divinazione e della guarigione. Al tempo stesso, tale iniziazione
introduce la nuova isangoma a una conoscenza esoterica, ne fa una
persona separata e le conferisce uno stato di «sacralità» che incute
timore e rispetto.
In quanto unico interprete dei desideri degli antenati, l’isangoma ha
il potere di fare scaturire da essi la forza vitale che guarisce. Una
volta diagnosticata la causa della malattia (quasi sempre attribuita
allo scontento degli stessi spiriti ancestrali), procede alla
prescrizione o cura medica, anch’essa suggerita dagli antenati. Tali
cure includono offerte di sacrifici riparatori o propiziatori, rituali
di «fortificazione» contro stregonerie e sortilegi, riti di
purificazione (esposizione a fumi e vapori, bagni in acque lustrali,
assunzione di sostante che provocano vomito, incensature, lavaggi
intestinali…) e assunzione di medicine vere e proprie.

MALATTIA,  MEDICINA E GUARIGIONE

L’indovino è uno specialista nelle malattie africane (ukufa kwabantu),
che fanno parte della visione africana del mondo. La malattia è
percepita come uno spirito, che può essere incarnato in una sostanza
(come il sejeso/idliso, veleno africano) o rimanere nella forma di
spirito; può essere diretto contro altre persone.
Sono tanti i mezzi con cui può essere causata una malattia:
direttamente dagli spiriti, da fattucchieri (gettando il malocchio su
un oggetto della vittima), da stregoni mediante le medicine, da odio e
gelosia. In questo caso la persona gelosa può richiedere i servizi del
fattucchiere per causare un malanno.
La malattia quindi è nel cuore di un sistema di credenze che comprende
da una parte antenati, maghe e stregoni, e dall’altra sentimenti di
odio e gelosia, emanati dal cuore umano. La malattia si dipana nel
tessuto di relazioni frantumate tra gli stessi viventi o tra i vivi e
gli antenati. La malattia africana non è un avvenimento accidentale, ma
è sempre causata da agenti malvagi, da qualche persona, viva o morta.
In una società come quella africana, dove le relazioni umane sono
fortemente sentite e ricercate, quando capitano eventi sfortunati e
inesplicabili, fioriscono i sospetti. Tale percezione della malattia è
caratteristica e profondamente impressa nella psiche africana. Di
fronte alla malaria, per esempio, l’africano non si accontenta di
sapere che essa è causata dalla zanzara; egli si chiede: chi ha mandato
la zanzara per pungermi?
Anche la medicina, al pari della malattia, è intesa come un «potere
misterioso». Per questo sono offerti sacrifici per placare l’ira degli
spiriti ancestrali; si esorcizzano gli spiriti maligni picchiando le
loro vittime, oppure vengono scacciati dal corpo con il vomito, bevendo
acqua mescolata al sale o cenere; si inseriscono medicine sotto la
pelle (ukugcoba) per proteggere la vittima dal male; si indossano
amuleti protettivi per contrastare il potere degli spiriti maligni. La
medicina per rinvigorire la forza vitale è ricavata da parti del corpo
umano, peli di animali selvatici, pelle di serpenti.
 Anche se malattia e cura riguardano il corpo umano, esse
appartengono al regno spirituale. Corpo e spirito costituiscono una
sola realtà. Per questo le izangoma, non si limitano a individuare le
cause delle malattie e l’eventuale mandante, a prescrivere rimedi e
medicine, ma cercano di far  scaturire dagli antenati un
contro-potere che si oppone alle forze distruttive o previene quelle
dei demoni vagabondi che spargono malanni.
Scopo dell’isangoma è sempre quello di ristabilire pacifiche relazioni
tra gli esseri viventi, tra i vivi e il regno degli spiriti. Il
processo per tale pacificazione e i riti usati denotano in lei una
discreta esperienza psicologica e sociale. Essa conosce odi e amori
interpersonali, conflitti e alleanze tra i gruppi familiari. È stato
più volte provato che proprio l’attenzione e interesse dell’isangoma
verso i suoi pazienti, la sua capacità di dipanare la matassa delle
relazioni familiari e comunitarie sono alla base di certe sorprendenti
guarigioni.
Il coinvolgimento fisico e mentale del paziente e dei familiari è
un’altra chiave di volta della guarigione, in vista dello
ristabilimento della pace e dell’armonia che devono esistere nel
paziente stesso, tra individuo, gruppo, ambiente, mondo degli antenati
e degli spiriti.
I riti stessi hanno una forte componente di suggestione simbolica e
psicologica: l’isangoma danza e canta, fa danzare e cantare; va in
trance per entrare in comunione con gli spiriti; pazienti e familiari
vedono con i loro occhi la malattia che viene «vomitata» per la
somministrazione di emetici; fumigazioni e bagni nell’acqua lustrale li
proteggono dall’assalto delle forze ostili; il capro espiatorio, a cui
viene addossato il castigo per il male, li libera dalla paura.

