008-Così sta scritto – Nato da Donna (8)
FAVOLA O "MISTERO"?
C’era una volta…
Tutto è già pronto sul tavolo dei pubblicitari per celebrare il natale 2005: panettoni, alcornol, telefonini, babbi-natale, luminarie, zampogne e poi chi più superfluo ha più superfluo metta!… E intanto quel bimbo, occasione di tanto scialo, continua a morire di fame, freddo, sete in tutto il mondo.
C’era una volta… Ognuno aggiunga di suo il personaggio che vuole: Cappuccetto rosso, Alice, Biancaneve; oppure anche il presepio, Gesù bambino tra il bue e l’asinello, le oche giulive e i pastori, le massaie e la neve di cotone; oppure la Madonna stralunata davanti al Figlio nudo «al freddo e al gelo»; o anche san Giuseppe a mani giunte, beato e contento che il Figlio di cui è custode nasca all’aria buona dell’aperta campagna. Tutto fa tenerezza; tutto è utile per addormentare bambini e adulti con overdose di ninne-nanne a suon di zampogne.
Se a natale bisogna essere buoni perché lo esige il galateo e la nostra «civiltà occidentale», che gli atei pii vorrebbero difendere con lo sbarramento di fuoco della religione cristiana, ebbene, quest’anno voglio cantare fuori dal coro e voglio fare il cattivo, perché per fedeltà al natale e per rispetto della fede cristiana abolirei il natale con annessi e connessi.
In principio… il Mistero…
Nel NT per descrivere il natale non trovo parole più crude e austere di quelle di Paolo ai Galati (4,4): «Quando poi giunse la pienezza del tempo, Dio mandò fuori (inviò) il Figlio suo, fatto (nato) da donna, fatto sotto la legge (sottomesso alla legge)» (trad. letterale).
«Quando giunse la pienezza/maturità del tempo». Significa che il tempo precedente era immaturo e incompleto, vuoto perché mancava il Figlio. Ora il tempo è pronto e Dio/Padre-Madre si distacca dal suo unigenito (mandò fuori) per dare un senso al tempo vuoto degli uomini, per renderlo maturo a ricevere una nuova umanità. Natale è il tempo di Dio perché «accorcia» l’eternità di Dio: «Colui che i cieli dei cieli non possono contenere» (1Re 8,27; 2Cr 2,5; 6,18) lascia la sua eternità ed entra nel tempo dell’uomo e ne scandisce il ritmo perché è tempo che l’uomo rientri nell’eternità di Dio (cf Fil 2,7).
A natale Dio si fa uomo perché questi possa riprendersi la dignità della sua immagine perduta nel giardino di Eden da Adam ed Eva, scacciati dal paradiso e diventati opachi e mortali. Il loro vestito di luce, cioè la loro pelle luminosa, là divenne pelle oscura e opaca, pelle di morte. Ora a natale, Adam ed Eva riprendono di nuovo la luminosità dello spirito e rientrano nella dignità di figli, accompagnati dal Figlio venuto a riscattarli: riaccendono la luce della loro anima e della loro nuova pelle: «Il Lògos/Verbo/Parola carne fu fatto». Adam ed Eva e i loro discendenti, uomini e donne di ogni tempo e geografia, ricevono «il potere di diventare figli di Dio» (Gv 1,14.12).
È il Mistero! La sconvolgente rivelazione del «natale del Signore».
Il Dio accorciato…
Nella Regula Bullata del 1223, Francesco d’Assisi dice che «il Signore sulla terra ha fatto il verbum abbreviatum» (cap. IX; cf Rom 9,28), intendendo che tutta la storia della salvezza è stata abbreviata, accorciata nella persona del Verbo Incaato. Dio si accorcia nelle misure di un bambino per farsi capire e comprendere dall’umanità: un bambino è capace di smontare anche l’animo più restio perché è libero, senza difese, senza pregiudizi, senza maschere, immediato e affettivo. Chi ha paura di un bambino?
