«Il matrimonio? Meglio combinato!»

Pensi di trovare il fatidico «velo». Invece la maggioranza delle ragazze sono truccate e vestono all’occidentale. I fidanzati girano mano nella mano, cosa impensabile in altri paesi arabi. I problemi poi sono gli stessi dei giovani occidentali, innanzitutto il lavoro che non c’è. Dipinto di un Marocco che non t’aspetti.

Da Marrakech a Rabat, da Rabat a Tangeri. Sana’a viaggia con il padre, un imprenditore, sul treno che da Marrakech la sta portando a Rabat, dove abita. Ha diciassette anni e frequenterà l’ultima classe del liceo (che dura soltanto 3 anni, dopo i 9 della scuola dell’obbligo): è bellissima nel suo viso ovale dal profilo regolare e dai grandi occhi neri. Vestita con pantaloni aderenti, camicetta sbracciata, scollata e stretta, capelli sciolti, sandali da spiaggia con infradito, chiacchiera allegra con l’amica che li ha accompagnati nella settimana di vacanze nel caos della più famosa delle città marocchine. «Dopo le superiori farò l’università, la facoltà di lingue forse. In famiglia abbiamo studiato tutti».
«E il matrimonio?», domandiamo. Arrossisce, a dimostrazione che, nonostante la moda e i veloci cambiamenti, certi argomenti rimangono nella sfera del privato e del pudore: «Più in là». «Ma esistono ancora quelli combinati?», insistiamo. A questo punto interviene il padre, simpatico, cordiale, ma protettivo: «Certo, e sono una grande istituzione. Solo le madri conoscono bene i propri figli e possono capire quale partner è più indicato per il successo della vita comune. Mia figlia maggiore si è sposata con un matrimonio combinato: le due mamme si sono accordate nel presentare i due ragazzi, che si sono piaciuti e che, dopo qualche settimana, hanno deciso di sposarsi. È una bella coppia, felice».

Tangeri. Alcuni ragazzi sorseggiano bibite e tè alla menta seduti ai tavolini di un bar, in Avenue d’Espagne, a ridosso delle mura della caotica e affascinante medina. Sedie allineate una a fianco all’altra verso la strada, come è d’uso in Marocco, chiacchierano e ridono. Ciò che colpisce subito è l’abbigliamento: sono vestiti alla moda, in jeans e magliette firmate (Nike, Calvin Klein, Versace, Diesel, ecc.). Indossano cappellini da baseball e occhiali scuri molto fashion. Non appartengono a famiglie facoltose – frequenterebbero altre zone della città meno popolari di questa – ma, come molti della loro età, sono attenti alla moda, soprattutto occidentale, e investono i soldi di qualche lavoretto o dei regali in abiti o oggetti del consumismo made in Usa o in Europe. Non sembrano affatto diversi dai ragazzi delle nostre città italiane: oltre ai commenti divertiti o curiosi sui turisti che sfilano davanti a loro, i discorsi ruotano intorno a scuola, lavoro, divertimenti. Questo, almeno, per i più fortunati, coloro che non sono stati costretti a svolgere umili mansioni subito dopo o, in certe aree più arretrate, al posto delle scuole primarie.
Le ragazze, in giro, non sono da meno: magliette attillate che si fermano all’ombelico, jeans o gonnelloni a vita bassa, scarpe a punta e con tacchi alti, piercing, capelli colorati o con la piega appena uscita dal coiffeur, trucco marcato su occhi e labbra, aria sicura e provocante. Decollété, miniabiti e così via: nel bene e nel male, un altro mondo rispetto alle comunità islamiche d’Europa, che si dibattono su «velo sì, velo no» e sulla sua lunghezza. Non che da noi manchino le ragazze musulmane dall’abbigliamento moderno e sportivo. È solo che qui in Marocco sono la maggioranza!
Anche le abitudini musicali e il divertimento sono simili: dalla techno al rap, dal rock arabo alle «contaminazioni» musicali, dal raï ai cantanti più in voga negli Stati Uniti o in Europa e alla musica latino-americana, i maghrebini amano ballare e cantare, dai più piccoli ai più grandi, dalle città al deserto. I grandi centri urbani offrono discoteche e divertimenti d’ogni sorta destinati ai turisti e alla popolazione che può permetterseli. L’hashish è una presenza costante e diffusissima in quasi tutto il Marocco, ma anche le colle, che vengono sniffate quasi pubblicamente da bambini e adulti nei quartieri più poveri e degradati delle metropoli.
Per molti teenagers (e oltre) marocchini, certe tradizioni sono una noia da cui liberarsi al più presto. Anche nei rapporti di coppia sono un po’ più «disinibiti» di qualche tempo fa: vanno in giro a braccetto o mano nella mano, si guardano negli occhi con tenerezza, si abbracciano. Un gran bel balzo in avanti se paragonato a paesi come l’Egitto, dove i fidanzatini non s’azzardano neanche a sfiorarsi e camminano ben separati, e dove una coccola in pubblico può costare cara.
Nonostante il perdurare dei matrimoni combinati – sia all’interno del clan familiare sia nella cerchia di amici e conoscenti dei genitori -, i giovani stanno cercando con sempre più determinazione di acquisire libertà ormai garantite ai loro coetanei occidentali. Sono tante, infatti, le coppiette formatesi tra i banchi di scuola o all’università, o in discoteca o nelle compagnie di amici. E anche nelle chat-line, usatissime dai quindici-trentenni.

