MESSICO, fagioli neri e champagne
Preti d’America
È la dodicesima potenza economica mondiale.
Ha alcuni tra gli uomini più ricchi del pianeta. Ma, allo stesso tempo, è un paese con enormi disparità.
Ne abbiamo parlato con padre Gabriel Estrada Santoyo, missionario comboniano, poco dopo la controversa elezione del nuovo presidente, il conservatore Felipe Calderón.
Soltanto lo scorso 5 settembre, due mesi dopo le elezioni, il Tribunale federale elettorale ha ufficializzato la vittoria di Felipe Calderón, candidato del Partito d’azione nazionale (Pan). Per i prossimi 6 anni, sarà lui il presidente del Messico, dodicesima potenza economica mondiale. Intanto, lo scorso 4 ottobre il presidente degli Stati Uniti ha firmato la legge che prevede la costruzione di un lungo muro tra Messico e Usa, per frenare l’immigrazione illegale (cfr. Glossario). Di tutto ciò abbiamo parlato con padre Gabriel Estrada Santoyo, missionario comboniano, nato in Messico nello stato di Michoacán, sacerdote da quasi 20 anni. Padre Estrada ha lavorato in Brasile, Perù e Bolivia. Dal 2000 è tornato nel suo paese natale. Vive a Città del Messico, dove lavora come produttore televisivo per la chiesa locale. Collabora anche con Esne Tv, canale cattolico che trasmette da Los Angeles (Califoia).
Vicente Fox:
sei anni di delusioni
Quando, nel luglio del 2000, Vicente Fox pose fine al dominio del Partito rivoluzionario istituzionale (Pri) si parlò di svolta epocale per il Messico. Padre Gabriel, oggi, a mandato presidenziale concluso, come giudica gli anni di governo di Vicente Fox?
«I vescovi messicani avevano progettato alcuni elementi da prendere in considerazione per aiutare la transizione democratica. Fox, il candidato trionfatore, li aveva assunti come impegno e programma di lavoro. Oggi, trascorsi i 6 anni di presidenza, vediamo che molte di quelle promesse furono solo demagogia elettorale e che anzi la situazione si è aggravata preoccupantemente. È cresciuta la minaccia di una regressione autoritaria (anche per via elettorale), nonché la minaccia più temuta di tutte: la violenza tra fratelli (come accaduto ad Oaxaca a fine ottobre, ndr)».
A parte il 2001, per l’economia messicana questi anni non sono stati negativi. Fox ne ha approfittato per far progredire il paese?
«Il periodo di governo di Vicente Fox è stato favorito da una certa stabilità economica mondiale e dal mercato petrolifero. L’innalzamento del prezzo del greggio lo ha aiutato moltissimo a tenere tranquilli i leaders dei partiti d’opposizione. Gli ha permesso altresì di aumentare i sussidi ai singoli stati, molti dei quali, non sapendo come spendere questo bonus, si sono dedicati alla costruzione di opere faraoniche non necessarie. Altri, devotamente, hanno aiutato nella costruzione di alcune cattedrali o santuari secondo la vecchia usanza del Pri.
Si è sempre detto che Fox è stato “un eccellente candidato ma un pessimo presidente”. È stato come uno di quei cavalli che hanno un buon slancio ma poi si perdono nella corsa. Egli non ha saputo lottare con il potere e la sua preparazione amministrativa e commerciale non gli è servita molto per governare tutta una nazione. Questo suo stile “rancero” si è scontrato con la classe politica; i suoi continui errori nel parlare e i suoi atteggiamenti popolani sono stati criticati dalla classe intellettuale e sono stati sempre motivo di burla da parte dei mezzi di comunicazione.
Oltre a ciò la “primera dama”, la quale non era inclusa nel pacchetto iniziale (Marta Sahagun Jiménez, sposata da Fox nel luglio 2001, ndr), ha pesato molto su questo mandato presidenziale. Sulla signora Fox sono cadute accuse di ogni tipo: corruzione e arricchimento illecito dei parenti; abuso di posizioni di potere; spese superflue in viaggi e vestiti; le iniziative della fondazione “Vamos Mexico”, da lei presieduta senza mai chiarire le sue entrate e uscite economiche.
