A nuove sfide, nuove strategie

La condizione di chi vive con l’infezione Hiv è simile a quella dei lebbrosi del tempo di Gesù, che «passò nel mondo facendo del bene a tutti, guarendo
i malati e liberando i posseduti da spiriti maligni, perché Dio era con Lui» (At 10,38). Religiosi e religiose sono chiamati a configurarsi a Cristo, nel servizio integrale, anima e corpo, dei «nuovi intoccabili». In un mondo dai cambiamenti epocali, la vita consacrata è stimolata dallo Spirito a rinnovare la sua passione per Cristo e per l’umanità, per rendere visibile la compassione
del Padre, mediante iniziative nuove, creative e profetiche.

Una delle condizioni umane peggiori al tempo di Gesù era la lebbra: discriminazioni fisiche, sociali, religiose, economiche e culturali hanno fatto di essa una delle malattie più temute. Era paragonata al peccato, perché causava tanto danno da sfigurare i malati, con la perdita di dita, naso e orecchie, ne distruggeva la dignità, condannandoli a essere rifiutati e isolati dai loro fratelli e sorelle.
Gesù Cristo incontrò questi ammalati e fece ciò che gli altri non osavano: li toccò, stese le mani su di loro. E da tali incontri scaturiva una forza di guarigione. Un tocco sanante che sarebbe diventato un segno della presenza di Dio in mezzo a noi.
Oggi, molte persone che soffrono per l’infezione Hiv/Aids si sentono isolate e abbandonate e provano il bisogno di essere rassicurate sul fatto di essere accettate e «toccabili».

Impegno

Sin dall’inizio della pandemia la chiesa cattolica si è coinvolta nei servizi relativi all’Hiv/Aids in ogni parte del mondo. Membri degli ordini religiosi maschili e femminili hanno risposto alla nuova situazione prendendosi cura in un primo momento dei malati. Molto presto, però, si sono coinvolti anche in programmi di sicurezza delle trasfusioni, nei servizi sociali e di supporto emozionale, in programmi sanitari mobili.
La pandemia Hiv/Aids ha colto l’umanità impreparata ad affrontarla e a rispondere alle sue molteplici sfide e conseguenze. Non c’è un singolo gruppo religioso, governativo o organizzazione sociale che può far fronte da solo alle domande difficili che presenta questa realtà. C’è invece il bisogno per i diversi gruppi umani di mettersi insieme, senza pregiudizi per le rispettive ideologie e fedi, al fine alleviare il dolore causato da questa tragedia.
L’ammalato necessita di cure appropriate, non solo per guarire nel corpo, ma anche par aiutarlo a riprendere le forze e prevenire le malattie opportunistiche. Ha bisogno di una cura integrale della salute, che spesso non esiste nel suo ambiente. Infatti non è solo il corpo a richiedere attenzione: il paziente Aids necessita di un approccio olistico da parte del personale medico e paramedico, assistenza psicologica, counselling, aiuto di assistenti sociali, supporto economico, sostegno spirituale e l’irrinunciabile ruolo della famiglia e del suo ambiente sociale.
Gli ordini religiosi si sono sforzati di essere presenti in ognuno di questi livelli, dall’inizio della pandemia. Alcuni già provvisti di risorse tecniche e professionali, molti mancanti di preparazione adeguata, ma tutti con la volontà di farsi prossimo a coloro che sono direttamente o indirettamente interessati da questa nuova situazione, con l’unico scopo di mostrare l’amore compassionevole di Dio per coloro che sono nel bisogno.
Siccome lo scopo degli ordini religiosi è di incarnare la vita di Gesù nel mondo contemporaneo, senza altro intento, il loro coinvolgimento in ambito caritativo molte volte manca di organizzazione e collaborazione con altri servizi collegati alle chiese, organizzazioni governative o Ong.
Inoltre, a causa della spiritualità di umiltà e piccolezza, di solito fanno il proprio lavoro in maniera silente e nascosta, senza farsi conoscere dal mondo: questo rende difficile monitorare queste attività e cornordinarle convenientemente con quelle di altre organizzazioni.
Ma è fuori dubbio che molti religiosi/e, in ogni parte del mondo, costituiscono una sorgente di consolazione e sollievo per tutti coloro che sono toccati da questa pandemia, in modo gratuito e sicuro.
D’altra parte ci sono anche molte realtà di servizi collegati alla chiesa, che sono stati degli esempi straordinari di programmi altamente organizzati e professionali, aperti a operare in stretta collaborazione con le altre chiese e altre organizzazioni, con risultati così soddisfacenti da essere imitati da altre comunità e paesi.