Ouarzazate. La città, a ridosso delle montagne dell’Alto Atlante e alle porte delle spettacolari valli del Drâa e di Dadès, è chiamata la «Hollywood del Deserto»: è infatti diventata un importante centro di produzione cinematografica. Nei suoi studios hanno girato molti colossal, tra cui il recente Alexander.
Hakim, 24 anni e una laurea in legge conseguita un paio di anni fa, lavora con il padre negli «Atlas corporation studios» come aiuto scenografo.
Look sportivo e aria simpatica, racconta delle difficoltà che un giovane marocchino, con un ottimo curriculum scolastico, incontra nell’inserimento professionale:
«I posti pubblici, molto ambiti, sono saturi. Siamo tantissimi, ormai, a possedere titoli di studio elevati, e il mercato del lavoro non offre grandi possibilità. Come in altri paesi del Mediterraneo, qui vale la regola delle amicizie influenti. Chi non trova l’occupazione giusta, quella per cui ha investito anni di studio, e soldi, si deprime. Tanti miei coetanei si trovano in questa situazione e sognano di andare lontano, in America o in Europa. Ma io non lo ritengo giusto: si deve lottare e vincere là dove si vive. Eppoi, lo stile di vita frenetico, stressato dell’Occidente non mi interessa. Comunque, mi ritengo fortunato: non esercito la professione di giurista, ma faccio un bellissimo mestiere, creativo e a contatto con registi, attori, persone di tutto il mondo. Guadagno bene e ho molto tempo libero a disposizione per gli amici, le letture e per girare il paese».

Hakim è fortunato. La vita dei ragazzi marocchini può cambiare radicalmente a seconda delle zone e, ovviamente, del livello economico e sociale di appartenenza: nei monti dell’Alto Atlante, nelle meravigliose oasi che si dischiudono dopo centinaia di chilometri di paesaggi aridi o desertici, i ragazzi sono più vincolati ad abbigliamenti e tradizioni locali e la povertà impone loro un ingresso precoce nel mondo del lavoro.
Tuttavia, se non ci si ferma all’apparente spensieratezza e cordialità che caratterizza il Paese, si scoprirà che la situazione sociale è complessa e dura. La disoccupazione imperversa su diplomati, laureati e incolti. Su tutti coloro che non abbiano risorse familiari o amicizie da spendere per trovare un buon posto di lavoro, magari governativo, o per aprire attività autonome. Sono tantissimi i giovani con ottimo curriculum scolastico o universitario che brancolano nel buio di un futuro senza prospettive che li relega in mestieri umili, manuali, mal pagati. Molti cadono nella depressione e nell’uso delle droghe o dell’alcornol (acquistato clandestinamente). Prostituzione, spaccio e tratta degli esseri umani attraverso il mercato dei clandestini, costituiscono l’unica risorsa per gli strati più disperati, soprattutto lungo la costa mediterranea, e una grande ricchezza per i racket mafiosi, locali e inteazionali.
Le riforme sociali stanno attraversando il paese, mutando realtà che sembravano etee.
I giovani marocchini aspettano il loro tuo.

Di angela Lano


LIBRI, FILM, SITI INTERNET

Libri:
«Il pane nudo», Mohammed Choukri, edizioni Theoria, Milano 1993
«Soco Chico», Mohammed Choukri, edizioni Jouvence, Roma 1997
«Gli straordinari viaggi di Ibn Battuta», Ross E. Dunn, Garzanti, Roma 1993
«La terrazza proibita. Vita nell’harem», Fatima Meissi, Giunti editore, Firenze 1996
«I ragazzi dei vicoli», Abdelhak Serhane, edizioni Theoria, Roma 1992
«Favole del deserto», a cura di Ettore Fasolini, Emi editrice, Bologna 1995
«Onze histornires marocaines», a cura di Mohammed Saad Eddine El Yamani, Institut du Monde Arabe, Paris 1999
«Il tè nel deserto», Paul Bowles, Garzanti, Milano 2003

Film:

«Hideous Kinky – Un treno per Marrakech», di Gillies Mackinnon (1998)
«Door to the sky», di Farida Ben Lyzaid (1989)
«Le coiffeur du quartier des pauvres», di Mohammed Reggab (1985)
«Casablanca», di Michael Curtiz (1942)

Siti:

· www.al-bab.com/maroc
Sito che offre collegamenti dove trovare notizie di varia utilità.
· www.maghrebarts.ma
Si trovano informazioni su cinema, musica, teatro, spettacoli, feste, ecc.
· www.mincom.gov.ma
Sito governativo dove trovare informazioni su molti aspetti della vita sociale, politica e culturale del Marocco.
www.cia.gov/cia/publications/factbook/geos/mo.html Sito della Cia e contiene una dettagliata descrizione del Marocco.

Angela Lano

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