Altra cosa che ha influenzato pesantemente il cammino del paese in questi sei anni è stato senza dubbio la crescita del narcotraffico, il suo radicamento in alcuni stati del paese (il caso più noto è quello dello stato di Sinaloa, ndr), la indifferenza del presidente verso queste ruberie e verso le esplosioni di violenza. Molti sostengono che stiamo andando verso una “colombizzazione del paese”, un paese senza legge, dove la violenza è aumentata in forma spaventosa, dove ogni giorno le morti e le rese dei conti sono le notizie principali nei telegiornali nazionali».
Calderón o Obrador:
chi ha vinto veramente?
Lo scorso luglio Felipe Calderón (candidato del Pan) ha battuto per pochi voti Lopez Obrador (candidato del Prd). Ma Obrador ha parlato di brogli massicci. Secondo lei, sono state elezioni regolari o no?
«Senza dubbio queste elezioni sono state pianificate dal potere in una maniera tanto meticolosa da farci credere che tutto sia stato legale e pulito. Per arrivare ad una simile vittoria si è messo in moto tutto l’apparato dello stato: l’intervento della presidenza della repubblica con programmi sociali per comprare il voto a favore del suo candidato; l’aperta campagna dello stesso presidente Fox in tutti gli ambiti pubblici in cui egli si presentava; la cupola imprenditoriale del Pan che ha fatto una propria campagna. E poi la guerra sporca fatta per screditare Obrador, dicendo che egli costituiva un pericolo per il Messico, diffondendo timori (in puro stile nazista) tra le classi meno protette. Per tutto questo non si può parlare di elezioni limpide.
Comprendo perciò le mobilitazioni e le marce in favore del candidato del Prd. La protesta è stata a livello nazionale. Qui, nella capitale della repubblica, alla prima manifestazione si sono radunate un milione e 200 mila persone; alla seconda, domenica 30 luglio, i manifestanti sono stati più di 2 milioni. Insomma, con il governo del Pan si sono ripetute le stesse trappole messe in atto dal Pri nei suoi 71 anni di “dittatura perfetta” (definizione dello scrittore Mario Vargas-Llosa, ndr). Sfortunatamente il potere cambia le persone e qui noi lo stiamo vedendo chiaramente».
Il neopresidente Felipe Calderón goveerà come Vicente Fox?
«Non si può prevedere esattamente che cosa avverrà con Calderón. Io credo, però, che ci sarà una continuità politica dato che le linee del partito sono rimaste le stesse. Potrebbe accadere che nei prossimi sei anni aumenti l’intransigenza dato che nell’équipe di Calderón ci sono gruppi di fanatici di ultra destra che potrebbero creare seri conflitti».
Televisa e Tv Azteca:
sempre con i vincitori
Lei lavora nel campo della produzione televisiva. In tutto il mondo, i mezzi di comunicazione e in particolare le televisioni giocano un ruolo fondamentale nelle elezioni. Dal suo osservatorio privilegiato, può spiegarci com’è andata in Messico?
«I mezzi di comunicazione si sono venduti al migliore offerente: chi pagava loro lo spazio poteva andare in onda. L’Istituto elettorale federale (Ife) aveva posto un limite alle spese di propaganda sui mezzi di comunicazione. La cosa non è stata però rispettata in alcun momento da parte del Pan, danneggiando molto gli altri candidati. Quel partito ha speso milioni di pesos.