Le sfide

Nell’ultimo Congresso sulla vita consacrata (Roma, 23-27 novembre 2004), noi religiosi e religiose abbiamo sentito la necessità di essere inseriti nelle realtà dei nostri tempi, nella vita e missione tra la nostra gente con una nuova visione della carità.
Anche se in nessun’altra epoca, forse, la vita consacrata si è sentita così povera e limitata come in questo tempo di cambiamenti epocali, noi ci sentiamo rinnovati dallo Spirito e mandati, con una rinnovata passione per Cristo e per l’umanità, a rendere visibile la compassione di Dio verso coloro che soffrono, mediante iniziative nuove, creative e profetiche.
La risposta degli ordini religiosi alla pandemia deve continuare in fedeltà alla nostra consacrazione, nell’imitazione e incarnazione della presenza di Cristo e del suo amore compassionevole in mezzo a questa tragedia umana. I valori del vangelo devono renderci capaci di impegnarci totalmente nei vari ambiti e nelle molteplici sfide che questa pandemia globale presenta.

1 La sfida della sostenibilità dei programmi Hiv/Aids.
Le istituzioni sanitarie della chiesa cattolica provano serie difficoltà finanziarie a mantenere ed espandere i loro programmi Hiv/Aids. Non abbiamo fondi sufficienti per diverse ragioni: gran parte degli ordini religiosi interessati in tali programmi non lavorano esclusivamente in quest’area, ma portano avanti molti altri impegni; spesso la sostenibilità dei servizi sanitari è basata sulla carità e buona volontà di benefattori sporadici.
Dobbiamo sperimentare nuove e diverse vie per assicurare i fondi, senza perdere di vista il grande valore evangelico delle risorse piccole e povere. In tempo di globalizzazione, vorremmo «globalizzare» una solidarietà compassionevole.

2 La sfida di provvedere una cura integrale della salute.
Non siamo capaci di attuare le guarigioni miracolose che Gesù fece al suo tempo, ma abbiamo la sfida di procurare ai malati di Aids l’assistenza medica migliore possibile, lottando affinché le risorse mediche e scientifiche più recenti siano disponibili per tutti. Abbiamo anche la sfida di assicurare ai pazienti il necessario supporto psicologico e spirituale.
Il dolore dell’umanità ha bisogno del tocco sanante dell’amore compassionevole di Dio. La nostra risposta alla pandemia deve essere tale da riconoscere Cristo negli ammalati, mentre essi incontrano Cristo in coloro che si prendono cura di loro. Dobbiamo ricordare che il loro dolore, malattia e morte hanno bisogno di trovare una risposta che possa ripristinare la loro dignità e aiutarli a scoprire l’intimo significato della sofferenza, della vita e della morte.

3 La sfida di migliorare le strategie di prevenzione dell’AIDS.
Molti sono d’accordo che l’efficacia della lotta contro la pandemia dimora più sulle misure di prevenzione per evitare l’infezione, piuttosto che sulle aspettative della scoperta di una cura o di un efficace vaccino.
Questo ci porta verso le cause e i fattori che condizionano alla radice l’espansione della malattia. Sappiamo che la maggior parte dei casi di infezione Hiv sono stati trasmessi per via sessuale, trasfusioni di sangue, condivisione di aghi infetti e per trasmissione verticale da madre a bambino. Alcuni di questi fattori domandano l’attenzione del personale sanitario, mentre altri necessitano l’impegno del settore sia privato che pubblico della società, per educare e contribuire a costruire i principi etici fondamentali che regolano le relazioni umane e i comportamenti nel nostro tempo, in modo che siano sicuri e sani.
Oggi siamo testimoni di cambiamenti grandi e complessi della nostra società, che sorgono dall’influenza di molteplici fattori, tra i quali: la forte interdipendenza causata dal fenomeno della globalizzazione; la grande influenza dei nuovi e potenti mass media, che spesso colonizza gli spiriti umani; la rivoluzione sessuale dell’ultimo secolo; le grandi scoperte tecnologiche e scientifiche; l’incremento di violenza, guerre e terrorismo; il crescente divario tra un’élite ricca e le masse di poveri; la perdita di tanti valori morali, comportamenti sessuali permissivi e aperto proselitismo omosessuale; la caduta della figura dell’autorità e di principi etici assoluti; la frattura della famiglia; la diffusione di droghe; la secolarizzazione; l’intolleranza religiosa e fondamentalismo; il disincanto politico ed esistenziale… Queste sono le aree in cui il contributo dei religiosi/e necessita di espansione.

