UN POPOLO DI PASTORI

L’errore comune quando si incontra un popolo diverso è di dare un giudizio morale a comportamenti che di morale non hanno nulla. Questo capita un po’ a tutti, anche a persone buone e generose, come sono le tante persone che, per motivi diversi, si sono offerte di aiutare gli albanesi, in Italia o in Albania, nelle varie vicissitudini che hanno caratterizzato questo paese negli ultimi 15 anni.
Gli albanesi sono ritenuti i diretti discendenti degli illiri, il popolo che abitava la regione balcanica ai tempi dei romani. A scuola si studiava che una volta gli illiri sconfissero i romani guidati dal loro re Pirro e «Pirro» è un nome comune ancor oggi in Albania. Con l’arrivo degli slavi nella regione balcanica, gli illiri videro ridursi progressivamente il loro territorio. Oggi popolazioni di origine albanese si trovano in Albania ed in tutti i territori di confine: la parte meridionale del Montenegro, il Kosovo, la parte occidentale della Macedonia ed il nord della Grecia, anche se le autorità di questo paese contestano questo fatto.
Gli illiri erano un popolo di pastori e la cultura albanese ha questa base, diversa sostanzialmente dalla base culturale di tanti popoli europei, molto più agricola che pastorale. La vita di un pastore e la sua sopravvivenza sono garantiti dalla «rotazione» da un pascolo all’altro, ripetendo in continuazione il medesimo cammino. Egli non si ferma a seminare, a curare poi la pianta che nasce, in attesa di raccogliere un prodotto. Quindi, la vita ed il tempo sono più un ripetersi periodico dei medesimi atti, che un cammino verso qualcosa di sempre nuovo. Ecco quindi che proprietà, tempo, progresso, società, sono parole che culturalmente hanno avuto un significato non proprio uguale a quello che noi comunemente intendiamo. E se pensiamo quale importanza pratica hanno nella nostra vita di tutti i giorni questi concetti, possiamo cominciare a renderci conto quanto e perché è stato lontano il comportamento degli albanesi da quello di altri popoli.
Su questa base culturale hanno costruito quel senso dell’onore che sembra quasi genetico, ed è tanto presente anche nei gesti quotidiani più comuni, da sembrare una forma di permalosità. Da questo senso dell’onore, poi, discende una specie di intolleranza a ciò che è piccolo e la loro ammirazione per ciò che è grande e maestoso. Non a caso, un famoso proverbio albanese recita: «me mire mut se i vogel», cioè «meglio merda che piccolo»! E così magari ci rendiamo conto come mai un ragazzo sempre tranquillo, un bel giorno reagisce in maniera in apparenza spropositata ad un fatto che noi riteniamo banale.

Pier Paolo Ambrosi

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