Intervista a Bono, leader del gruppo musicale «U2»
Folgorato dal successo, la rockstar Paul Hewson, meglio conosciuto come Bono, non ha mai dimenticato le sue umili origini. Da molti anni, la sua forte coscienza sociale lo ha portato a schierarsi in difesa dei più poveri del mondo, mettendo a loro servizio le sue due grandi passioni, tipicamente irlandesi: religione e musica.
A Dublino, in Earl Street North, c’è un negozio di articoli acustici: il Bonavox Hearing Aid Store. Un giorno, Derek Hanvey detto «Guggi», del gruppo punckettaro The Villane, e Paul Hewson voce solista degli Hype, passarono di fronte alla piccola vetrina in cui erano esposti coetti acustici. Guggi guardò l’insegna ed ebbe una folgorazione: ricordando che bonavox in latino significa «bella voce» scelse di affibbiare questo soprannome al suo amico Paul. Il giovane Paul Hewson, gradì il nomignolo, abbreviandolo in Bono, pseudonimo con cui, di lì a pochi anni, diverrà famoso in tutto il mondo.
Pochi mesi dopo la passeggiata in Earl Street North, il cantante dei Radiators, Steve Rapid, propose agli Hype di cambiare il nome del loro gruppo, scegliendo un nuovo sostantivo dal doppio significato: U2. U2 erano gli aerei spia americani, utilizzati nella Seconda guerra mondiale; ma la fonetica inglese, «iu tu» può essere interpretata anche come «you too», «anche tu».
Anche tu sei partecipe di tutto quello che sta accadendo; anche tu porti le responsabilità delle catastrofi che attanagliano il mondo; anche tu hai la possibilità e il dovere di combattere per un mondo più giusto e dignitoso… Anche tu non ti devi tirare indietro…
Il binomio U2-Bono è oramai consolidato sia nel mondo musicale che in quello dell’impegno umanitario. Abbiamo incontrato Bono durante una pausa nella touée mondiale dell’ultimo album pubblicato, How to dismantle an atomic bomb (Come smantellare una bomba atomica).
Lei si dice contrario al mondo delle corporazioni e multinazionali, ma il suo gruppo nel 2004 ha sponsorizzato l’uscita dell’iPod della Apple. Non c’è una contraddizione di fondo?
La musica deve andare al passo con la tecnologia e non rimanere al palo, pena la sua sclerotizzazione. Inoltre, noi non sponsorizziamo l’iPod in sé, ma l’U2-iPod, che è anche un nostro prodotto perché contiene le nostre canzoni.
Cosa rappresenta la musica per lei?
La musica è il mio modo di parlare al mondo, ai giovani. Non dimenticherò mai le mie origini: il buco in cui a 17-18 anni suonavamo, il fatto che al di là degli stadi, del mondo in cui vivo ora, c’è un altro mondo fatto di povertà, miseria, disperazione.
Lei è ricco, famoso, ma al tempo stesso non dimentica le sue umili origini. Chi vuole rappresentare?
Rappresento quei paesi che, per pagare gli interessi dei loro debiti, non possono finanziare scuole, ospedali, istituti di ricerca. Rappresento quei milioni di persone che sono malate di Aids e che muoiono di fame.
Perché, secondo lei, gli Usa e gli stati più ricchi dovrebbero finanziare la ricerca sul vaccino dell’Aids e appoggiare le aziende farmaceutiche che producono farmaci inibitori del virus a prezzo inferiore?
Perché è una questione di sicurezza mondiale e perché combattendo questa battaglia, che a differenza di altre può essere vinta, l’immagine dell’Occidente può venire riabilitata agli occhi del terzo mondo. Viviamo in un mondo dove ogni giorno 6.500 africani muoiono a causa di una malattia che potrebbe essere debellata. Riportare un minimo di giustizia: è questo il risultato che mi prefiggo di ottenere.
Ha fiducia nei politici?
Sono cresciuto in un mondo che odiava e non aveva fiducia nei politici. Quando cresci in una famiglia povera, in un quartiere emarginato e dimenticato, non credi più alla politica. Vorresti distruggere tutto. Ma oggi ho in loro maggiore fiducia, perché la facilità delle comunicazioni, i mass media meno ossequiosi costringono i politici a mostrare i fatti, oltre che le parole.
Questo è il suo parere; quello dell’opinione pubblica forse è meno ottimistico…
Ed è qui che dobbiamo lavorare: la gente non ti darà un centesimo se non è sicura che i soldi che elargirà vadano a buon fine. Oppure te li darà una volta, ma poi chiuderà la sua borsa. La gente sa che la corruzione è un grande problema in Africa. È per questo che non chiediamo soldi se non siamo sicuri dove vadano a finire. Sono sicuro che la gente è generosa. Prendiamo gli esempi di interventi che hanno avuto successo, come in Senegal, Mozambico, Tanzania: qui i governi hanno accolto con favore le richieste di aiuto e si sono prodigati per creare servizi utili alla popolazione.
Eppure molti governi africani, come quello etiopico, sudanese, ugandese, rwandese, non dimostrano certo di voler ripristinare la democrazia o combattere la corruzione.
