TAV – la chiesa
DAVIDE CONTRO GOLIA
"La chiesa deve stare con il suo popolo".
Sono almeno una decina i preti che si sono schierati a fianco
delle popolazioni della Val di Susa.
Un atto di coraggio che ha suscitato dibattito, fuori e dentro la chiesa.
Faceva una strana impressione leggere il numero de "La Valsusa" del 17 novembre 2005, il giorno dopo l’imponente Marcia NoTav.
La Valsusa è il settimanale della curia valsusina, decisamente schierato con il popolo valsusino contro la devastazione rappresentata dal progetto dell’alta velocità. Schierandosi a fianco della gente, il giornale si discosta apertamente dalle posizioni del vescovo Badini Confalonieri e del cardinale di Torino Severino Poletto. E quella copertina del 17 novembre lo esprime chiaramente.
Sotto alla grande foto della folla in marcia con bandiere e striscioni, in una colonna, l’articolo di fondo del direttore. don Ettore De Faveri, e a fianco, su due colonne «La parola del vescovo sul Tav».
Il primo racconta la sua trepidazione pensando che la manifestazione non possa riuscire come si sperava («Verranno, non verranno?»), e poi il suo rincuorarsi vedendo la gente da ogni parte a riempire la piazza di Bussoleno. E la sua gioia finale che si esprime con «La valle ha mandato il suo messaggio lungo 8 chilometri. Lo ha mandato a Torino, a Roma, a Bruxelles».
Il vescovo, invece, ribadisce che «La chiesa non ha il compito di schierarsi con una parte o con l’altra in questioni di scelte tecniche, politiche o economiche».
LA PAROLA A DON ETTORE, DIRETTORE DELLA VALSUSA
Don Ettore, prima delle grandi manifestazioni NoTav, i valsusini erano considerati “una popolazione a basso tasso di ribellione”. Infatti in questa valle hanno fatto più o meno di tutto: autostrada, dighe, centrali elettriche… La vicenda Tav li ha cambiati?
«È vero. C’è stato sempre un alto grado di accettazione da parte dei valsusini, proprio per la storia, la geografia di questa valle che è un luogo di movimento, di transito. È nel nostro Dna l’apertura a tutto quello che consente l’incontro tra i popoli. Contestazioni ci sono state per l’autostrada. Ci si è opposti all’elettrodotto, vincendo. Ma non in maniera così massiccia. La protesta è esplosa negli ultimi anni, il problema è iniziato nell’anno 1990, presentazione del primo progetto. È la protesta del popolo. Definirla NoTav è riduttivo.
Una sorpresa che non ci aspettavamo. Che la regione, che l’Italia non si aspettava. Con le sue cifre, questa protesta non si può ignorare. Dicono: è l’Italia che deve decidere; oggi, su Repubblica lo dice Fassino. “Decidere con il consenso della popolazione”, un bell’artificio. La valle non sta dicendo un no assoluto: propone delle alternative. Perché vengono negate, senza discussione?
La valle ha il sacrosanto diritto e anche il dovere di opporsi alla distruzione del suo territorio. È un grido di allarme. Attenzione, qui si sta sbagliando. I rischi sono altissimi. Sempre stamattina leggevo che l’assessore regionale alla salute (Mario Valpreda) dichiara che amianto e uranio sono “governabili”. E sono stato colpito che proprio alla vigilia della grande marcia del 16 novembre, ci sia stata la conferenza dell’Arpa che minimizzava i problemi. La signora Bresso (presidente della regione Piemonte) dice che protestiamo perché siamo poco informati».
In realtà, i valsusini protestano proprio perché sono molto, molto bene informati sul progetto Torino-Lione.
«Infatti. È un NO critico, responsabile. Basato sui fatti».
È una lotta anche per la collettività, per l’Italia, altro che particolarismo.