Apparentemente Televisa e Tv Azteca, le due catene televisive più grandi del paese (cfr. Glossario), sono state molto attente a non sbilanciarsi troppo su un lato o sull’altro e questo perché le elezioni erano tanto incerte che esse correvano il rischio di “bruciarsi” con il candidato vincitore. Senza dubbio, dopo il primo annuncio di Calderón come possibile vincitore, si è vista immediatamente la simpatia di entrambe le televisioni per detto candidato, ponendo sempre il presunto perdente Obrador come un destabilizzatore della pace sociale del paese, come qualcuno che stava facendo perdere milioni di pesos alla borsa messicana. Come qualcuno che attentava contro gli interessi molto particolari dei due gruppi televisivi. Va ricordato che Obrador ha sempre parlato contro i monopoli televisivi esistenti nel paese e mai è stato d’accordo con la famosa legge di radio e televisione, recentemente approvata. Senza dubbio tutto ciò ha favorito Calderón».
Poco stato, poca giustizia
Lo stato offre adeguati servizi pubblici alla popolazione messicana (scuola, sanità, trasporti, pensioni) oppure anche qui ha vinto il modello neoliberista?
«L’indice di mortalità è diminuito. Però dire che in Messico tutti hanno il diritto alla salute è molto lontano dalla realtà. Si continua ad avere cittadini messicani che non hanno un centro di salute nel raggio di cento chilometri. Penso pertanto che la salute come servizio pubblico negli anni di Fox sia regredita. L’assicurazione sociale poi non dispone di fondi sufficienti per avere un maggior numero di medicine. Si continua quindi a prescrivere “aspirine” per ogni patologia… ».
E a livello di istruzione come vanno le cose, padre?
«Per quanto riguarda l’educazione a livello universitario continua ad essere un lusso che molti non possono pagare. In generale, moltissimi debbono cominciare a lavorare in giovane età per guadagnarsi la sopravvivenza. Soltanto una minoranza che termina la scuola media può aspirare ad una iscrizione universitaria; nell’università pubblica i posti sono limitati, mentre in quella privata i prezzi sono inaccessibili. Senza dimenticare che, in questi ultimi anni, il livello scolastico si è abbassato considerevolmente. Si possono incontrare giovani che hanno terminato l’istruzione secondaria senza saper leggere ed altri che sanno leggere ma non hanno una ortografia corretta».
Il Messico è un paese giovane. Ma esiste un’assistenza pubblica per le persone anziane? Obrador, quando era governatore del Distretto federale, aveva tentato qualcosa…
«Le pensioni per la gente anziana non esistono come tali per la legge messicana. Esiste soltanto un diritto per chi era assicurato dallo stato durante il suo tempo di lavoro cioè fino ai 65 anni di età. Tutti coloro che non avevano un lavoro pagato da alcuna impresa non hanno alcun diritto: casalinghe, contadini ed altri non possono pertanto godere di alcun beneficio. Nel Distretto federale, durante il suo governo, Obrador cominciò a dare una piccola pensione a tutte le persone maggiori di 60 anni e per questo fu duramente accusato di populismo dal governo Fox. Tuttavia molta gente anziana della mia parrocchia vive con quei 65 dollari mensili che il governo della capitale le offre. Anche nella campagna presidenziale Calderón ha proposto qualcosa di simile se avesse vinto e anche questa volta è stato tacciato di populismo».
L’imbroglio petrolifero
e la trappola del Nafta
Parliamo di economia, padre. Le famose maquilas (cfr. Glossario) portano benefici al paese?
«Le maquilas vanno e vengono: non c’è una sicurezza di lavoro con esse. La politica dello stato verso le maquilas non è mai stata chiara. Hanno dato loro molti benefici per installarsi nel nostro paese, ma non si è mai richiesto di pagare un salario giusto ai loro dipendenti. Intanto, negli ultimi 5 anni, migliaia di maquilas sono andate dal Messico alla Cina, dove come sappiamo, la manodopera è cinque volte meno costosa del Messico. Quelle che arrivano da noi lo fanno soltanto per la vicinanza con gli Stati Uniti. I lavoratori delle maquilas costituiscono una vera e propria manodopera schiava. Non dimentichiamo che sono proprio donne che lavoravano nelle maquilas quelle che sono state assassinate a Ciudad Juárez».