Il governo britannico ha bloccato ogni aiuto ad alcuni di questi governi. Ma sono anche dell’opinione che gli aiuti umanitari non debbano essere subordinati allo stabilimento delle regole democratiche in uno stato. Chi è in difficoltà deve avere la possibilità di essere salvato e questo è il nostro compito.
In che modo il suo impegno umanitario si è radicato in lei divenendo la sua filosofia di vita?
È la disperazione di un padre etiope, che mi ha supplicato di prendere con me la sua bambina di pochi mesi, affinché sopravvivesse alla carestia, che mi ha convinto di dedicarmi alla causa umanitaria. In lui ho visto Gesù Cristo.
Chi pensa sia Gesù?
Penso che sia il figlio di Dio. Lo penso, per strano che possa sembrare.
Come si sviluppa il suo rapporto con la religione?
Per ogni uomo arriva il periodo di vita in cui inizia a riflettere su se stesso, sul fatto che un terzo della popolazione soffre la fame e che tu sei un cantante di un gruppo superpagato. Sono contraddizioni, come forse lo è la nostra sponsorizzazione all’U2-iPod o la mia amicizia con Soros o Bill Gates. Ma sono queste contraddizioni che generano nuova vita. E allora mi affido a Dio. Penso che Dio non è definibile dall’uomo. È più grande, più vasto, più profondo di qualunque pensiero l’uomo possa avere su di lui. Se cerchi Dio, cercalo tra i più poveri, lì lo troverai. Sono credente e voglio portare un po’ di paradiso su questa terra.
Lei ha incontrato Giovanni Paolo ii. Cosa ricorda di quell’incontro?
Grande uomo, grande religioso. Non sono d’accordo con le sue posizioni sulla contraccezione e lui lo sapeva, ma abbiamo parlato delle cose che più ci univano che di quelle che ci dividevano. Abbiamo parlato dell’impegno umanitario, del debito pubblico, della guerra in Iraq e in Afghanistan. Lui si è fatto fotografare con gli occhiali che gli ho regalato ed io porto la copia del suo rosario; quella originale l’ha voluta tenere mia moglie Ali. Mi ha anche fatto i complimenti per i nomi dei miei figli, tutti nomi biblici: Eva, Giordano, Elia e Giovanni.
Come le è venuta l’idea di sventolare la bandiera bianca al Live Aid del 1985?
Sono irlandese e nell’Irlanda del Nord si sta combattendo un vero e proprio conflitto che ha causato migliaia di morti. So cosa significa vivere in un paese diviso e in guerra. La bandiera bianca, drenata da ogni colore, simbolo di purezza e di resa, cioè di pace perfetta, mi ha permesso di esprimere ciò che volevo dire con le mie canzoni in altro modo, forse più plateale e visibile a chiunque.
Lei si reputa un politico, un musicista, un operatore umanitario o semplicemente un idealista?
Mi piacerebbe considerarmi un operatore umanitario che fa della musica. A destra mi criticano perché mi considerano di sinistra; viceversa, a sinistra mi criticano perché «flirto» con politici di destra, come Bush o con i repubblicani americani. Ma io non mi interesso di politica. Mi interessa aiutare chi soffre, gli ultimi, per dirla con parole cristiane. Quello che è accaduto negli anni ‘80, è stato disastroso, perché tutto si muoveva in base alle ideologie, sia di destra che di sinistra. Oggi non hanno più senso. È chiaro che il marxismo-leninismo, nato sull’onda della rivoluzione industriale dell’Ottocento, non può più essere applicata al mondo odierno, anche se questa idea venisse rivisitata. Ma anche il liberalismo, con l’economia capitalista, è ormai desueta e sorpassata.
Allora cosa ci rimane?
La religione. Nella bibbia ci sono più di 2.100 versetti che parlano della povertà. Le folle che papa Giovanni Paolo ii portava ogni volta che si muoveva erano ben più numerose di quelle che possono mobilitare i concerti degli U2 o di qualsiasi gruppo musicale sulla scena mondiale.
Cosa pensa di Bush? Di recente l’ha elogiata, dicendo che in lei apprezza il fatto di utilizzare la sua celebrità per compiere opere buone.
Bush è un politico intelligente e, sorprendentemente, molto spiritoso. Ha accettato di aiutare la causa per cui si batte l’organizzazione da me co-fondata, la Data, facendo approvare al Congresso americano una legge che stanziava 485 milioni di dollari per la lotta all’Aids. È stato il programma di cura e prevenzione dell’Aids mai lanciato prima in Africa e ha avuto un successo straordinario; ma è solo l’inizio. I governi occidentali non stanziano sufficienti fondi per la lotta a quella che chiamo la nuova lebbra del xx secolo, l’Aids, o non stanziano fondi per finanziare l’acquisto di zanzariere per evitare il propagarsi della malaria. Tutto questo Dio non l’accetterebbe. E se per combattere l’Aids, la malaria, la fame debbo farmi fotografare con Bush, ebbene, io mi faccio fotografare con Bush.
Piergiorgio Pescali