INTRODUZIONE
In nessun paese cristiano al mondo è mai stata concepita una così grande quantità di tipi e fogge di croci come in Etiopia. Fin dal momento della conversione del paese al cristianesimo, la presenza della croce appare quasi universale, non solo quale strumento liturgico in chiese e monasteri, ma anche nella devozione comune e nella vita di tutti i giorni. Il segno della croce trionfò.
Ogni regione ha sviluppato una sua forma tipica, con differenti arricchimenti stilistici e simbolici: la croce di Aksum, di Gondar, di Lalibela… La forma complessiva della croce, la conformazione dei bracci, il ricco tessuto geometrico, gli elementi naturalistici oamentali, la ripetizione dei motivi cruciformi… distinguono i vari stili e fogge.
Ad arricchire la varietà delle croci etiopiche contribuisce anche il loro scopo: ci sono croci astili per le processioni, croci manuali e pettorali, forgiate rispettivamente per funzioni liturgiche, o quale marchio di distinzione del clero, o come connotative della personale espressione di fede di un popolo, addirittura tatuate sul corpo.
In tutte, però, soggiace un identico messaggio teologico: la croce rappresenta l’Albero della vita.
La croce, nel suo significato fondamentale di morte e risurrezione, ha segnato anche la storia del cristianesimo in Etiopia. Nel corso dei secoli il vangelo di Cristo è penetrato nelle istituzioni familiari, sociali e politiche, facendo dell’Etiopia un’«isola cristiana» pressata da tutti i lati da popolazioni pagane e musulmane.
A epoche di rigoglioso cristianesimo si sono succedute epoche di feroci persecuzioni, di lotte per il potere, di confusione, di cristiani contro altri cristiani, in cui la croce è stata usata come spada.
Ne è un esempio l’epica impresa missionaria del cardinal Massaia: nei suoi 35 anni di missione si sono intrecciate entrambi i significati della croce: persecuzioni e vittorie.
Le comunità da lui formate sono state perseguitate e disperse, eppure sono sopravvissute fino a oggi, restando fedeli al mistero della croce.
La stessa sorte è toccata ai missionari che hanno continuato e continuano l’opera del Massaia. eppure, tra difficoltà di vario genere, la chiesa continua a crescere a diventare sempre più matura e responsabile del proprio futuro.
Altre croci, però, continuano a crocifiggere le popolazioni dell’Etiopia: si chiamano guerra, siccità, carestie, fame.
È soprattutto la tensione persistente tra Etiopia ed Eritrea la croce più pesante, che la popolazione non riesce a scrollarsi di dosso, per mancanza di vera democrazia.
Benedetto Bellesi