DOSSIER TRAPIANTI Testimonianza (2)

Un trapiantato di rene

"IL MIO BELLISSIMO RENE"

Un giorno i reni smettono di funzionare ed inizia la schiavitù della dialisi. Un calvario che si chiude con un trapianto. E con esso l’occasione di nascere una seconda volta.

Tutte le volte che accarezzo il mio fianco destro, dove ha trovato sede questo «bellissimo» rene, stento ancora oggi, a distanza di quasi 7 anni, a credere in questo miracolo di cui sono testimone.
La vita, la mia, di giovane donna che a trent’anni si accingeva a conquistare il mondo, un possibile grande amore e ad accogliere i figli che Dio mi avrebbe voluto donare, questa vita è stata infranta da una crudele ed ingiusta sentenza: dialisi per insufficienza renale cronica, provocata da un reflusso vescico ureterale bilaterale.
Occorrerebbe un libro per raccontare tutte le mie vicissitudini, al termine delle quali vi era una sola speranza, il trapianto, la possibilità di una seconda vita. Non avrei mai pensato che mi sarebbe capitata l’occasione di rinascere una seconda volta. Una grande occasione!

Ho trascorso l’esistenza, prima del miracolo, tra le inquietudini e le serenità di una ragazza che, osservando il proprio corpo, si torturava all’idea di non avere i capelli lisci piuttosto che ricci, di non pesare qualche chilo in meno, di non avere gli occhi azzurri. E intanto maturavo, attraverso le esperienze e le conoscenze che mi formavano il carattere e la personalità.
Nonostante non abbia mai fatto uso di droghe, di alcornol o quant’altro di nocivo, nonostante tutto questo, un bel giorno i reni, i miei reni hanno deciso di non funzionare più.
Quindi? Dialisi. E che cos’era, dov’era, com’era? Possibile che non sapessi a trent’anni cosa fosse la dialisi? Eppure era così, non la conoscevo e non conoscevo il mondo che ruota attorno ad essa, invisibile e muto, un mondo che viene filtrato attraverso una macchina e a te restituito sotto forma di precaria vita in attesa. Attesa che la dialisi giornaliera finisca per fare posto a quella del giorno dopo, e poi del giorno dopo ancora e poi ancora… fino a quando?
Fino a quando non realizzi che, per riprendere a vivere, qualcun altro dovrà lasciare questa dimensione terrena. Ed è proprio allora che la tua vita cessa di esistere ed insieme ai tuoi reni, anche il tuo cuore, la tua essenza viene filtrata… come le emozioni, i desideri, le speranze. Attraverso quel filtro ti rispecchi e rivedi la vita che avevi e che ora non hai più. Naturalmente ti imponi di non pensare e non desiderare il trapianto a discapito della vita di un tuo fratello, ma poi il calvario aumenta e il desiderio di un organo che funzioni e ti liberi dalla schiavitù della dialisi si insinua nel tuo cuore, portandoti ad invocare quasi con disperazione il trapianto. Ti imponi allora un calmo e rassegnato silenzio e ti avvii lungo la strada dell’accettazione. Cosa dovevo comprendere, che significato dovevo leggere in quell’esperienza non voluta e subita?
Ad esempio questo: il trapianto è l’occasione di nascere un’altra volta con la consapevolezza che questa volta la vita ti è donata direttamente da Dio perché te la sei conquistata con la rassegnazione, ma anche con l’amore e la passione per quel po’ di vita che ti resta.
Qualcuno ci lascia, qualcun altro è rimasto per custodire. Si nasce e si muore e il miracolo si compie tutte le volte.

Oggi «accarezzo» questo rene nuovo che mi aiuta a comprendere più profondamente la vita. A volte, disorientata, rifletto sulla mia vita, cercando di capire il perché di questa mia esistenza, chi sono, dove sono e perché ho potuto essere ancora…
Il trapianto è una sensazione meravigliosa; non ho i capelli lisci, gli occhi azzurri, ma mi sento meravigliosa, più di prima ed ogni giorno di più.
Accudisco questo rene nel nome del mio donatore al quale è stata interrotta la vita terrena per completare il suo percorso nell’amore di Dio.
Donate, in nome dell’amore, perché in principio fu la vita e da allora non fu mai interrotta… ed il mio rene trapiantato ne è una testimonianza.

Giuseppina Rossi, architetto

Giuseppina Rossi

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