4 La sfida di acquisire nuove attitudini e convinzioni.
All’entrata nel terzo millennio, noi religiosi e religiose dobbiamo renderci conto che il nostro modello di vita consacrata non è più «in forza», ma non esiste ancora un nuovo modello. Necessitiamo di una trasformazione strutturale delle nostre vite e lavoro, in modo da poter costruire una rete di giustizia e pace e globalizzare una solidarietà compassionevole.
Abbiamo bisogno di comunità aperte e ospitali, dove ognuno possa respirare uno spirito nuovo di libertà, mitezza e gratuità, e dove possano maturare i frutti della non violenza.
Abbiamo bisogno di un modello di vita religiosa capace di aiutarci a vivere, con profondità nuova, l’autenticità dei nostri rispettivi carismi e ci permetta di essere una memoria evangelica e missionaria di Cristo nel mondo presente, per riempire fino all’orlo gli autentici desideri di gioia e amore dei nostri fratelli e sorelle nel mondo.
Dobbiamo sottolineare la rilevanza della parola di Dio e la necessità di incarnarla nel nostro mondo. La nuova passione per Cristo deve trasformare le nostre vite e strutture e condurci verso una più grande passione per l’umanità, espressa come amore compassionevole, con audacia e nuova capacità creativa.
Dobbiamo essere sempre presenti laddove la vita è minacciata. Vogliamo mostrare al mondo un nuovo volto della vita consacrata che è reale sacramento e parabola vivente del regno di Dio in mezzo a noi.

5 La sfida della tolleranza e del dialogo.
Il pluralismo crescente e irreversibile nel mondo ci conduce a un dialogo più profondo con altre congregazioni e altre religioni. Dobbiamo promuovere una spiritualità di comunione e collaborazione interreligiosa, che possa distruggere lo spirito di dominio e le tendenze fondamentaliste presenti nel nostro tempo. Un dialogo tollerante deve diventare opzione e stile di vita per tutti noi, con un impegno a creare spazi di perdono e riconciliazione in mezzo a violenza e morte.
Genuina missione per i religiosi e religiose è mantenere un profondo dialogo con altre religioni, culture e con i poveri, la cui voce grida di essere ascoltata. Siamo aperti all’ecumenismo e a lavorare in solidarietà con altri gruppi che lottano in favore della dignità umana, della giustizia, della pace e della salvaguardia del creato.

6 La sfida di presentare la positività della castità in un mondo edonistico.
Fino al xix secolo, nella cultura occidentale sembrava esserci persone senza sesso: era tabù parlarne apertamente. Ora, dopo l’esplosione della rivoluzione sessuale del xx secolo, pare che ci sia sesso senza persona, poiché la sessualità è stata separata dalla personalità. Si è caduti nel libertinismo e immoralità permissiva, con comportamenti indecenti e contro la legge di natura, con la perdita dei principi morali assoluti.
Come il dondolio di un pendolo, tendiamo a muoverci da un estremo all’altro: da una mentalità puritana che condannava la sessualità, siamo passati a un totale libertinismo sessuale; c’è il rischio, ora, di tornare indietro di nuovo, verso attitudini intolleranti della sessualità umana.
Noi religiosi dobbiamo testimoniare la gioia e la pienezza della nostra vita consacrata. Se la maggioranza crede che essere casti è difficile, d’altra parte non è impossibile; e ci sentiamo ok con il nostro corpo, i nostri sentimenti ed emozioni. Il celibato è per noi un’opzione libera di vivere la nostra sessualità in maniera sana ed equilibrata. La nostra castità risplende meglio quando mostra chiaramente che è per il regno di Dio e che ci conduce a una relazione d’amore più profonda con Cristo e a condividere il nostro amore con gli altri.
Non crediamo in una chiesa che condanna la sessualità umana o si scandalizza per comportamenti sessuali devianti; ma crediamo in una chiesa che proclama un Cristo incarnato, che manifesta sulla croce la pienezza e la bellezza dell’amore di Dio, ci redime dalla schiavitù del peccato e dall’inganno di un falso erotismo. Come disse Giovanni Paolo ii nella Redemptoris Hominis, è necessario convincersi delle priorità dell’etica sulla tecnologia, della persona sui beni materiali, della superiorità dello spirito sulla materia. Lo sviluppo della civilizzazione caratterizzato oggi dal domino della tecnologia domanda uno sviluppo proporzionale della morale e della spiritualità.

