TAV- articolo 1
QUELLA FERROVIA «S’HA DA FARE»…
Una comunità lotta contro un’opera che distruggerà per sempre un’intera valle
e sconvolgerà la vita dei suoi abitanti. Un progetto dannoso (per la salute, l’ambiente, la vivibilità), inutile e costosissimo, eppure in tanti – anche tra i mezzi
d’informazione – lo sostengono.
Vincerà la volontà dei cittadini o l’arroganza del potere?
Il 31 ottobre 2005 verrà ricordato a lungo nella Valle di Susa come una storica giornata di lotta popolare in difesa del territorio e dei suoi abitanti. Alle 4 del mattino, come tanti Robin Hood, centinaia di valligiani con i loro sindaci si sono inerpicati tra i boschi del massiccio del Rocciamelone, nei pressi di Mompantero, per costruire barricate di sassi e tronchi ed impedire l’accesso ai terreni interessati dai lavori per la linea ad Alta velocità Torino-Lione, più nota come Tav.
Verso le 6, sono arrivate le forze dell’ordine, a centinaia, ma per ore sono state fermate dalla barriera umana creata da donne, bambini, giovani, vecchi partigiani, che cantavano "Bella ciao" e l’"Inno di Mameli". Una battaglia determinata ma pacifica tra le montagne della resistenza partigiana, a cui carabinieri e polizia, in tenuta antisommossa, protetti dagli scudi e dai caschi, ad un certo punto hanno risposto con le manganellate e le spinte. Qualcuno tra i manifestanti è anche finito all’ospedale, qualcun altro in caserma.
Quando, a sera, i "Robin Hood anti-Tav", ormai sicuri di aver vinto la prima battaglia, sono scesi dalle mulattiere, tra gli applausi e gli abbracci di chi era rimasto a valle, è arrivata la beffa: nuove forze dell’ordine hanno sostituito i colleghi ed occupato le postazioni. La delusione non ha però scalfito la determinazione della popolazione, che il giorno successivo, festa di Ognissanti, si è ritrovata a manifestare seguendo le regole delle resistenza pacifica nonviolenta. È stato un successo clamoroso di partecipazione, un momento appassionante, un’occasione per spiegare i perché di questa lotta ad oltranza.
Venaus, Val di Susa. Giugno 2005. Trentamila persone si sono ritrovate insieme per dire "no" alla ferrovia Torino-Lione. Dalla cittadina di Susa a Venaus, il lunghissimo corteo ha marciato per tre chilometri e mezzo nell’afa di una giornata di tarda primavera piemontese. Tante le famiglie con bambini piccoli nel passeggino o in bici, le associazioni ambientaliste, sindacali, culturali, i sacerdoti, i ragazzi, i sindaci della Valle, la Caritas provinciale.
Una risposta di massa, tranquilla, pacifica e molto determinata, a un progetto voluto da politici e gruppi industriali, che avrà, così sostengono scienziati, medici, economisti e amministratori locali, costi altissimi sia a livello economico sia di rischio ambientale e sanitario.
Una lotta coraggiosa, che va avanti da oltre quindici anni, ma che da un paio ha assunto una connotazione di "massa". Non un pugno di montanari anti-progresso e ignoranti, come sono stati definiti, ma un popolo consapevole, informato, che vuole vivere e continuare a far crescere i propri figli in una valle salubre, senza la paura di morire di mesotelioma pleurico causato dalle inalazioni delle invisibili fibre d’amianto, estratto dalle rocce perforate per i tunnel della Tav.
La grande novità e la ricchezza morale e culturale dell’opposizione all’Alta velocità valsusina è la creazione di un movimento trasversale alle ideologie politiche e ai partiti. Una democrazia partecipativa, dal "basso", dove tutti contano nello stesso modo, dove il dialogo e il confronto sono continui e le decisioni sono prese attraverso assemblee pubbliche.
I presidi, luoghi di vigilanza, discussione e incontro (trasformatisi, nei mesi, da "accampamenti" a vere e proprie casette, con cucine, frigoriferi, tavoli, ecc.), sono nati sulle aree interessate dai sondaggi: Borgone, Bruzolo, Venaus. Nei primi due sono previsti dei carotaggi per valutare l’impatto dell’opera sul terreno; a Venaus si tratta di un vero tunnel di servizio, lungo 9 km e largo 6 metri. Una truffa che, facendo passare per "sondaggio" geognostico quest’opera, ha potuto evitare l’esame della valutazione ambientale, ottenendo immediatamente il finanziamento europeo.
Il movimento ha dunque deciso di presidiare questi terreni, avvicendandosi nei tui, giorno e notte. Per tutta l’estate, centinaia e centinaia di persone si sono ritrovate a mangiare insieme – condividendo cibi e bevande -, a cantare, ballare, discutere, giocare, pregare. A Borgone, area che ospita il sito "Maometto", di notevole interesse archeologico, è stato costruito un altarino alla Madonna del Rocciamelone – da sempre la montagna sacra delle Valli di Susa – e in più occasioni sono stati organizzati momenti di preghiera multireligiosa.