L’alto prezzo del petrolio (di cui il Messico è grande produttore) ha portato benefici al paese o soltanto a pochi privilegiati?
«Il tema del petrolio è un tema complesso. Il Pri ci ha lasciato in eredità un sindacato petrolifero ingovernabile e per di più corrotto. I dirigenti petroliferi sono gli unici beneficiari dell’incremento dei prezzi petroliferi, molti sono implicati in ruberie milionarie ma nessuno di essi sta in carcere. La gente del popolo non ha quindi beneficiato per nulla dell’aumento delle entrate petrolifere. Fox non è mai stato chiaro su queste questioni. Avendo timore dei sindacati del Pri, ha preferito chiudere gli occhi davanti al furto, convertendosi quindi in complice. Probabilmente alla fine del suo governo, le cose appariranno più chiare e sapremo cosa sta dietro questa complicità , come è solito succedere al termine di ciascun sestennio presidenziale».
Messico e Usa (con il Canada) sono legati dal 1994 dall’accordo Nafta. Secondo i messicani, il trattato ha portato più conseguenze negative o positive?
«Per la grande maggioranza dei messicani il Trattato di libero commercio con gli Stati Uniti è stato negativo. Soltanto pochi grandi impresari hanno beneficiato di esso. Per la maggioranza esso ha significato la morte delle loro piccole imprese che non sono state in grado di competere con i prodotti venuti da fuori. C’è poi la poca chiarezza del Trattato. Noi accettiamo senza fiatare tutto quello che loro ci vendono mentre loro con molta facilità vietano i nostri prodotti, inventando un gran numero di ragioni false. Esempio: io provengo da uno stato che è il primo produttore mondiale di “aguacate” (conosciuto anche come “avocado”, ndr), frutto cui, per molti anni, gli Stati Uniti hanno vietato l’ingresso nel paese, argomentando che, negli anni Cinquanta, esso aveva una malattia, che però già dagli anni Settanta è stata sradicata. La malattia non esiste più ma soltanto pochi stati degli Usa (13 in tutto) accettano il nostro aguacate. Come interpretare tutto questo? Ci sono una serie di requisiti che loro violano con estrema facilità. Ci mandano latte in cattivo stato di conservazione, prodotti scaduti ecc. Abbiamo dovuto chiudere le industrie zuccheriere del paese perché siamo obbligati a comprare da loro glucosio per l’industria delle bibite. Senza alcun dubbio di tutto questo è colpevole il nostro governo che si piega molto facilmente a tutte le loro richieste e nel contempo non è capace di difendere i nostri prodotti sul loro mercato. In altre parole, noi lasciamo entrare tutto senza guardare la qualità, mentre loro esigono da noi l’adempimento di ogni minima cosa».
Il Nafta ha causato la caduta dei prezzi dei prodotti agricoli, mandando in rovina circa 2 milioni di contadini messicani. Oggi a che punto è la questione agraria?
«Altro tema complesso. Da tempo immemorabile non esiste una politica di aiuto all’agricoltura. Ci sono stati soltanto inganni e programmi inefficienti da cui derivano benefici per pochissimi. Come risultato si sono verificate grandi migrazioni verso le città, da dove poi molto difficilmente i contadini ritoeranno alle loro terre.
Anche perché molti agricoltori, per sopravvivere, hanno svenduto. Così pochi “furbi” si sono andati arricchendo con le loro terre, costituendo grandi estensioni e guadagnando con produzioni vantaggiose, sempre e comunque per un beneficio personale».
Miliardari e nullatenenti:
è giusto così?
Per molti messicani gli Stati Uniti sono il paradiso da raggiungere a qualsiasi costo. Perché?
«Sappiamo perfettamente che il problema della migrazione è un problema di mancanza di impiego e di opportunità nel nostro paese. E non è solamente la gente semplice e senza studi che va in cerca del “sogno americano”. Allo stesso tempo abbiamo una grande fuga di cervelli, i quali trovano l’opportunità di progredire con l’aiuto del governo gringo, che li incentiva a progredire nel proprio campo. Per i nostri contadini c’è invece un impiego che li aiuta perlomeno a coprire le loro necessità basilari: non va dimenticato che gli Stati Uniti necessitano sempre di molta manodopera.