7 La sfida di comunicare oggi attraverso i mass media.
Dalla fuga dal mondo, come era al suo inizio, la vita consacrata muove verso l’incarnazione nel mondo, testimoniando la trascendenza negli eventi della storia umana. Dobbiamo cambiare la nostra mentalità sulla comunicazione ed essere capaci di correre il rischio di incontrare la nostra complessa realtà utilizzando i mezzi della comunicazione.
Abbiamo bisogno di religiosi e religiose specialisti in questo campo e che lavorino in stretta collaborazione con laici competenti. Dobbiamo avere il coraggio di mostrare la nostra forza e le nostre debolezze, di dialogare apertamente con la gente del nostro tempo su uno schermo continentale, per rispondere alle vere domande che ci vengono poste a nome dell’intero villaggio globale.

8 La sfida di dare potere ai deboli, bisognosi e quanti non contano nella nostra società.
Abbiamo bisogno di formulare un sistema legale integrale che protegga e difenda la dignità e i diritti umani delle masse, la cui voce è stata fatta tacere dai poteri egoisti di una manciata di ricchi e potenti.
Parlando di diritti umani dobbiamo chiarire che nessuno può essere considerato come un valore assoluto, senza un punto di rriferimento al di fuori di sé. I diritti di uno finiscono là dove iniziano quelli di un altro. E questo è vero per gli individui come per gruppi umani o organizzazioni. Perciò i diritti di una donna incinta, per esempio, finiscono dove iniziano quelli del bimbo nel suo seno. E i diritti di un movimento gay terminano dove iniziano i diritti di bambini innocenti. Una persona o un gruppo non può pretendere di possedere valori o diritti assoluti, senza riferimento a coloro che gli stanno intorno.
Dobbiamo riconoscere la presenza di principi morali registrati nel cuore di ogni essere umano e l’importanza di stabilire un ordine legale comune per salvaguardare la libertà e non il libertinismo. Schierarsi in favore di coloro che non contano significa rischiare la vita davanti ai signori della guerra e chiedere pace e giustizia; significa difendere la vita, ovunque sia in pericolo, impegnarsi per combattere l’ingiustizia e dare forza a coloro che sono lasciati vivere ai margini della società. Significa alzarsi per le donne che sono oppresse in società rette dal culto della virilità. Comporta lo sforzo di favorire ogni singola iniziativa di lotta contro la pandemia Hiv/Aids, nonostante la sua apparente piccolezza.

9 La sfida di far fronte alla pandemia in modo più cornordinato.
In era di globalizzazione, non possiamo continuare a lavorare in maniera isolata e non cornordinata. Nel nostro villaggio globale ognuno è o infetto o affetto dalla pandemia; tutti dobbiamo contribuire con i nostri talenti e possibilità per alleviare la situazione e il peso che grava su nostri fratelli e sorelle.
Come un uragano, la forza devastante della pandemia Hiv si è fatta sentire improvvisa e violenta, suscitando la risposta pronta di diverse organizzazioni. Al contrario di un uragano, però, la pandemia è venuta per stare con noi lungo tempo. Dopo le iniziali risposte di emergenza, dobbiamo riflettere su cosa dobbiamo fare oggi, provare a capire come usare le nostre risorse umane e finanziarie in maniera più cornordinata.
Bisogna pensare in grande e continuare ad agire localmente, ma in collaborazione con altre forze. Dobbiamo rinforzare la collaborazione intea con altri religiosi e religiose che lavorano nella sanità, educazione, servizi sociali, attività di sviluppo a tutti i livelli, come in strategie di prevenzione, cura delle persone che vivono con il virus, cura degli orfani, in modo umanitario e cristiano. Dobbiamo rinforzare anche la collaborazione estea con uomini e donne di altre religioni e organizzazioni, in spirito di comunione e fratea solidarietà.

