Uniti per … trasformare il mondo

«Trasformazione» è stata la parola d’ordine risuonata nell’Assemblea del Consiglio mondiale delle chiese (Cmc), tenuta a Porto Alegre (Brasile) dal 14 al 23 febbraio scorso. Vi hanno partecipato quasi 4 mila persone, provenienti da tutto il mondo, rappresentanti di 348 chiese membro. Era presente, come membro della delegazione vaticana, anche padre Piero Trabucco, che condivide con noi la sua esperienza.

Con scadenza settennale, il Consiglio mondiale delle chiese (Cmc) celebra la sua assemblea generale. Essa costituisce un momento importante di incontro per i rappresentanti di varie comunità cristiane, nell’intento di costruire nuovi ponti fra le innumerevoli chiese cristiane, fare un consuntivo del cammino compiuto verso l’unità dei cristiani e per programmare ulteriori tappe verso la realizzazione dell’ideale voluto da Gesù stesso, che tutti i credenti «siano una cosa sola» (Gv 17, 21).
Nel mese di febbraio 2006, per 10 giorni, in Porto Alegre (Brasile), si sono dati appuntamento 3.838 rappresentanti di chiese cristiane, di cui 691 erano delegati ufficiali e con diritto al voto, mentre i restanti 3.147 partecipavano a vari titoli, quali osservatori ufficiali, giornalisti, rappresentanti dei giovani o di altre categorie all’interno del popolo cristiano.
Tra questi osservatori ufficiali c’erano i membri della delegazione del Vaticano, comprendenti vari rappresentanti del «Pontificio consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani» e altri invitati, come religiosi e religiose, membri di movimenti ecclesiali, vescovi e sacerdoti.
Come segretario dell’Unione superiori generali, ho avuto il privilegio di essere invitato a fare parte della delegazione vaticana e così di poter vivere all’interno e in maniera molto intensa questo evento. Ho potuto così scoprire, poco a poco, cosa significa per la chiesa cattolica, oggi, vivere l’impegno di lavorare per l’unità dei cristiani nel grande movimento ecumenico.

Un po’ di storia

Per comprendere meglio l’importanza di questo evento, è forse opportuno ricordare come è nato e come si è sviluppato il Consiglio mondiale delle chiese.
La prima Conferenza mondiale della missione, tenutasi a Edimburgo, viene celebrata nel 1910 ed evidenzia con molta forza il bisogno di lavorare per l’unità della chiesa, se si vuole essere efficaci annunciatori del vangelo ai popoli. Da quella assise nascono il «Consiglio internazionale della missione», «Fede e costituzione» e «Vita e lavoro».
Alla vigilia della seconda guerra mondiale, alcuni capi delle chiese cristiane «storiche» propongono di costituire il Consiglio mondiale delle chiese. L’idea si potrà concretizzare soltanto nel 1948, quando i rappresentanti di 147 chiese si riuniscono in Amsterdam e danno vita al Cmc.
In seguito le assemblee verranno celebrate in varie parti del mondo, con tematiche specifiche e per affrontare questioni particolarmente sentite dalle varie chiese.
L’Assemblea di Nuova Delhi, nel 1962, offre al Consiglio una struttura solida e un’apertura a tutti i continenti. In quell’occasione un buon numero di chiese ortodosse decide di aderire al Consiglio mondiale delle chiese.
Negli anni ‘70 e ‘80, si affrontano temi teologici quali l’eucaristia, il battesimo e i ministeri della chiesa. Negli anni ‘90, si presta una particolare attenzione ai temi della pace e della giustizia.
Ad Harare, nel 1998, si fa una seria riflessione sulla tensione ecumenica del Consiglio stesso. Viene dato voce a un diffuso malessere delle chiese ortodosse, a causa dell’eccessivo frazionamento dei rappresentanti delle chiese membri.

La chiesa cattolica non ne è membro: perché?