«Si cerca di fare questo gioco: localismo contro interessi generali. Ma bisognerebbe chiedersi quali sono gli interessi generali. Noi ce lo chiediamo e abbiamo il diritto di esprimerci. Quando in piazza ci sono 50.000 persone e forse di più, tutta gente normale, gente comune con partecipazioni da altre regioni».
Questo movimento che sta raccogliendo solidarietà e appoggio da tutta Italia, è una cosa meravigliosa…
«Io l’ho chiamato un miracolo. Il miracolo valsusino. Per riprendere un’immagine biblica, senza forzare il senso delle sacre scritture, è come Davide contro Golia. Mi pare che la fionda di Davide sia riuscita a fermare, a squinteare, a creare problemi a Golia, a chi pensava di venire qui con le ruspe a spianarci. Ed ecco un’altra offesa al popolo valsusino è questa… non chiamiamola militarizzazione».
Perché no?
«Questo uso massiccio della forza pubblica… I cittadini che manifestano il loro pensiero non devono sentirsi per questo controllati. Il bello della manifestazione del 16 novembre, con quella marea umana e non c’è stato un solo danno, a una sola cosa. È stata una protesta civilissima. Esemplare per tutta l’Italia».
E la risposta è stata: arriviamo il 30 novembre e apriamo il cantiere. Noi civili. Loro arroganti.
«Dicono che se non si sbrigano perdono i finanziamenti europei».
Non è vero. È una menzogna, come i verdi, con Monica Frassoni, continuano a ripetere. Quest’opera viene costruita con le menzogne. L’ultima è questa dei finanziamenti europei. Il potere sta usando prima il muro dell’omertà e poi la disinformazione.
«Vero. Si danno già le risposte, senza ascoltare le domande. C’è mancanza di rispetto. Come il blitz notturno al Seghino, la beffa… Non si vuole ascoltare, e non c’è rispetto per la Valle. Non ascolto e rispetto, ma azioni prestabilite. E se penso anche all’uso massiccio dell’esercito non vorrei pensare anche… provocatorio. Invece, bisognerebbe cogliere questa occasione per una seria riflessione sul giusto modello di sviluppo, sulla crescita…».
Fare marcia indietro, ammettere di aver sbagliato…
«E bisogna raccogliere tutti gli elementi. L’opposizione di tutto un territorio è un elemento che non può essere ignorato».
La devastazione dell’ambiente provocata da 15 anni di cantieri, un inferno di rumore e polvere 24 ore al giorno, priverà gli abitanti non solo del sonno e della salute, ma anche del contatto con la natura. La natura sarà sconvolta. Sarà impossibile contemplare. Non pensa che ci sarà anche un danno spirituale, quindi?
«Certamente. Un danno profondo, intimo. Abbiamo il diritto di contemplare la bellezza che Dio ci ha dato. Il diritto di camminare nei boschi, camminare sulle nostre montagne. E ci dicono che ne avremo dei vantaggi!».
Sì, qualcuno si è inventato anche che aumenterà il valore degli immobili!
«Sì, aumenterebbe il Pil locale… c’è proprio tutta una costruzione della bugia o comunque della non-verità».
Nella religione cristiana, la natura è considerata sacra oppure no?
«Uomo e Creato hanno la stessa origine e quindi per tutti e due valgono le stesse regole. Non possiamo trasformare la natura danneggiandola. Dobbiamo custodire il Creato, seguendo il principio che le trasformazioni sono per il bene dell’Uomo. Invece la storia dell’umanità è piena di trasformazioni del Creato a danno dell’Uomo. Siamo lontano da Dio quando facciamo questo.
Offendere il Creato è offendere Dio: questi sono veri peccati! Qui l’apporto delle comunità di credenti potrebbe essere importante. Qualcuno ha timore ad entrare nel merito. Ma, alla luce della parola di Dio, il rapporto Uomo-Creato, è un tema che ci appartiene totalmente».
Dobbiamo aprire questo discorso.
