«Non lasciarti vincere dal male, ma vinci con il bene il male». Queste parole, scritte da san Paolo ai cristiani di Roma, costituiscono il titolo e il motivo dominante del messaggio di Giovanni Paolo ii per la 38a Giornata mondiale della pace, che si celebra il 1° gennaio, ma deve ispirare tutto il 2005.
Il tema intende sollecitare una
presa di coscienza sul male come «causa e fonte di conflitti e guerre» e, al tempo stesso,
sul legame inscindibile tra la pace e il bene morale, concetto da cui trae concretezza uno dei principi più rilevanti della dottrina sociale della chiesa: quello del
«bene comune universale».
Per avere la pace, infatti, non basta rifiutare il male e «ripudiare la guerra», come sancisce la nostra Costituzione; occorre fare scelte ispirate e orientate al bene comune. Fondamentale diventa, al riguardo, la concezione dei «beni materiali» che, secondo la dottrina sociale della chiesa, devono avere una «destinazione universale».
L’impegno nel ricercare il bene e rifiutare il male non può non prendere in considerazione i tanti problemi sociali ed economici, le disuguaglianze, le privazioni di ogni genere, le insicurezze, le ingiustizie diffuse che gravano sulla vita dei popoli. «C’è una stretta connessione tra diritto allo sviluppo e diritto alla pace» ricorda il papa, ribadendo un principio da lui ripetutamente affermato.
Purtroppo le armi continuano a insanguinare il pianeta. Una ricerca di prossima pubblicazione, promossa della Caritas Italiana, rivela che le vittime civili dei numerosi conflitti in corso sono in continuo aumento: il 93% dei «caduti in guerra» sono uomini, donne e bambini che con la guerra non hanno niente a che fare. Ai «caduti», si aggiungono altre cifre sconcertanti: 35,5 milioni di profughi e 300 mila bambini soldato.
La ricerca sottolinea che, mentre una stringente categoria tecnica conta 19 conflitti armati «di rilievo» nel mondo, sono molto più numerosi quelli «dimenticati» o «taciuti», in cui la violenza su vasta scala continua a mietere un altissimo numero di vittime.
Ormai si parla di guerre infinite, sia per la cronicità di certi conflitti, in cui è sempre più difficile distinguere le fasi di guerra da quelle di pace, sia per la diffusione nello spazio, a causa del terrorismo internazionale.
Inoltre, è sempre più evidente la relazione tra conflitti armati e dinamiche di impoverimento: il 90% delle situazioni di guerre e di violenza nasce nei cosiddetti paesi in via di sviluppo.
Tra tanti dati preoccupanti, qualche barlume di speranza. Alcuni paesi (Etiopia ed Eritrea, Guinea Bissau, Sierra Leone) le situazioni sono risolte o in netto miglioramento.
Inoltre, si registra una crescente attenzione ai conflitti dimenticati: i media ne parlano sempre più spesso, anche se non ne approfondiscono le cause e dinamiche.
Note positive sono foite da un sondaggio effettuato da Swg, secondo il quale il 76% degli italiani ritengono la guerra un elemento evitabile; per il 78% non esistono «guerre giuste»; l’80% sostiene che il ruolo dell’Onu dovrebbe essere potenziato, mentre il 91% ritiene che non ci siano paesi al sicuro da attacchi terroristici. Inoltre, la maggioranza degli intervistati (42%, 5 punti percentuali in più rispetto al 2001) ha indicato il papa e la chiesa cattolica tra le voci che più spesso si alzano contro la guerra e l’ingiustizia.
Intanto, nel suo messaggio, il papa continua a esortare tutti alla «responsabilità personale e collettiva», perché tutti ci impegniamo nella ricerca della via del «bene», come la via più sicura e veloce per giungere alla pace.