LETTERE – Io da che parte sto?

Caro direttore,
condivido in toto le riflessioni da lei espresse nell’editoriale «Ai lettori» pubblicato su Missioni Consolata del giugno 2005, dal titolo: «Io da che parte sto?».
Ritengo sia motivo di libertà e di profonda gioia, per un cristiano, schierarsi a fianco di Cristo Gesù Signore crocifisso, ieri e oggi, da quanti vogliamo mantenere l’ordine e la legge del sinedrio e dell’impero e da quanti lo tradiamo per umana paura o per sconsiderato attaccamento al nostro «io».
Mi rimane solo un desiderio: che lei mi aiuti ad entrare nel mistero dell’incontro decisivo-vitale con Cristo Salvatore; che lei spezzi con me il «pane» dell’esperienza che l’ha proiettata fuori di sé, per diventare missionario, annunciatore del vangelo.
Ancora, vorrei che lei mi contagiasse un poco con la sua «novità», la sua scoperta. Vorrei che lei mi facesse intravvedere almeno un bagliore della perla, per acquistare la quale ha venduto tutto. Vorrei ancora che mi prendesse per mano e mi accompagnasse verso la mensa della Vita e mi insegnasse, come a un bimbo, a nutrirmi del «Pane», della Parola e del Perdono, per crescere forte e convinto operatore di giustizia nel mondo.
Ho bisogno che lei mi porti alla fonte di questa «acqua viva»; quell’altra, quella che non disseta, scorre a fiumi su giornali, tivù e riviste.
Un augurio di buon apostolato.
Diego Gottardi
via e-mail

Caro Diego, ho l’impressione che mi chiedi un po’ troppo. Non sono un guru né un grande «maestro di spirito». Anch’io mi arrangio come posso.
Per ora ti auguro di continuare con gioia la tua ricerca. «Noi cerchiamo per trovare, ma troveremo solo la possibilità di cercare ancora» (Agostino).

Signor B. Bellesi,
sulla facciata della cattedrale di Cueavaca in Messico, tempo fa, fu appeso uno striscione che diceva: «Il mondo è diviso in oppressi e oppressori: tu da che parte stai?» (cfr. editoriale di Missioni Consolata, giugno 2005). Io credo che neanche in un pollaio si possa operare una distinzione così netta, figurarsi nel mondo. Certo, usare una cattedrale come un gazebo non mi sembra una grande idea; ma forse in Messico si usa così.
Lei, signor Bellesi, parla poi di legge del sinedrio e dell’impero e di orpello (?) religioso e qui vorrei fare una precisazione. Il fatto che dittatori cristiani (tra virgolette) per difendere la cosiddetta civiltà cristiana (sempre tra virgolette) abbiano ucciso ecc. ecc., non assolve sic et simpliciter i loro avversari. Allora, un po’ meno adesso, in quei paesi si stava e si sta svolgendo una guerra non fra buoni e cattivi, bensì tra pessimi. Condannare l’operato di Pinochet e Videla senza considerare che i loro avversari agivano con gli stessi sistemi e avevano lo stesso disprezzo per la vita umana è poco onesto.
Inseguire il paradiso terrestre prossimo venturo e confidare per la sua realizzazione in assassini è una chimera. Costoro non porteranno ai loro popoli la libertà, il benessere e la giustizia (sempre relativa perché umana), ma miseria, violenza, oppressione.
Perché ve la prendete tanto a cuore? A volte sembrate, più che uomini di Dio, dei tifosi di una squadra di calcio. Tutti questi vostri slogan forse sono suggestivi, ma sono estranei al vangelo. Gesù Cristo ha fatto la rivoluzione dell’amore, si è fatto uccidere e ha perdonato i suoi nemici pur potendo sterminarli. Come pensate di conciliare il suo insegnamento con l’operato dei Castro, Guevara, Chavez e compagnia?
Già al tempo del fascismo molti missionari erano praticamente filo-fascisti e questo fu una cosa pessima. La chiesa cattolica è eterna: lo ha detto Gesù Cristo; gli uomini politici passano gli imperi cadono. Eppure era quella gente eccellente, pronta a dare la vita per annunziare il vangelo. Fedeli ai superiori e al papa. Adesso i numeri sono quelli che sono e per il resto è meglio non fare paragoni che sono sempre antipatici…
Signor Bellesi, lei ci invita a porci la domanda: io da che parte sto? E lei da che parte sta? Non dica dalla parte degli ultimi, perché dietro i vostri ultimi ci sono altri ultimi dei quali nessuno si cura.
A. Luigi Di Nicola
Milano

Sarebbe troppo lungo rispondere a tutte le «cattiverie» espresse in questa lettera (abbiamo omesso quella in cui si attaccano le persone e la loro coscienza). Rispondo solo a quella finale, che mi riguarda personalmente.
Per ragioni di spazio, nell’editoriale da lei «incriminato» non ho aggiunto che quella domanda la ponevo, prima di tutto, a me stesso. Ebbene, devo confessare che non ho ancora trovato la risposta, neppure quella da lei suggerita; ma continuo a interrogarmi: «Io da che parte sto?». Solo Gesù Cristo, che, come lei stesso afferma giustamente, «ha fatto la rivoluzione dell’amore», può dire di essersi schierato dalla parte degli ultimi, contro l’ipocrisia del sinedrio e dell’impero. E per questo è stato ucciso… come tanti vescovi, preti, suore e fedeli cristiani, a cui accenno nell’editoriale.
Ma lei, signor Di Nicola, si è mai posta la domanda, onestamente, se sta dalla parte degli oppressi, oppure da quella degli oppressori?

Diego Gottardi e A. Luigi Nicola

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