Prospettive

Il panorama globale della pandemia mostra un incremento superiore a ogni previsione. Purtroppo, le popolazioni più colpite sono quelle con un sistema sanitario meno efficiente. Finora, non esiste una cura, ma il trattamento aiuta a prolungare la vita dei sieropositivi. La sicurezza di trovare un vaccino appare sempre più dubbia. La lotta contro l’Aids è stata condotta centrandola sulle misure di prevenzione per evitare la diffusione dell’infezione, ma non c’è stato un comune assenso tra gli organismi coinvolti sui mezzi di prevenzione da usarsi.
Nella lotta contro l’Aids si è sviluppata una guerra ideologica. Da una parte coloro che hanno una visione trascendente dell’uomo, con una fine escatologica, che privilegiano la fedeltà coniugale per gli sposati e sostengono l’astinenza sessuale per i single, subordinando la sessualità all’etica. Dall’altra parte, coloro che hanno una visione immanente dell’uomo, guidati solo dalla ragione e considerandosi gli unici arbitri del proprio destino, che sono in favore della libertà sessuale e sostengono l’esercizio della sessualità come diritto assoluto della persona, senza norme etiche. La questione è come riconciliare queste concezioni diverse in favore di un’autodisciplina fortemente necessaria.
Tra i fattori estei che ostacolano la prevenzione dell’infezione da Hiv c’è la realtà della guerra. Spesso interessi nascosti, nazionali o inteazionali, collegati all’avidità di potere politico o economico, sono dietro innumerevoli guerre, che si combattono in paesi dove c’è un gran numero di persone che vivono con il virus. La situazione di turbolenza in tali aree di guerra favorisce il diffondersi di nuove infezioni e impedisce una giusta presa in carico degli ammalati.
Ci si chiede se l’umanità imparerà mai a vivere in armonia e comunione nel nostro villaggio globale. È necessario cambiare la visione della globalizzazione: da lotta tra culture per il sopravvento della più potente, a spazio di dialogo fra diverse culture nella ricerca comune di un mondo di giustizia e di pace.
Molte cose in questo mondo iniziano o continuano ad accadere, dovute alla nostra complicità, negligenza, indifferenza o omissione. Non possiamo chiudere gli occhi di fronte alla pandemia o minimizzare la gravità della tragedia; dobbiamo, invece, considerarla in tutta la sua realtà e prendere il coraggio di pensare e agire positivamente.
Bisogna tracciare delle strategie globali in modo da raggiungere obiettivi parziali o generali e superare i molti ostacoli nella lotta all’Aids.
All’inizio di questo millennio, siamo di fronte a una moltitudine di sfide che sembrano sorpassare le nostre forze e sforzi; noi religiosi e religiose vogliamo ricordare il carattere profetico della nostra consacrazione. In linea con la tradizione patristica, la profezia non parla di una misteriosa visione del futuro; ma vera profezia è testimoniare il primato di Dio e i valori evangelici in mezzo all’incertezza del tempo presente.
Rispondere ai gravi problemi che attentano alla vita dell’intera umanità in modo creativo e profetico, significa per noi elaborare e adottare un’intera serie di convinzioni.
La rilevanza del carisma dei nostri fondatori per il nostro tempo.
Il compito per la nostra vita consacrata di mostrare il primato di Dio e dei beni eterni a un mondo secolarizzato e materialista.
Il primato della persona sul capitale, sviluppo tecnologico e industriale nel presente neoliberismo globale.
La testimonianza della povertà evangelica come segno profetico dell’amore preferenziale per i poveri e impegno a globalizzare carità e solidarietà.
La testimonianza di vera vita fratea a un mondo assetato di comunione, amicizia e amore.
La testimonianza della pratica giorniosa della perfetta castità, offerta dai religiosi e religiose che mostrano autocontrollo personale, equilibrio e maturità psicologica e affettiva, in mezzo a una cultura edonistica che riduce la sessualità a mera merce di consumo.
L’apertura a tutti i grandi dialoghi e all’ecumenismo in un mondo di fondamentalismi e di guerre.
La scelta della giustizia, pace e integrità della creazione, che può restaurare il disequilibrio ecologico e distruggere il dominio del terrorismo e l’idolatria del potere.
La dedizione totale della nostra vita fino all’accettazione del martirio in difesa della vita umana, specie dove è più minacciata.
Il ruolo eminente dell’amore compassionevole di Cristo e il suo potere sanante nel ministero della cura dei malati di Aids.
Il coraggio di proporre il regno di Dio come possibile progetto di vita, dove uomini e donne trovano condizioni di vita uguali e tutta l’umanità si impegna a ricreare una nuova civilizzazione.
La necessità di inserirci nei processi inteazionali, dove viene deciso il destino delle comunità che siamo chiamati a servire.
La volontà di aggioarci nell’era post-modea ed essere capaci di incarnare i valori del vangelo in un dialogo di vita con altre religioni e culture.

Luis Francisco Arellano Perez

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