Fox, che si professa grande amico di Bush, non ha ottenuto alcuna concessione in tema migratorio. Hanno fatto molto di più i nostri connazionali illegali che, come sappiamo, attraverso manifestazioni multitudinarie (come quelle del 2 maggio, ndr) stanno obbligando il governo di Bush a discutere sulla questione e a legalizzare un buon numero di essi. Tutto questo, però, comporta costi molto alti: le retate quotidiane della polizia statunitense per deportare migliaia di indocumentati; il famoso muro della vergogna, tanto discusso ecc. ecc.».
Come porre un freno alla fuga verso il Nord?
«Un primo freno alla migrazione ci sarà quando il Messico sarà in grado di offrire migliori opportunità alla sua gente, a tutti i livelli, nei campi del lavoro, della sanità, dell’istruzione, dell’economia, ecc.».
Secondo la rivista statunitense Forbes, il messicano Carlos Slim Helu è il terzo uomo più ricco del mondo. A parte Slim, in Messico ci sono molte famiglie tra le più ricche del pianeta. Il fenomeno della concentrazione della ricchezza in pochissime mani è tuttora vigente?
«Il tema della giustizia sociale è una questione pendente che il Messico non sa come risolvere. La storia del signor Carlos Slim è molto emblematica per capire anche gli altri grandi ricchi del paese: Slim “compera” dal suo amico, il presidente Carlos Salinas, l’impresa telefonica di stato (Teléfonos de México, cfr. Glossario) per pochi milioni, un investimento che recupera a tempo di record in alcuni mesi, aumentando le tariffe del servizio telefonico senza alcun controllo del governo, senza che la gente possa reclamare per le alte spese delle sue bollette telefoniche. Il signor Slim cresce come panna montata nel mondo della finanza, comprando a destra e a sinistra imprese ed aumentando i poveri del paese. Questo caso illumina un po’ quello che è successo a molti altri milionari del paese. Ad esempio, il signor Ricardo Salinas Pliego, che ha comprato la televisione di stato (Imevision) per una cifra irrisoria e ora è tra i cinque uomini più ricchi del Messico».
Padre Gabriel, secondo lei esiste un’economia che si possa definire etica?
«Siamo davanti ad una economia senza Dio o meglio l’unico dio riconosciuto è il denaro. No, l’economia manca completamente di etica. Ma la cosa più drammatica è il silenzio dei nostri pastori davanti alla situazione e la loro amicizia complice con molti di quegli impresari (la maggioranza dei quali si dice cattolica), che pagano salari ingiusti e miserabili ai loro dipendenti».
La condizione femminile
e il caso di Ciudad Juárez
In Messico, il machismo è ancora molto diffuso? L’uomo medio messicano come si comporta con la moglie, i figli, ecc.?
«Per fortuna le cose sono cambiate per il meglio in questo aspetto. L’accesso all’istruzione ha agevolato molto questo cambio. I mezzi di comunicazione inoltre hanno fatto conoscere i diritti fondamentali della persona umana. La stessa chiesa ha mutato la sua predicazione in cui si evidenziavano la sottomissione della donna all’uomo, l’uomo come unico capo della famiglia e cose di questo genere. Ha favorito il cambio il fatto che la donna abbia più opportunità sia nel campo dell’istruzione che in quello del lavoro. Da ultimo, il cambio è venuto dai figli i quali, come sappiamo, hanno oggi molti altri “educatori” e questo significa che i loro genitori non hanno più l’ultima parola, cosicché occorre negoziare su molte cose».
Dunque, la condizione delle donne è migliorata rispetto al passato?
«Oggi per loro ci sono più opportunità. I genitori sono più coscienti che debbono mandare a scuola tanto il maschio come la femmina. C’è una competizione aperta nel campo lavorativo. Oserei dire che nelle grandi città sono più le donne che concludono i corsi universitari rispetto agli uomini.
