RORAIMA: la festa

L’antropologa

LA FESTA CONTINUA

Lo scandalo del finanziamento illecito ai partiti, che ha colpito il Partito dei lavoratori, nonché il suo leader, il presidente del Brasile Luiz Inacio Lula da Silva, si è ripercosso anche sullo stato di Roraima: le élites locali hanno ironizzato e accusato il presidente di sprecare il denaro pubblico nell’inviare un manipolo di poliziotti federali in quello stato, per garantire la sicurezza e il tranquillo svolgimento della festa per l’omologazione della terra indigena Raposa Serra do Sol. Così sono rimasti indifesi i villaggi di quell’area e alcuni dei suoi presidi più rappresentativi, come la missione di Surumú e il suo Centro di formazione e cultura indigena.
In questa latitanza del governo centrale, i gruppi tradizionalmente ostili ai popoli indigeni, tra cui anche molti indios corrotti dai politici locali, sono riusciti ad avere mano libera: appena 4 giorni prima dell’inizio della festa, 150 uomini incappucciati e armati hanno bruciato il Centro, la chiesa e l’ospedale. Dietro tali atti ci sono mandanti ed esecutori ben noti: il sindaco di Pacaraima (il maggior risicoltore della regione), Paulo César Quarteiro, di lontane origini italiane e il tuxawa (capo) del villaggio di Contão, Genivaldo Macuxi.
I media locali (giornali e Tv) hanno provveduto a coprire i mandanti e svelare gli esecutori materiali, che si sono assunti tutte le responsabilità. Al tempo stesso, però, hanno fatto di tutto per scagionarli: ripetendo fino alla noia la solita tiritera sull’«inteazionalizzazione» (che cioè, «chi difende i diritti degli indios sarebbero soltanto stranieri, interessati a impossessarsi delle loro terre») e rimproverando alla polizia militare locale di non intervenire contro gli stranieri e ad alcuni organi giuridici di garantire loro l’impunità.

I l tanto contestato manipolo di polizia federale (appena tre uomini, invece dei 150 attesi), sono arrivati all’inizio della festa, dopo la distruzione della missione di Surumú e l’incendio appiccato, il giorno successivo, al ponte sul fiume Urucurí, l’unico accesso via terra all’area indigena.
Questi fatti non hanno bloccato il normale svolgimento della festa; però ne hanno permesso la delegittimazione istituzionale. A parte la presenza di un consigliere personale di Lula, Cesar Alvarez, alla festa hanno partecipato unicamente dei «tecnici» dell’apparato governativo, come il presidente della Fondazione nazionale per gli indios e quello dell’Istituto nazionale di colonizzazione e riforma agraria.
Si attendeva la presenza di almeno tre ministri: Marina Silva ministro dell’Ambiente, Miguel Rossetto dello Sviluppo agricolo e Marcio Thomaz Bastos della Giustizia, il quale aveva confermato da tempo la sua partecipazione. I timori per la sua incolumità (volantini distribuiti per tutta la città di Boa Vista con minacce di una manifestazione e altre azioni ai suoi danni e di rappresaglie nei confronti delle comunità indigene) hanno impedito a Bastos di recarsi alla festa dell’omologazione di cui egli è stato certamente il maggior artefice.
C’erano invece tanti stranieri, rappresentanti di organizzazioni non governative, che hanno fatto dire ai mezzi di comunicazione che «la festa è solo un’iniziativa degli indios e degli stranieri», fomentando ancora una volta la tesi dell’inteazionalizzazione dell’Amazzonia. «L’area unica – hanno ripetuto i media – è sostenuta da una minoranza indigena, dalla chiesa e dalle Ong, mentre la maggioranza degli indios vuole la demarcazione “in isole”, in quanto solo questa può garantire lo sviluppo delle comunità indigene e, soprattutto, dello stato di Roraima».
Certamente la regione del Basso Cotingo, che vede la presenza stabile dei grandi coltivatori di riso, fornisce spesso uomini, ma anche donne e giovani, alle azioni terroristiche condotte ai danni delle comunità che hanno sostenuto l’omologazione in area continua. Sembra, però, che questi individui si prestino a tali atti per tre motivi principali: ricevono compensi e vantaggi economici, sono ricattati, subiscono le pressioni della Missione evangelica dell’Amazzonia, da tempo presente nell’area (soprattutto nel villaggio di Contão) e da sempre contraria alla demarcazione in area continua.
Tuttavia, dietro coloro che a Roraima si oppongono al riconoscimento delle terre, dei diritti indigeni e alla riforma agraria, ci sono parlamentari locali che godono di notevole rappresentatività a Brasilia; essi vedono nella risicoltura e in altre attività intensive il futuro di Roraima, per cui non hanno nessun interesse alla regolarizzazione delle terre, perché ciò significherebbe un controllo più diretto sul loro uso, che non è mai esplicitamente dichiarato.
Ne deriva una situazione assurda: l’amministrazione locale di Roraima preferisce che non si realizzi il passaggio delle terre federali allo stato regionale e che, piuttosto, rimangano nell’indefinizione, consentendo così che tali terre cadano nelle mani dei grileiros (invasori illegali di terre federali), la mano lunga dei potentati locali, i quali, a loro volta, rappresentano gli emissari delle multinazionali che stanno davvero «inteazionalizzando» il Brasile.
Per esempio, nella regione domina pure un certo Walter Vogel, svizzero. Possiede 12 mila capi di bestiame, due agenzie immobiliari, diversi negozi, piantagioni di acacia mangium per migliaia di ettari, nonché il 40% delle terre coltivabili dello stato (escluse quelle indigene). Spesso i bianchi recriminano: «A Roraima c’è troppa terra per pochi indios»; ma non si sente dire: «Troppa terra per un solo bianco».

I ntanto la festa continua, sotto la guida del grande tuxawa Jacir de Souza Macuxi, che «è stato ricevuto a Brasilia come un capo di stato». Egli si sente erede di Makunaima, il leggendario capostipite di quei popoli indigeni che dalla notte dei tempi abitano quelle terre e le hanno difese con coraggio a prezzo del proprio sangue.
Jacir è commosso, mentre inaugura il monumento che rappresenta la mappa della regione Raposa Serra do Sol, realizzata da Barthó, un artista non-indio. Anche questo costituisce una significativa testimonianza, per dimostrare che la convivenza pacifica tra indios e non indios a Roraima e in tutto il Brasile è possibile e che il processo di riappropriazione delle terre da parte dei suoi più antichi abitanti, dopo 500 anni di soprusi, è ormai irreversibile.

Silvia Zaccaria

Silvia Zaccaria