A proposito di soia
Mi congratulo per il bel servizio su Roraima (M.C. 12/2005). Un complimento particolare a Silvia Zaccaria. Poche ore dopo aver letto l’articolo, ho visto e ascoltato Silvia su Rai3, nella rubrica Geo & Geo (21 dicembre 2005).
Silvia e la conduttrice hanno ricordato le figure di Chico Mendes, di cui ricorreva il 17° anniversario della morte, e di suor Dorothy Stang, la missionaria statunitense trucidata il 23/1/05 dai sicari legati al giro dei grandi latifondisti e allevatori di bestiame, che non tolleravano il suo impegno per lo sviluppo sostenibile. Alla fine della trasmissione hanno parlato del ruolo che le piantagioni di soia giocano nella scomparsa della foresta amazzonica.
È appunto sulla soia che volevo rivolgervi alcune domande.
1 – Ci si può definire «innamorati del Brasile», «solidali con i popoli dell’America Latina», «favorevoli a una politica di equità sociale nel rispetto degli ecosistemi», se si continua ad accettare dal mercato beni prodotti nel più totale dispregio dei diritti e doveri dell’uomo e delle leggi della natura? È sincera la condanna del neoliberismo e della sua arroganza, quando manca la determinazione a ribellarsi ai nuovi capricci e alla moda consumistica dell’ultima ora, quale è appunto la moda della soia?
2 – Non era già abbastanza alta la febbre dell’oro e altri metalli più o meno «preziosi»? Non era abbastanza la foresta sacrificata per far posto al caffè, cacao, canna da zucchero, tabacco, banana, ananas? C’era proprio bisogno di sacrificarne altra per far diventare il Brasile primo produttore mondiale di un legume che, rispetto a tanti altri, non è né più buono, né più sano, né più nutriente?
3 – Può la dietetica fare a pugni con l’etica? Il boom della soia (compresa quella geneticamente modificata) in Brasile e Argentina non è anche la conseguenza della superficialità, della frivolezza dei consumatori occidentali e comunque convertiti allo stile di vita occidentale?
Non è una vergogna che a queste persone importi così poco sapere che per produrre la «bistecca» di soia che trovano al ristorante o al supermercato, è stata rasa al suolo una foresta, è stato irrimediabilmente inquinato un lago, pregiudicato il futuro di una comunità indigena e tanti uomini, donne e bambini sono stati uccisi o ridotti in schiavitù?
Non è una vergogna consumare soia brasiliana e argentina, quando è arcinoto che delle famose proprietà «ipocolesterolemizzanti, ipoglicemizzanti, antiossidanti…» possedute dalla soia sono dotati anche altri legumi che crescono benissimo nei paesi del vecchio mondo e potrebbero essere prodotti in quantità molto maggiori (ceci, fagioli, lenticchie, piselli…), senza alcun bisogno di abbattere foreste pluviali, sradicare popolazioni indigene, prosciugare bacini naturali (o creare bacini artificiali che sommergono migliaia di chilometri quadrati di vegetazione), di costruire speciali vie di comunicazione transcontinentale, di avvalersi delle subdole tecniche dell’ingegneria genetica caldeggiate da Monsanto e C.?
Urbino
Stefania De Tigris