Oggi la donna sposata non ha tanti figli come anteriormente. In media, ha dai 2 ai 3 figli, mentre dobbiamo ricordarci che, fino a 20 o 30 anni fa, per una famiglia la normalità erano 8 o 10 figli. Infine, non va dimenticato il numero sempre maggiore di donne non sposate».
Se la condizione femminile è migliorata, allora come spiegare il caso di Ciudad Juárez (cfr. Glossario)?
«Il caso delle donne assassinate a Ciudad Juárez è un caso unico e tuttora non risolto, anche perché si vede poca volontà di risolverlo da parte dei vari governi. Ci sono varie ipotesi al riguardo: alcuni correlano il fenomeno al narcotraffico, altri ad alcuni gruppi di assassini seriali provenienti dagli Stati Uniti, altri ancora alla normale violenza contro le donne in questa città. Non va dimenticato che la grande maggioranza delle donne uccise provenivano da altri stati ed erano arrivate in questo posto di frontiera in cerca di lavoro».
Agli indios del Chiapas
non basta Marcos
In Messico, ci sono 56 gruppi indigeni, che rappresentano circa il 25-30 per cento della popolazione totale. Gli indios del Chiapas sono i più noti perché si sono ribellati alla loro condizione. Che ne pensa, padre?
«I governi di tuo hanno fatto poco per la popolazione indigena. Questa rappresenta quella parte della popolazione messicana che manca anche dell’indispensabile. Il Chiapas è uno degli stati messicani più dimenticati. Il governo di Fox non ha fatto niente per superare questa dimenticanza, anzi ha mostrato una notevole indifferenza. Gli stessi mezzi di comunicazione si sono alleati al governo per parlare poco di questa situazione di povertà estrema, secondo la regola per cui ciò che non apporta voti non è di interesse per il governo. Per tutte queste ragioni sono più che giustificate le proteste che sono state fatte in Chiapas. In tutta sincerità io credo che c’è più interesse ed informazione all’esterno del Messico che all’interno e ciò dovrebbe far vergognare i messicani. Credo inoltre che con la partenza di mons. Samuel Ruiz dal Chiapas siano venute meno molte delle voci a favore degli indigeni di questa zona del Messico».
È rimasto il subcomandante Marcos, che in Italia è sempre molto famoso…
«Marcos ha compiuto alcuni gravi errori in questo sestennio e ciò ha prodotto molta indifferenza da parte di un buon numero di simpatizzanti. Fox lo annullava con la sua mancanza di dialogo e la sua indifferenza. Quando egli affermava che in 15 minuti avrebbe potuto risolvere il caso del Chiapas, non voleva dire altra cosa se non che la migliore arma per annullare Marcos era di non prestare attenzione ai suoi reclami. Tutto questo va letto assieme a certe dichiarazioni di Marcos, per esempio a favore dell’Eta spagnola o contro lo stesso Obrador… Ci sono, infine, i malpensanti i quali affermano che Marcos si è venduto al governo di Fox come dimostrerebbe il silenzio che egli ha tenuto durante questi ultimi sei anni. Un silenzio che gli è valso la totale dimenticanza di gran parte della popolazione».
La chiesa, le sètte,
i legionari di Cristo
Qual è l’importanza della religione in Messico?
«Continua ad essere motivo di unità nel paese. Senza dubbio però non c’è una profonda evangelizzazione nella nostra gente. La rottura tra fede e vita fa sì che tutta questa serie di ingiustizie che caratterizzano il Messico vengano giustificate. Ci sono narcotrafficanti cattolicissimi che da un lato ammazzano, dall’altro presenziano alla messa domenicale e sono i principali benefattori della chiesa. D’altra parte, sempre a causa di questa evangelizzazione rachitica, la gente umile si sposta facilmente verso altre religioni oppure frequenta altri riti o ancora sviluppa riti sincretici o combina la sua fede cattolica con esoterismi senza alcun problema di coscienza.