DISAGIO DEI CRISTIANI

Il culto degli antenati è più di una semplice «ritualizzazione di pietà
filiale»; è la «via africana» di affrontare e vivere il mistero del
male e della sofferenza; il modo con cui gli africani celebrano e
comunicano con il mistero del sacro in cui sono immersi. Si tratta di
un rituale diretto a rivitalizzare le forze naturali e celebrare la
nuova vita o assorbire il dolore della dissoluzione della vita.
Inoltre, è il riconoscimento rituale dell’esistenza di una realtà
spirituale, una intensità di potere al di là della vita e delle cose
naturali.
I cristiani sudafricani non solo capiscono perfettamente questa visione
del mondo, ma la condividono: ne fanno parte. Essi appartengono a due
mondi, quello tradizionale e quello cristiano, che non si sono ancora
armonizzati.
E questo crea non poco disagio tra i cristiani: alcuni giungono perfino
a stigmatizzare il mondo tradizionale e i suoi metodi di guarigione, ma
poi sono felici di farvi ricorso, quando sperimentano disgrazie e
sofferenze. È ormai di dominio comune l’osservazione di G. C.
Oosthuizen, professore di Scienza delle religioni all’Università di
Durban: «Durante il giorno e nelle conversazioni molti fedeli delle
chiese storiche si dissociano dalle chiese indigene, ma sono presenti
nei raduni nottui di guarigione» (Oosthuizen 1992). E durante tali
riunioni non si fa altro di diverso da ciò che fanno le izangoma nelle
cerimonie di guarigione.
Tale disagio deriva dal fatto che i cristiani continuano a far parte
della visione cosmica africana e credono nella presenza degli spiriti
ancestrali, ma sono incerti su come conciliare la credenza nella
mediazione degli spiriti con il nuovo contesto cristiano. Tale
inquietudine è sentita soprattutto in molti cattolici, quando vedono
che alcune izangoma frequentano la chiesa e desiderano ricevere
l’eucaristia. «Possono le izangoma ricevere la comunione?» si
domandano, dal momento che esse pretendono di ricevere conoscenza
esoterica, chiaroveggenza e poteri di guarigione dagli antenati e non
da Gesù Cristo. Anzi, tale potere è percepito in opposizione o in
competizione con quello di Cristo. Cristo e gli antenati sono visti
come due autorità spirituali differenti. Per questo alcuni cattolici
sostengono che non si può essere fedeli a tutti e due.