La domanda è stata ripetutamente posta a noi, membri della delegazione vaticana, nel corso dell’Assemblea di Porto Alegre. Il Pontificio consiglio per l’unità delle chiese ha voluto allora ricordare i motivi principali per cui la chiesa cattolica, pur essendo un attivo partner, non ne fa giuridicamente parte.
Fin dalla sua nascita nel 1948, nel Cmc predomina una ecclesiologia prevalentemente protestante. Gli ortodossi sono sempre stati una minoranza e la loro posizione teologica non viene presa molto in considerazione. L’auspicio che anche la chiesa cattolica entri a far parte del Cmc viene ripetutamente ribadito. La chiesa cattolica si troverebbe molto a disagio con l’ecclesiologia vigente oggi nel Consiglio.
Secondo l’attuale costituzione del Cmc, le chiese membri sono le chiese nazionali. Esse si presentano all’assemblea a titolo individuale, per cui all’interno della stessa chiesa (es. anglicana) le posizioni possono essere molto diversificate. La chiesa cattolica, come chiesa universale, non può essere accettata dall’attuale struttura del Cmc.
La costituzione attuale del Cmc prevede che il numero complessivo dei fedeli di una chiesa determini il numero dei delegati all’Assemblea. Se la chiesa cattolica dovesse entrare nel Consiglio, essa avrebbe il numero doppio di delegati di tutte le altre chiese assommate assieme, che è invece di 560 milioni.
Il tema dell’autorità è centrale nella chiesa cattolica. Senza dubbio, il modo di intenderla costituirebbe un ostacolo non indifferente alle chiese protestanti e anche a quelle ortodosse.
Per questi e altri motivi, la chiesa cattolica, pur essendo presente nel Cmc attraverso una viva collaborazione con le sue attività e soprattutto negli approfondimenti teologici, in vista di un cammino comune verso l’unità, non ne fa parte giuridica.
Il suo ruolo nel Cmc, sebbene discreto, resta un punto di riferimento per tutte le chiese cristiane, senza però avere un’autorità decisionale. In altre parole, essa mira a condividere gli impegni piuttosto che avere un’appartenenza a pieno titolo.

Svolgimento dell’assemblea

Attoo al tema scelto per la nona Assemblea («Dio, nella tua grazia, trasforma il mondo»), hanno preso vita una miriade di attività. Più che un incontro di specialisti che riflettono attorno a temi importanti, l’Assemblea ha avuto invece il carattere di una festa. Il segretario generale, dott. Samuel Kobia (kenyano), l’ha voluta chiamare in portoghese: «A festa da vida» (la festa della vita).
L’organizzazione, sebbene molto elaborata e complessa, è stata perfetta. L’accoglienza cordiale e festosa, ha riflettuto bene il calore latinoamericano. Molto viva e attiva nell’organizzazione di tutta l’assemblea è stata la chiesa cattolica, nella persona dell’arcivescovo di Porto Alegre e di tanti laici e membri di movimenti ecclesiali.
I lavori di assemblea occuparono quasi tutte le giornate dei delegati ufficiali e nostre, quali delegati ufficialmente invitati. Qui venivano affrontati temi precedentemente discussi ed elaborati da commissioni ad hoc.
Il grande numero di partecipanti ha reso particolarmente impegnativo il lavoro e difficile la moderazione. Per la prima volta si è voluto procedere, non per votazione, ma per mezzo del «consenso», per venire così incontro allo scontento manifestato ripetutamente dagli ortodossi nella precedente Assemblea di Harare.
Questo metodo ha forse penalizzato il dibattito in aula, ma ha reso più spediti i lavori. D’altronde, come si avrebbe potuto prendere in considerazione e approvare vari documenti in un’assemblea di 700 persone?
Momenti di culto e di preghiera si svolgevano all’inizio delle attività della giornata e alla sera, sotto una grande tenda capace di contenere 3.000 persone. Non è stato possibile celebrare un’eucaristia assieme, data la grande disparità di posizioni teologiche all’interno delle chiese membri del Cmc.
Altro momento particolarmente significativo di riflessione e preghiera è stato lo studio biblico, fatto a gruppi misti di 10-12 persone, ogni mattina, dopo la preghiera nella grande tenda. È qui che ognuno ha potuto sentire forte il richiamo a lavorare per l’unità della chiesa e anche il dolore per le divisioni.
Nel mio gruppo, una signora luterana della Namibia ha ripetutamente detto: «Se attorno alla parola di Dio ci sentiamo in questo momento così uniti, sebbene appartenenti a ben 9 chiese diverse, perché non lo possono essere tutte le nostre chiese?».
Tre mattinate sono state dedicate alle conversazioni ecumeniche attorno a 23 temi diversi. Ognuno poteva scegliere il tema che considerava di maggiore interesse. Purtroppo i risultati di tali conversazioni, ricche di spunti e suggerimenti, non hanno potuto essere presentati a tutta l’Assemblea. Si spera ora in una efficace divulgazione dei risultati di tali conversazioni ecumeniche.
La parola portoghese mutirão designava gli innumerevoli incontri, variegati nei temi e nello svolgimento, portati avanti dai numerosissimi partecipanti non delegati. Essi avevano un carattere informativo sopra temi importanti o realtà particolari, che toccavano la vita delle chiese cristiane nelle varie parti del mondo. Particolarmente evidenziati sono stati i temi riguardanti la pace, la giustizia, la salvaguardia del creato, i malati di Aids, le minoranze emarginate.
Non mancarono visite importanti. Il presidente Luis Inácio Lula da Silva è venuto appositamente a Porto Alegre a salutare l’assemblea. Il card. Walter Kasper ha letto un messaggio speciale del papa. L’arcivescovo di Canterbury, Rowan Williams, ha esortato con parole forti le chiese a prendere a cuore l’ecumenismo. L’arcivescovo Desmond Tutu del Sudafrica ha ribadito a sua volta che «l’unità delle chiese non è un’opzione extra, ma è indispensabile per la salvezza del mondo».