«Ci dicono che la chiesa non deve dare soluzioni tecniche. È ovvio. Ma esiste una premessa a tutto il discorso: la relazione degli uomini con il Creato e quindi con Dio, ripeto l’Uomo e il Creato hanno la stessa origine. Il Creato esce dalla mano, dal cuore, dal pensiero di Dio. Non possiamo fae quello che vogliamo secondo logiche economicistiche di sviluppo, di crescita…».
L’emergenza ambientale è planetaria. Sarebbe meraviglioso, un miracolo forse, se nascesse proprio un movimento planetario di difesa del creato. Potrebbe nascere un movimento di unificazione delle fedi religiose intorno al concetto di difesa del Creato? Tutti viviamo sulla stessa Madre terra. A tutti è stato dato il giardino dell’Eden.
«Non conosco bene la teologia su questo punto. Ma, come diceva lei, tutti viviamo sulla Madre Terra e da questo punto di vista tutti quelli che hanno questo riferimento possono ritrovarsi uniti e anche portare un contributo che supera le altre divisioni. Tutti siamo in una relazione fondamentale con Dio, ma non sulle nuvole. Qui, sulla Terra. Il Dio in cui crediamo, che veneriamo è il Dio che testimoniamo vivendo nella casa in cui ci ha posti. E noi la stiamo rovinando».
Don Ettore, non è che qui c’è la mano dell’Antagonista, di Satana?
«La tentazione di inseguire il progresso a ogni costo è sicuramente una tentazione di Satana: il mito della crescita infinita, l’idolo del denaro… E si rende un luogo invivibile, gli abitanti infelici… Bisogna fare una premessa grande sulla crescita sostenibile, sul vero sviluppo prima di parlare di progetti tecnici, ci vorrebbe una politica coraggiosa».
Anche la chiesa dovrebbe essere coraggiosa. Invece, il nostro vescovo, il nostro cardinale si astengono…
«Forse dovremmo aiutarli. Anche con Missioni Consolata, la vostra rivista. La chiesa piemontese potrebbe dare un contributo alla discussione sui temi che ci appartengono, la vita, il bene. Che non si pensi che c’è un “silenzio-assenso” della chiesa. La chiesa deve stare con il suo popolo, con i suoi poveri. E questi sono poveri, perché non hanno il potere».
Una cosa bella, che dà molta fiducia ai valsusini è proprio vedere i suoi sacerdoti alle marce, che si esprimono. È incoraggiante. Il pastore si occupa del gregge. Questo progetto è talmente devastante che porterà anche dei danni psicologici alle persone. La perdita del senso del futuro. La speranza. Non avere speranza nel futuro, è mortale.
«Non si può non ricordare quel bellissimo racconto di Peguy: la Fede è come una cattedrale, la Carità è come un ospedale. Ma se non si sveglia ogni mattina la piccola virtù della Speranza non serve a nulla. Ogni mattina devo potermi svegliare con la speranza. La mancanza di speranza uccide la vita».
Questa protesta significa che c’è ancora speranza. I valsusini sono portatori di speranza e quindi di vita.
«Sì. Questa gente ama la vita. È un popolo profondamente informato e non è affatto vero che è plagiato o strumentalizzato. Dal popolo viene un messaggio forte. E la chiesa deve sostenere questo messaggio. Coltivare spazi di riflessione. Dare spazio alla gente che non può più esprimersi se non con la protesta. Raccogliamo la loro sofferenza, i loro pensieri. E coltiviamo la virtù della speranza».
LA PAROLA A DON SILVIO, PARROCO DI CONDOVE
Appena iniziamo a parlare, don Silvio sottolinea l’amarezza di tutto il popolo valsusino. L’amarezza del non sentirsi ascoltato da chi avrebbe il dovere di farlo.
I sacerdoti, invece, sono vicini alla gente?
«La maggioranza dei sacerdoti è vicina alla gente, è vicina al problema. Di sacerdoti che partecipano alle marce, che si espongono siamo una decina.