CHIESE INDIPENDENTI

Se alla luce della fede cristiana gli antenati non hanno quel potere
straordinario accordato loro dalla tradizione africana, ne dovrebbe
derivare una riduzione radicale del loro ruolo tra gli esseri viventi.
Invece l’abbondante presenza di indovini e izangoma, quali interpreti e
mediatori degli spiriti ancestrali, dimostra che è ancora molto forte
la credenza nel potere sovrumano degli antenati e l’esistenza di demoni
e spiriti maligni in giro per il mondo.
Tale sistema di credenze tradizionali è stato adottato da varie chiese
indipendenti africane, nelle quali vengono miscelate le credenze
tradizionali africane e alcuni elementi provenienti dal cristianesimo.
Esempio significativo di tale sincretismo è rappresentato dalla chiesa
zionista, i cui «profeti» sono la versione modea degli indovini
tradizionali: si dicono chiamati da un antenato e dallo Spirito Santo;
in alcuni casi lo Spirito Santo rimpiazza lo spirito ancestrale.
Le due tradizioni non stanno comodamente assieme: è un caso di vino
vecchio in otri nuovi. I riti di guarigione celebrati nelle chiese
indipendenti sono gli stessi compiuti dalle izangoma. Se da una parte
il contesto sociale offerto da tali chiese sembrerebbe liberare i
cristiani dallo stigma legato alle credenze africane nella stregoneria
e negli spiriti maligni, dall’altra sono considerate come un «movimento
moderno fabbricatore di streghe».
Eppure alle chiese indipendenti bisogna riconoscere alcuni meriti.
Innanzitutto, a differenza delle chiese cristiane storiche (cattoliche
e riformate), esse hanno preso sul serio la visione cosmica
tradizionale africana e hanno tentato il dialogo con la religione
cristiana. In secondo luogo, sembrano sapere affrontare meglio dei
cristiani le condizioni di sofferenza della gente, offrendo loro il
senso di appartenenza alla famiglia e comunità. Infine le chiese
indipendenti permettono alle donne di giocare un ruolo significativo
nella vita sociale.
Nonostante ciò, non viene cancellato il loro grande limite:  esse
stanno perpetuando credenze superstiziose, invece di sfidarle alla luce
della nuova esperienza di fede.
Guarigione nella
tradizione cristiana
Nella tradizione della chiesa primitiva, il rituale di guarigione
consisteva nell’unzione con olio e acqua da bere. A questi elementi era
attribuito, nel nome di Gesù Cristo, il potere di guarire, «così che
ogni febbre, ogni demone e ogni malattia possa sparire con questa
bevanda e questa unzione» (Empereur 1986).
Nella tradizione cristiana, quindi, la guarigione è fatta non in nome
degli antenati, ma nel nome e con il potere di Gesù Cristo, trasmesso
dagli apostoli: «C’è tra voi un ammalato? Chiamate gli anziani della
comunità ed essi preghino su di lui, ungendolo con olio nel nome del
Signore» (Gc 5,13-15).
Inoltre, nella tradizione cristiana la guarigione implica la fede da
parte del malato e il perdono dei peccati. È la fede che dà al paziente
la capacità di conoscere e partecipare al potere redentivo di Cristo,
che porta la riconciliazione, non solo con la comunità e gli antenati,
ma anche con Dio e con la chiesa.
Posti questi principi si impongono alcune domande: i cristiani che
lasciano le loro chiese per attendere alle sessioni di guarigione nelle
chiese indigene o per consultare le izangoma lo fanno perché dubitano
del potere di guarigione di Cristo, oppure perché non trovano nelle
chiese storiche quel supporto sociale, psicologico, comunitario che
hanno saputo creare le chiese indipendenti?
Soprattutto, per superare il disagio dei cristiani delle chiese
storiche, non basta rispondere alla questione se questa o quella
isangoma può ricevere la comunione. Il vero problema riguarda gli
aspetti di compatibilità o incompatibilità tra il sistema di credenze
africano e il cristianesimo. È una questione di quanta strada abbia
fatto il processo di evangelizzazione e se sia stato sviluppato o meno
un atteggiamento critico nei confronti della cultura tradizionale alla
luce del messaggio cristiano.
In tale processo critico, il potere di guarigione degli antenati e le
izangoma possono essere viste in una luce differente: la guarigione
viene mediante la fede in Cristo, invocato nel contesto del rituale di
guarigione tradizionale; gli antenati possono anche essere invocati,
non però come sorgenti ultime di potere in sé stessi, ma piuttosto come
mediatori, poiché ora è Cristo la sorgente basilare del potere di
guarigione.
Una cosa sta diventando sempre più chiara: la conversazione non avviene
in un giorno e l’annuncio del vangelo non può più essere un monologo.
Il sistema di credenze o la cosmovisione in cui è predicato il vangelo
devono essere presi seriamente in considerazione, fino a instaurare un
dialogo aperto.
Non si può pretendere di cancellare (o anche ridurre) la credenza nel
potente influsso degli antenati, semplicemente retrocedendoli a un
rango inferiore nella gerarchia delle forze. Stregoneria e divinazione
non spariranno dichiarandoli semplicemente una finzione
dell’immaginazione delle società tradizionali. La presenza degli
spiriti maligni resisterà contro ogni tentativo di bandirla
sommariamente dal cosmo africani.
È in questione la maniera tradizionale africana di affrontare i poteri
soprannaturali e la realtà del male. Queste forze costituiscono il
tessuto delle relazioni umane, sono una parte integrale dell’esperienza
religiosa africana e perciò la base di una spiritualità africana. Per
cui bisogna fare attenzione quando si è troppo preoccupati del potere
degli antenati, del male della stregoneria e della dittatura dei
demoni: cercando di eliminare il mitico e il superstizioso si rischia
di gettare via il bambino con l’acqua sporca.
Non è possibile giustapporre semplicemente una nuova serie di dogmi
accanto a «verità antiche», ritenendole ormai ridondanti o inadeguate
all’incontro con la fede cristiana. Il nuovo deve coinvolgere il
vecchio con tutta la sua limitatezza, altrimenti l’anima africana sarà
lacerata e strappata dal suo centro vitale e non riuscirà ad accettare
un altro centro su cui strutturarsi.
La novità evangelica deve essere articolata in tal maniera che
l’esperienza umana non venga privata del proprio modo culturale di
esprimersi e, al tempo stesso, deve permettere la trasfigurazione e
purificazione della vecchia verità, operate dal potere vivificante del
vangelo. 

Buti Tlhagale

Buti Tlhagale

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