Adesso, qui in Messico, è di moda il culto della “santa morte” (cfr. Glossa-
rio), devozione nata tra i narcotrafficanti e i ladroni che sta causando grossi problemi alla chiesa cattolica. Non di meno la maggioranza dei suoi seguaci si dice cattolica».
In Messico, ci sono molti istituti missionari. Come operano? Sono in accordo con la gerarchia cattolica del paese?
«Generalmente in Messico gli istituti missionari lavorano nelle situazioni di frontiera, tra gli indigeni soprattutto. In molte diocesi noi siamo semplicemente tollerati, quasi mai valorizzati dai vescovi che sempre ci vedono come un pericolo a livello vocazionale (cioè temono che possiamo sottrargli candidati) e a livello economico. Attualmente c’è un fiorire di vocazioni diocesane ma non di vocazioni missionarie perché, come spiegato anteriormente, noi non godiamo di un appoggio aperto e cosciente dei nostri prelati. Il Messico è stato l’iniziatore dei famosi congressi missionari, che ora si tengono ovunque. Senza dubbio, essi hanno suscitato euforia, ma come chiesa messicana non ci hanno portato ad assumere impegni. Abbiamo vocazioni sufficienti, ma – come suggerisce Puebla (DP 368) – non osiamo dare “dalla nostra povertà”».
Come in tutti i paesi latinoamericani, le sètte evangeliche hanno guadagnato molti adepti. Come si spiega questo fatto?
«Come ho spiegato in precedenza, l’evangelizzazione non è profonda, non ha messo radici, manca di testimonianze da parte di noi del clero. A ciò va aggiunta la penalizzazione della “teologia della liberazione” e delle “comunità di base”, che stavano rispondendo alle necessità dell’umile e del povero. Pertanto la gente cerca un luogo dove sia ascoltata, dove sia valorizzata come persona, dove si trovino risposte alle sue necessità come appunto facevano le comunità di base. Oggi non ci sono questi spazi all’interno della chiesa cattolica, mentre ci sono all’interno delle sètte evangeliche. Inoltre le sètte rispondono immediatamente, senza pretendere di arrivare alla coscienza dei suoi adepti. Fanno molta leva sul sentimentalismo, sulla guarigione rapida, sul miracolo. È chiaro che la gente preferisce vivere nell’inganno piuttosto che vedere la cruda realtà che caratterizza gran parte del nostro paese».
Il Messico è la patria dei «Legionari di Cristo» (cfr. Glossario) di padre Marcial Maciel Degollado. Può spiegarci qualcosa su di loro?
«Sono nati per influire sul potere, nello stile dell’Opus Dei durante la Spagna franchista. Hanno metodi similari. Però noi sappiamo bene che il potere è una “croce dalla quale nessuno vuole scendere”. Credo che i Legionari, invece di influenzare le classi politiche evangelizzandole, abbiano preso gusto al potere e si siano accomodati lì, secondo lo stile dei potenti, con i benefici che essi possono ottenere.
Stanno aprendo collegi e università per le élite del paese, rafforzando quella coscienza di classe secondo la quale i loro figli sono migliori di tutti gli altri e di conseguenza meritano una istruzione a parte, senza coinvolgimenti con le altre classi sociali.
In sintesi, i Legionari hanno saputo adattare il vangelo al ricco e in cambio hanno ottenuto grandi benefici economici e di status nella società messicana».
Glossario messicano
Parole e personaggi per orientarsi nel paese latino
Calderón, Felipe: è il contestato successore di Vicente Fox alla guida del Messico. Come Fox appartiene al Pan. Nelle elezioni del 2 luglio 2006, ha vinto con il 35,9 per cento dei voti.
Ciudad Juárez: città nello stato di Chihuahua, al confine con gli Usa. Divenuta famosa perché, in pochi anni, circa 400 giovani donne vi sono state rapite, stuprate, torturate ed uccise. Le indagini non hanno mai portato ad una soluzione, anche a causa dello scarso impegno delle autorità locali e del governo messicano.
