Oggi il trapianto non è più un «tentativo estremo». Per il domani le maggiori aspettative sono riposte nelle cellule staminali e negli organi bio-artificiali. Senza dimenticare che scienza ed arte medica non sono sovrane assolute.
I trapianti d’organo, superata la fase pionieristica degli anni ‘60, costituiscono ormai una realtà. Oggi il trapianto è a tutti gli effetti un’opzione terapeutica, pur molto sofisticata e complessa, ma che deve essere considerata un intervento di routine, non un «tentativo estremo». Oggi l’80% dei pazienti che ha subìto un trapianto di rene, a cinque anni dall’intervento conduce una vita normale, libera dalla schiavitù della dialisi.
La sopravvivenza a lungo termine nei Centri all’avanguardia è ormai significativa: 75% a 5 anni per il trapianto di cuore; 80% per il trapianto di fegato nell’adulto. Questi dati confortanti ci dimostrano come la costante ricerca clinica e sperimentale ha condotto al perfezionamento e alla standardizzazione della tecnica chirurgica, all’affinarsi delle modalità di trattamento perioperatorio e della terapia del rigetto. In particolare per quest’ultimo aspetto, eccezionale è stato il ruolo svolto dall’introduzione della ciclosporina (in eventuale associazione ai corticosteroidi) che, rivoluzionando gli schemi immunosoppressivi precedenti, ha permesso di controllare il rigetto e di limitare in modo considerevole gli effetti collaterali negativi dei farmaci precedentemente utilizzati.
Ad esempio, la ciclosporina in microemulsione, ultima evoluzione del farmaco, consente di ridurre di un ulteriore 15-20% i casi di rigetto acuto.
In tutto il mondo sono attualmente operativi più di 1.650 Centri che hanno effettuato oltre 350.000 trapianti di rene, 1.600 di pancreas, 5.600 di rene e pancreas, 40.000 di fegato, 189 di intestino e multiviscerali, 36.000 di cuore e 4.200 di polmone. Per quanto riguarda la sopravvivenza, la maggiore è stata di 32 anni nella chirurgia sostitutiva renale, di 25 anni in quella epatica e di 21 in quella cardiaca, di 16 anni in quella di pancreas, di 14 anni in un trapianto combinato di rene e pancreas, di 12 anni per cuore e polmone, di 10 anni per il polmone singolo e di 8 dopo trapianto bilaterale del polmone.
Questi valori sono molto significativi soprattutto in relazione al fatto che, ad esempio per le patologie cardiache, mentre il 100% dei pazienti selezionati non trapiantati muore entro 6 mesi, l’80% di quelli trapiantati riprende a lavorare e a condurre una vita normale entro un anno.
I progressi nel settore dei trapianti si susseguono rapidamente e, mentre si allunga la lista degli organi e di altre parti del corpo trapiantabili, aumentano le conoscenze per il trapianto da vivente di parte del fegato (split-liver = fegato diviso), con l’asportazione di una porzione del lobo destro del fegato del donatore e successivo trapianto nel ricevente. Dal momento che il tessuto epatico è capace di rigenerarsi, nel giro di poche settimane le due parti divise ricostituiscono un organo pienamente funzionante.
Recenti sono i trapianti di mani e di avambracci, anche a distanza dalla loro amputazione, e dei multitrapianti (rene-pancreas; cuore-polmoni o addirittura trapianto della quasi totalità degli organi addominali).
Si profilano interventi ingegneristici, come impianti di porzioni di DNA e di geni, nel tentativo di risolvere l’incompatibilità genetica ed il rigetto. Si va inoltre elevando l’età clinicamente idonea sia per il donatore che per il ricevente, e quindi aumentano i soggetti coinvolti.
Quale è dunque l’ostacolo all’ulteriore diffusione dei trapianti? La risposta è ormai ben nota a tutti: la scarsità di organi disponibili. Rispetto alle esigenze ed anche con miglioramenti legislativi e sanitari, pare, a giudizio degli addetti, che non si giungerà mai al pareggio tra domanda e offerta. Questo elemento ha determinato a cascata una serie di problemi drammatici ed a forte contenuto etico, quali la donazione a pagamento, il commercio di organi, l’uso di tessuti fetali.
L’occhio del futuro si rivolge, da un lato alla costruzione di organi artificiali impiantabili e miniaturizzati, dall’altro all’utilizzo di organi di animali, anche se in questi ultimi casi di xenotrapianto, incombe minaccioso il pericolo del rigetto acuto.