L’aria di lotta civile pacifica, gandhiana nella forma e nei contenuti, che si respira, è entusiasmante per chiunque si avvicini: è un qualcosa di inconsueto, ormai, per il nostro paese, dove i più sono abituati ad accettare passivamente qualsiasi decisione (tranne quando si tratti di calcio!) che vada a detrimento del diritto, della qualità della vita e delle speranze future .
Televisioni, quotidiani, riviste ad alta tiratura e di "tendenza" stanno facendo opera di "disinformazione mediatica", rifiutando di evidenziare la voce di tecnici ed esperti che si oppongono al progetto, e quella degli abitanti. Sembra che in alcune redazioni, addirittura, transitino rappresentanti di partiti per suggerire le "dritte" ai giornalisti, a dire, cioè, cosa e come si deve rispondere.
Alla democrazia partecipativa, la politica ufficiale risponde con l’arroganza e con il muro dell’omertà. Come a sottolineare che le esigenze e le legittime richieste delle amministrazioni locali non sono da tenere in reale considerazione. Il "macro" che ancora una volta si scontra con il "micro". In Valle di Susa come nel Mugello, a Roma e Napoli come in Sicilia, in India come in Brasile.
"Non si può realizzare una grande infrastruttura come l’Alta velocità ferroviaria Torino-Lione ignorando il parere contrario di 40 enti locali e l’opposizione di tutta la popolazione locale – sottolineano al Wwf -. Così avviene in Piemonte come in Veneto e in Friuli, dove si vorrebbero aprire i cantieri per la realizzazione delle varie tratte della direttrice est-ovest del cosiddetto Corridoio 5 (con un costo stimato di circa 28 miliardi di euro)".
Il climatologo Luca Mercalli aggiunge: "Agli inizi del XXI secolo sarebbe più opportuno ragionare nei termini della "bassa velocità" e dell’"alta qualità". Il progetto dell’alta velocità ferroviaria necessita, infatti, di un consumo di materie prime, suolo, energia, sproporzionato rispetto al risparmio di pochi minuti sui tempi di percorrenza. Il vero progresso deve puntare sulle vie rinnovabili. È qui che scienza, economia e politica si devono alleare".
Nicoletta Dosio, insegnante di storia e rappresentante storica dei "comitati no Tav", sottolinea come l’opposizione popolare sia anche indirizzata contro un certo modello di sviluppo fondato sulla distruzione degli ambienti naturali e umani e su "grandi opere", inutili e nocive.
L’illusione della crescita infinita, dunque, che sfrutta le risorse naturali e umane, e che sta facendo soffocare di rifiuti, fumi, inquinamento, scarti industriali, il pianeta. E affama interi continenti. Reitera e amplia le ingiustizie sociali e politiche. E scatena rabbia e disperazione.Ma perché i valsusini si oppongono a questa "grande opera"? Perché temono gli effetti devastanti prodotti dalla movimentazione di rocce amiantifere, contenute in un grande massiccio geologico che si estende per diversi chilometri (e che unisce bassa Val Susa e Valli di Lanzo), le cui polveri, respirate (ed è impossibile non respirarle), provocano una forma tumorale che non dà scampo. "Sono determinata a far sì che i miei figli possano vivere in una valle non pericolosa – afferma Roberta, una giovane mamma di due bimbi piccoli -. Questa zona è già stata abbastanza devastata da autostrade e altre grandi strutture". "Le informazioni sanitarie che stanno circolando grazie a un documento firmato da 80 medici di base della Valsusa – le fa eco un’altra signora, Rossana, mentre spinge un passeggino -, sono davvero allarmanti: si parla di mesotelioma pleurico, che uccide in nove mesi, provocato dalle polveri di amianto, e di linfomi, causati dall’uranio. C’è poco da star tranquilli. Come mai i politici non sono interessati alla nostra salute e alla sopravvivenza in questi territori?".
Il 5 novembre una fiaccolata di 15 mila "sfaccendati" ha sfilato per le strade di Susa, in un silenzio composto e rispettoso, senza slogan e senza bandiere di partito. Sfaccendati, appunto, come sono stati definiti dal ministro Pietro Lunardi.
Lunardi, intervenendo a un convegno sull’Alta velocità nel mondo organizzato presso la Fiera Milano, aveva dichiarato: "Non ci impressionano le fiaccolate di gente che non sa come passare il tempo e che forse potrebbe investirlo in modo migliore". Il ministro (familiare degli azionisti di maggioranza della Rocksoil, importante società di geo-ingegneria per la progettazione di gallerie) non è stato l’unico a sparare bordate contro il popolo no-Tav: politici, imprenditori ed economisti si sono alternati in affermazioni dure sulla protesta popolare e l’opposizione all’Alta velocità.
In quegli stessi giorni di novembre vengono rinvenuti – come prevedibile! – un volantino inneggiante alle Br e un pacco bomba (confezionato per non dover esplodere) destinato ai Carabinieri. Quest’ultima notizia ha riempito spazi enormi su quotidiani e Tv, offuscando le attività di "resistenza civile passiva" delle popolazioni. Quale migliore pretesto che una bomba o il terrorismo per gettare ombre su un movimento distantissimo da vocazioni violente? In alcuni Tg, la lotta no-Tav è stata infatti astutamente accostata, attraverso commenti ed immagini, al pericolo del terrorismo e della sovversione. Un’operazione vergognosa, poco consona ad una democrazia.
Angela Lano