Emigrazione: le rimesse degli emigrati costituiscono la seconda voce nel Pil messicano, dopo il petrolio.
Fox Quesada, Vicente: è stato responsabile della Coca-Cola Company per il Messico e l’America Latina. Nel 2000 è divenuto il primo presidente messicano non appartenente al Pri.
Helu, Carlos Slim: nel 1990 il presidente Carlos Salinas de Gortari decise la privatizzazione della compagnia statale Teléfonos de México. Slim la acquistò per una cifra eccezionalmente bassa (suscitando molte polemiche). Oggi, secondo la classifica stilata annualmente dalla rivista statunitense Forbes (www.forbes.com), il magnate messicano della telefonia (Telmex) è al terzo posto tra gli uomini più ricchi del pianeta (23,8 miliardi di dollari nel 2005).
Legión de Cristo: congregazione religiosa fondata nel 1941 dal sacerdote messicano Marcial Maciel Degollado. Conta più di 650 sacerdoti e 2.500 seminaristi. Ha proprie sedi in 18 paesi. Il fondatore, padre Degollado, accusato di svariati abusi sessuali, nel maggio 2006 è stato invitato dalla Santa Sede a lasciare gli incarichi pubblici e a svolgere una vita di preghiera e penitenza.
Marcos, subcomandante: leader dell’«Esercito zapatista di liberazione nazionale» (Ezln), che dal 1994 combatte per la dignità del Chiapas, stato meridionale a maggioranza maya, molto povero, ma ricco di riserve di petrolio e gas.
Maquilas: fabbriche che lavorano, con contratti di subappalto, per gruppi industriali stranieri. Il termine «maquila» viene dal verbo spagnolo maquilar; significa, per il mugnaio, prendere per sé una parte della farina macinata in cambio dell’utilizzo del mulino concesso al contadino.
Muro: si estende per 120 chilometri sulla frontiera con la Califoia; ad ottobre 2006, il presidente Bush ha firmato la legge che finanzia un nuovo tratto di muro per 1.125 chilometri. Ogni anno circa 450 mila messicani attraversano illegalmente il confine tra Messico e Stati Uniti, una frontiera di 3.200 chilometri.
Nafta: è il «Trattato nordamericano di libero scambio» tra Stati Uniti, Canada e Messico entrato in vigore il 1.º gennaio 1994.
Obrador, Andrés Manuel López: detto Amlo (dalle lettere iniziali del suo nome), è stato governatore del distretto federale di Città del Messico dal 2000 al 2005, quando si è dimesso per concorrere alle presidenziali. Secondo i dati ufficiali (sempre contestati), avrebbe perso le elezioni avendo ottenuto il 35,3 per cento contro il 35,9 di Calderón.
Pemex: compagnia petrolifera di stato. Attraverso il sindacato degli impiegati della compagnia ha spesso finanziato illegalmente con milioni di dollari il Pri.
Pan, Partito d’azione nazionale: è il partito conservatore, che ha rotto l’egemonia del Pri.
Prd, Partito della rivoluzione democratica: è il principale partito della sinistra.
Pri, Partito rivoluzionario istituzionale: al potere ininterrottamente dal 1929 al 2000, quando è stato sconfitto da Vicente Fox, candidato del Pan.
Santa Muerte: figura santa messicana, non riconosciuta dalla chiesa cattolica. È venerata soprattutto da criminali, narcotrafficanti, truffatori, poliziotti.
Televisa: è una delle più grandi e potenti reti televisive di lingua spagnola; si autodefinisce «el Canal de las Estrellas» (www.televisa.com.mx).
Tv Azteca: la seconda televisione privata del paese. È nata nel 1993 in seguito alla (controversa) privatizzazione di Imevisión, la televisione pubblica messicana. Il suo principale azionista è il miliardario Ricardo Salinas Pliego.
Paolo Moiola