Ricerche a tal proposito sono attualmente in corso, anche in relazione alle nuove scoperte tecnologiche della modea genetica, con l’eventuale utilizzo di animali transgenici, in particolare dei suini.
Secondo l’autorevole parere dei clinici del settore, l’avanzamento della ricerca e la prospettiva di sviluppo degli xenotrapianti costituiranno probabilmente il futuro della trapiantologia.
Anche la chiesa cattolica ha accettato, come via sperimentale per tentare di sopperire alla grave carenza di organi, gli xenotrapianti. Lo stesso Giovanni Paolo II, nell’agosto del 2000 nel corso di un Convegno a Roma organizzato dalla Transplantation Society aveva definito «moralmente accettabili» i trapianti da animale a uomo. La medesima posizione era stata ribadita dalla Pontificia accademia per la vita in un documento ufficiale, frutto di una serie di incontri tra i maggiori esperti di trapiantologia e di bioetica, laici e cattolici. Durante un incontro nel 2001 in Vaticano, si era giunti alla conclusione di accettare gli xenotrapianti dopo una accurata sperimentazione pre-clinica (da animale a animale), fino al raggiungimento di risultati sufficientemente positivi, tali da poter accedere alla sperimentazione sull’uomo.
Ancora più affascinanti sono gli studi che mirano alla creazione di tessuti e di organi, a partire dalle cellule staminali.
Tali cellule, venute alla ribalta in occasione del recente referendum sulla fecondazione medicalmente assistita, rappresentano, almeno potenzialmente, la terapia di molte patologie attualmente incurabili, quali ad esempio il morbo di Parkinson e l’Alzheimer. La loro peculiarità consiste nell’essere in grado di riparare danni tessutali in ogni organo. La tecnica a cui si potrebbe ricorrere è appunto quella del cosiddetto «trapianto cellulare», analogo al procedimento utilizzato per il midollo osseo. La fonte principale delle cellule staminali è l’organismo dell’adulto; vengono escluse quelle embrionali, per problemi legislativi (legge n.40 del 2004), etici (l’embrione è persona e come tale non manipolabile) e scientifici, (in quanto potenzialmente cancerogene).
L’ultima frontiera da esplorare sarà quella degli organi bio-artificiali. Nei laboratori all’avanguardia si lavora alla progettazione ed alla realizzazione di organi artificiali, o al perfezionamento di quelli già esistenti, come nel caso del cuore e del fegato. Tali apparecchiature, sempre più perfezionate, saranno in grado di sostituire, temporaneamente o addirittura in modo permanente, organi irrimediabilmente malati.
Tuttavia, queste innumerevoli possibilità tecniche, seppur entusiasmanti, rischiano di diventare criterio, misura e contenuto di ogni scelta, se non interagiscono con l’etica.
Un «corpo», infatti, non è semplicemente un complesso di organi e di tessuti manipolabili arbitrariamente con interventi demolitori-sostitutivi, ma è il corpo di una persona.
Da un lato l’uomo con le sfide tecnico-scientifiche è espressione della sua vocazione a continuare nel tempo la creazione. È mediante questa azione che egli riuscirà a completare e a finire ciò che di incompiuto, di labile e di imperfetto resta nel suo essere, in ordine alla sua piena realizzazione, lottando contro ogni limitazione e imperfezione.
Dall’altro, emerge un referente etico fondamentale che è la persona umana, nella totalità della sua esistenza, della sua dimensione corporea, psichica e spirituale, nei suoi valori di ragione, libertà, coscienza, affettività, religiosità, solidarietà sociale, nella sua capacità di formare una comunità in spirito d’amore e di giustizia.
Anche per i trapianti, come per le altre frontiere della vita, la scienza e l’arte medica non sono sovrane assolute, ma trionfano nella loro grandezza solo nel momento in cui si pongono umilmente al servizio dell’uomo, nel rispetto della sua dignità.
Dietro ai trapianti non vi sono soltanto problemi medici, ma ancor più morali. In futuro i trapianti occuperanno un posto sempre più importante, ma ciò richiede che si sviluppi una cultura della solidarietà e del dono, realizzando un singolare e talora eroico servizio alla vita.
Come scrisse Giovanni Paolo II: «Grazie alla scienza e alla formazione professionale e alla dedizione di medici e operatori sanitari… si presentano nuove e meravigliose sfide. Siamo sfidati ad amare il nostro prossimo in modi nuovi; in termini evangelici ad amare sino alla fine».
Enrico Larghero