Ieri, nella riunione di tutti i sacerdoti con il vescovo, ho proposto di portare il nostro contributo come chiesa a livello di preghiera e di riflessione. Vivere come credenti questo problema che si presenta come molto grave. Noi parroci temiamo per l’ambiente e per la salute. Temiamo che non ci siano le condizioni di vivibilità. Una valle stretta, già piena di infrastrutture.
Si realizzi il potenziamento della linea esistente, senza il megatunnel. Siamo anche preoccupati per le falde acquifere. Vedi la galleria Enel di Pont Ventoux, che avrebbe dovuto essere operativa dal 2000, ma non può entrare in funzione perché non riescono a gestire le perdite dalle falde».
Come intendete dare appoggio ai vostri fedeli?
«Certamente vogliamo farlo. Ma c’è una discussione sul come. Il vescovo non vuole che si intervenga esplicitamente, nel dire NoTav. Ma di fare interventi di preghiera per il bene della Valle. Dice che dobbiamo essere sacerdoti per tutti, sia quelli a favore sia quelli contro il Tav».
Il fatto è che i valsusini sono tutti contro…
«Sì, idealmente si può dire così. Auspicherei molto di fare un programma di interventi, come la veglia di preghiera a Foresto. Vorrei che diventasse una catena, che ci fossero tanti incontri. E credo che dovrà intervenire anche la forza di Dio per aiutarci. Non vorrei che si arrivasse a scontri violenti. La cosa bellissima è stata la correttezza con cui si è svolta la marcia del 16 novembre».
Sarebbe possibile celebrare delle messe, messe collettive, proprio nei luoghi dei sondaggi. Per esempio, nella chiesa di Venaus, il paese dove dovrebbero iniziare i lavori del megatunnel?
«Come ha ribadito ieri il vescovo, il sacerdote è collaboratore del vescovo e deve agire in comunione con lui».
Questa è proprio una regola?
«Altroché. Noi sacerdoti, se non siamo uniti al vescovo non possiamo fare niente. Proprio a livello sacramentale.
Cosa significa “a livello sacramentale”?
«Che se si spezza questo legame con il vescovo io non posso più celebrare la messa, non posso più essere parroco di una comunità. In quanto rappresento il vescovo in quella comunità».
Cosa è vietato a un sacerdote?
«Esporsi con dichiarazione con scelte di campo».
Ma lei come può non sentirsi contro questa devastazione, lei è anche un valsusino, vive in questa valle…
«Esatto. Io come valsusino posso dire quello che penso, ma non posso servirmi del mio ministero per far valere una certa idea, non posso nella mia predicazione esprimermi contro il Tav. Nella messa io aggiungo un’intenzione di preghiera che è “preghiamo per questa valle, per la grave situazione in cui si trova, chiediamo a Dio che ci aiuti a superare questo problema”. Non posso pubblicamente esprimermi contro il Tav e a favore del potenziamento della linea attuale, perché – come dice il cardinal Poletto – “noi non siamo dei tecnici”».
In realtà in questa valle siamo diventati tutti dei tecnici, ci hanno obbligato a diventarlo. Ci siamo informati molto bene sul progetto e sulle sue conseguenze. La protesta nasce proprio dall’informazione e non dalla non-informazione come vuol far credere la regione.
«Io confido molto nell’aiuto dall’Alto, da Dio, dalla Madonna del Rocciamelone. Che succeda qualcosa che li convinca che è una follia. Che è un delirio di onnipotenza. Queste grandi infrastrutture che stravolgono l’equilibrio della natura».
Ci sono emergenze ambientali su tutto il pianeta. Io sono convinta che in tutto questo ci sia la mano dell’Antagonista, l’antagonista del Creatore. Satana. Ma molti non vogliono pronunciare questo nome.
«No, no, io nelle mie omelie lo pronuncio. Molti temono di passare per retrogradi, di essere del medioevo, ma io credo che il Maligno stia operando proprio per distruggere il Bene e distruggere l’Uomo».
Allora in questo momento è importante credere.
«Sì, credere in Dio. E nei miracoli».
Paola Rando
Paola Rando