Scivolata lungo i telegiornali della sera della scorsa estate, una notizia si è imposta proprio per il suo carattere singolare. Una baby sitter hondureña, in Italia senza documenti, quindi impiegata in nero, è annegata sul litorale dell’Argentario per salvare una bambina di 11 anni che le era stata affidata dalla famiglia e con la quale stava facendo il bagno nel Tirreno.
Iris Noelia Palacios Cruz, come milioni di altre persone alla ricerca di un lavoro onesto, era approdata nel nostro paese per dare un futuro di speranza alle sue grame condizioni di vita; insieme a lei c’era la sua famiglia; tutti avevano lasciato la misera realtà del Centro America per cercare uno spazio migliore nell’opulenta Europa. Ma in Italia si è incontrata con un tragico destino, lei latinoamericana ventisettenne, ha offerto la sua vita per salvare una bambina undicenne che i genitori avevano affidato alle sue cure. Questo tragico fatto fa il paio con quello accaduto l’anno scorso, dove un altro extracomunitario era annegato per salvare la vita a un cittadino italiano che stava per affogare.
Vogliamo sottolineare questi gesti, perché essi vanno nella direzione opposta a quella che una certa opinione pubblica del nostro paese tende sempre più a considerare, attraverso una frase semplificatoria, extracomunitario uguale delinquente. Ci sono degli esponenti politici di spicco che non hanno nessuna remora nel ripetere questo stantio ritornello, alimentando così un brodo di coltura razzista che lentamente, ma inesorabilmente, s’insinua nel modo di pensare generale.
Il problema vero è che l’industria e l’agricoltura del nostro paese, come di tutti gli altri paesi sviluppati, hanno bisogno di braccia per poter andare avanti, ma insieme alle braccia, arrivano le teste che pensano, che ragionano, arrivano uomini e donne che vogliono vivere, amare, lottare, per dare un futuro più dignitoso ai loro figli. L’emigrazione come tutti i fenomeni sociali complessi, porta con sé il meglio delle realtà da cui prende avvio, sia nel bene come nel male, del resto questo fenomeno è accaduto, neanche tanto tempo fa, all’emigrazione italiana approdata nelle Americhe, il gangster Al Capone e il detective Fiorello La Guardia, al cui nome è dedicato uno degli aeroporti di New York, erano figli della stessa terra e germinavano dallo stesso humus italico; solo che uno divenne un delinquente, l’altro uno dei più brillanti poliziotti di tutti gli Stati Uniti.
Lo stesso si può dire per l’immigrazione che arriva in Italia, ci sono uomini e donne che attratti da un guadagno facile non esitano a delinquere, e ci sono altri, che noi crediamo la maggioranza, che rimboccandosi le maniche percorrono l’amaro cammino dell’integrazione in un paese che non è il loro, dando il meglio di se stessi.
S e la punta dell’iceberg rappresentata dal sacrificio della vita, come nel caso della baby sitter hondureña, può essere ancora un caso sporadico, non lo è certamente quell’impegno positivo che tanti extracomunitari profondono nel tessuto sociale della nostra realtà: conosciamo molti immigrati che fanno del volontariato a beneficio di enti e associazioni, che se dovessero appoggiarsi esclusivamente sulle forze nostrane potrebbero chiudere già domani mattina.
Il cammino dell’integrazione tra uomini e donne provenienti da popoli con cultura, sensibilità e religioni diverse, non è né semplice né facile; necessita da parte di tutti di un’attenzione costante e particolare; il brandire lo spauracchio dell’immigrazione clandestina, il presentare dei poveri cristi del Terzo Mondo come dei «bingo bongo» trogloditi, da respingere con tutti i mezzi leciti e illeciti, ci sembra sia una demenzialità tanto quanto il tasso di intelligenza di coloro che esprimono simili concetti!
Il lavoro da fare per creare una società multietnica e multiculturale è lungo e faticoso. A questo compito nessuno può sottrarsi, meno che meno la comunità cristiana: un auspicio questo che è molto di più di un semplice desiderio.
Mario Bandera