Sentimenti e impressioni

Le due settimane vissute a Porto Alegre hanno generato in me molteplici sentimenti. Di gratitudine, innanzitutto, per l’opportunità di fare una forte esperienza di riflessione, di preghiera e comunione con tanti fratelli di fede attorno al tema dell’unità della chiesa.
Ho condiviso in maniera profonda un tempo prolungato di convivenza con la delegazione della Santa Sede, composta da vescovi, sacerdoti, religiosi e membri di movimenti ecclesiali: è stato un arricchimento grande e abbiamo potuto creare tra noi un clima molto bello di frateità, ascolto e dialogo.
Ho potuto pure condividere con tante persone di differenti denominazioni cristiane la sofferenza nel constatare come l’obiettivo dell’unità della chiesa si allontani sempre più, a causa della crescita esponenziale, nel sud del mondo, di nuove chiese, soprattutto pentecostali ed evangeliche, che paiono avere poca sensibilità verso il movimento ecumenico.
Il Cmc stesso sembra attraversare un momento cruciale. Le sue attività si sono moltiplicate eccessivamente, al punto da oscurare la finalità prima e fondamentale per cui il Consiglio stesso è nato, cioè l’unità di tutte le chiese cristiane. Forse esso ha dato troppo spazio ad attività parallele, soprattutto nel campo della giustizia e della pace, a scapito forse di una seria indagine teologica, o di un cammino unitario di fede delle varie chiese.
Porto Alegre ha percepito l’urgenza di una inversione di rotta, ma sembra che non sia riuscito a compiere delle scelte, tali da imprimere un andamento diverso al movimento ecumenico.
Apprezzamenti per l’«ecumenismo della vita» sono risuonati più volte in aula e nei gruppi di lavoro e menzione esplicita è stata fatta per gruppi e movimenti particolarmente attivi in quest’area (es. Focolari, Sant’Egidio).
Quest’ecumenismo viene visto non in opposizione ad altre iniziative e non è considerato una scelta alternativa. Esso mira piuttosto a creare un clima di amore reciproco, di frateità, di collaborazione tra tutti i cristiani, dove la figura di Cristo emerge come fermo e costante punto di riferimento. Partendo dall’amore fraterno, dove la presenza di Cristo è fortemente sentita, qualsiasi iniziativa ecumenica porterà allora risultati positivi.

Un bilancio del lavoro e della presenza della chiesa cattolica nell’assemblea è stato fatto da Samuel Kobia, segretario generale del Cmc: incontrando un gruppo di 200 cattolici, ebbe parole di encomio per il servizio offerto dalla chiesa cattolica nella preparazione e durante tutta la celebrazione dell’evento. Diceva loro: «Le relazioni con la chiesa cattolica avranno ora una nuova qualità e profondità. In questi giorni ci siamo accorti veramente chi era cattolico e chi non lo era».
Mi viene spontaneo ripetere ancora una volta la preghiera-tema dell’Assemblea: «Dio, nella tua grazia, trasforma il mondo».

di Piero Trabucco

Piero Trabucco

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