Il personaggio (1): François Houtart
François Houtart, sacerdote, è presidente del Centre Tricontinental di Louvain-la-Neuve, in Belgio e membro del Consiglio internazionale del Forum sociale mondiale.
«È estremamente importante riflettere sulla memoria, la storia dei Forum e la loro evoluzione, per porsi il problema delle sfide del futuro» sostiene François Houtart (1).
«Si è sviluppato a causa dell’allargamento della logica del capitale all’insieme dei gruppi umani, che ha originato la convergenza di movimenti di protesta e resistenza. Gruppi che non avevano nulla a che fare l’uno con l’altro. Luogo di incontro e scambio, con obiettivi comuni definiti dalla Carta del Fsm, la lotta al neoliberismo, contro l’egemonia mondiale del capitale e la ricerca di alternative. È un soggetto pluralista sotto vari aspetti: diversità di provenienza geografica, di settore sociale, genere, di tipologia (movimenti sociali, Ong, intellettuali, ecc.) e pluralità ideologica. Si, perché c’è chi pensa che si possa umanizzare il sistema capitalista, chi invece vuole cambiarlo radicalmente.
Importante è restare insieme. Il fatto di poter resistere in una convergenza sta progressivamente costruendo un nuovo rapporto di forza con l’altro polo, quello mondializzato, fortemente costituito».
Quali sono i principali risultati dei Forum?
Primo: c’è stata una crescita di coscienza collettiva mondiale alla quale noi abbiamo realmente contribuito. Secondo: i Forum sono stati luoghi di formazione e di appoggio di reti, alcune sono nate nei Forum, altre si sono rinforzate.
Terzo: l’esistenza dei Forum è un fatto politico in sé.
In che senso il Forum è politico? Che potere ha di influenzare le decisioni dei governi?
Non so se abbiamo già influenzato, ma conosco alcuni partiti politici in Europa i cui dirigenti vengono ai Forum perché si rendono conto che aumenta la loro credibilità politica. Non dico che abbiano sempre le migliori intenzioni. Ma stimano che non è più possibile non tenere conto di questi eventi e che i temi dibattuti sono importanti dal punto di vista politico. Organismi come la Bm, l’Fmi o la riunione di Davos, è vero che non li abbiamo cambiati, ma sono stati obbligati a modificare i loro discorsi. Sentiamo che è una forza che si costruisce. È un processo, dobbiamo continuare. Quello che succede in Venezuela oggi, non voglio dire sia frutto dei Forum, ma è un cambiamento. Bisogna poter arrivare in molti luoghi per attuare dei cambiamenti di quel tipo.
Quali sono le sfide attuali?
Si deve passare dall’elaborazione di una coscienza collettiva, alla costruzione di attori politici. Che esistono già ma devono essere rinforzati se vogliamo avere un’efficacia contro il sistema e la sua organizzazione. Questo per costruire poco alla volta un nuovo soggetto storico. Se la classe operaia lo è stata durante il XIX e XX secolo, oggi credo che il soggetto che si costruisce progressivamente è più largo perché non c’è un gruppo sociale al mondo, che siano i popoli autoctoni, oppure i contadini, che non sia sottomesso alla logica del capitale.
Ma attenzione, i Forum devono restare unicamente dei punti di incontro e di scambio, non luogo di decisione collettiva. In questo modo è possibile restare non gerarchici, e ascoltare tutte le diversità di sensibilità di organizzazioni diverse.
Importante sarà incontrare la strategia dell’avversario, che sta cercando di cornoptarci, riutilizza i nostri concetti e lo stesso nostro linguaggio ma dandogli un altro senso, come ad esempio la lotta contro la povertà. Ma finalmente mette in marcia il suo apparato repressivo, poliziesco o militare, per criminalizzare soprattutto i movimenti sociali nel Sud.
Quando parla di nuovi attori collettivi, a cosa pensa?
Penso ad esempio al movimento della pace, all’opposizione alla guerra in Afghanistan e Iraq. Se riusciamo a far sì che in mille città del mondo ci siano manifestazioni contro la guerra, eventualmente ampliando le prospettive, come la distruzione di tutte le atomiche o la soppressione di tutte le basi militari all’estero, avremo creato un attore collettivo in un settore. Possiamo fare la stessa cosa contro la privatizzazione dell’acqua. Se in ogni settore si creano degli attori collettivi, poco a poco questi possono costituire un nuovo soggetto storico pluralista.
Come far rientrare gli esclusi nei Forum? Ad esempio l’Africa della città è molto diversa da quella dei villaggi, e questa seconda qui a Bamako non sembra molto rappresentata.
È una sfida intea, che necessita di una lunga preparazione del Forum con un intervento locale nei villaggi. Occorre avere un contatto reale con la gente, e poi bisogna far venire, alloggiare, essere presenti fisicamente un certo numero di persone della base, in modo che non si dimentichi che si discute di loro. In India c’era stato un grande sforzo da quel punto di vista (il Fsm del 2004 si è tenuto in India, ndr.). C’erano 20.000 «intoccabili». Questo aveva creato una certa atmosfera: non si potevano dimenticare. In India tutto era sullo stesso sito, mentre qui c’è una certa dispersione, quindi è molto più difficile organizzare una presenza. E non basta parlare a nome loro, bisogna averli presenti in modo tale che si possano trasformare in attori.
Come possono i Forum avere una buona visibilità e non essere criminalizzati?
La visibilità dipende essenzialmente dai media. Ci sono giornalisti dei media tradizionali che sono qui con noi e poi ci sono tutti i media alternativi. È una nostra preoccupazione. Poi dipende anche dal fatto che ci siano ogni tanto atti realmente visibili, ad esempio la manifestazione di apertura del Forum. Oppure far sì che molti parlamenti votino la Tobin Tax (proposta di tassa sulle transizioni finanziarie inteazionali, ndr.): non sarà questo che distrugge il capitalismo ma va contro il sistema mondiale ed è visibile.
(1) MC aveva già intervistato François Houtart sul numero di aprile 2002.
Marco Bello