Dire che Dio si fa bambino significa affermare che l’impossibile è possibile. Significa in un certo senso negare la divinità di Dio stesso perché fa coincidere due contrari: l’umano e il divino, il tempo e l’eterno, l’immanente e il trascendente. Dio si accorcia! Ecco lo scandalo, simile allo scandalo della croce.
Dal primo natale in avanti, nessuno può più fare a meno di contare il tempo con la misura dell’eternità, perché l’eternità stessa di Dio è contaminata per sempre dal tempo dell’uomo. Nessuno può più incontrare Dio o cercarlo o invocarlo senza passare attraverso la sua umanità, la sua corporalità e la sua fisicità. Nessuna spiritualità è più possibile al di fuori dell’incarnazione, cioè dell’incontro «fisico» con Dio.
Gli spiritualisti che mettono tra parentesi l’umanità di Dio, credendo di difendere la sua trascendenza, non si rendono conto che parlano di un altro dio, di un idolo, una caricatura di Dio. Nessuno infatti può accedere più a Dio senza passare obbligatoriamente attraverso la pienezza della umanità del Lògos-carne: Uomo-Dio «nato da donna, nato sotto la legge».
Natale: Dio incarnato! Nemmeno Dio può più fare a meno dell’umanità e della carne mortale.
Questo è il motivo per cui non ci può più essere «rivelazione» in senso stretto: ora possiamo vedere e toccare la «carne di Dio», perché Dio, l’inesprimibile, diventa «carnale»: «Ciò che era fin da principio, ciò che noi abbiamo udito, ciò che noi abbiamo veduto con i nostri occhi, ciò che noi abbiamo contemplato e ciò che le nostre mani hanno toccato, ossia il Verbo della vita, (poiché la vita si è fatta visibile, noi l’abbiamo veduta e di ciò rendiamo testimonianza e vi annunziamo la vita eterna, che era presso il Padre e si è resa visibile a noi), quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunziamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi. La nostra comunione è col Padre e col Figlio suo Gesù Cristo» (1Gv 1,1-3).
Le parole del prologo della prima lettera di Giovanni contengono due ossimori (=opposti) travolgenti: vedere il Verbo e toccare il Verbo. Come è possibile vedere e toccare la Parola/Lògos? Natale è questo ossimoro: Dio veduto e toccato. Non è forse quello che avviene anche nell’eucaristia dove vediamo la Parola che diventa il Pane che mangiamo?
La donna e la Legge
Il ventre della donna è la tenda della nuova umanità perché è la grotta del natale di Dio. Non si è uomini senza una donna e non c’è Dio incarnato senza la donna: «Fatto da donna»! Il Concilio di Efeso (431) ne ebbe tanta consapevolezza che i 200 padri presenti proclamarono all’unanimità Maria, la donna, Theotòkos/Madre di Dio. Solo Dante riesce a esprimee la profondità, ma anche lui deve ricorrere ad altri 3 ossimori stridenti e per questo sono poesia pura: «Vergine-Madre, figlia-del-tuo-Figlio, umile-ed-alta più che creatura» (Par. xxxiv, 1-2).
San Paolo ha coscienza di quello che afferma, perché l’espressione «fatto da donna» è una bestemmia di fronte alla religione giudaica, un obbrobrio per la filosofia greca! Dio l’Onnipotente, il Creatore, il Liberatore, il Salvatore, il Padre d’Israele che si accorcia così tanto fino a diventare sarx/carne di fragilità nell’impuro ventre di una donna.
L’ebreo maschio, infatti, ogni mattina prega: «Benedetto sei tu, Signore nostro Dio e re dell’universo, che non mi hai fatto nascere pagano/idolatra… che non mi hai fatto nascere schiavo… che non mi hai fatto nascere donna» (Ufficio del mattino, Barùk). Essere donna, secondo la legge e la tradizione è paragonabile all’idolatria e al paganesimo, cioè all’essere spregevole davanti a Dio.
Per questo la donna, consapevole della sua condizione di emarginazione e non riponendo alcuna fiducia nell’uomo, perché disprezzata anche da coloro che l’amano, a differenza dell’arroganza dell’uomo, si abbandona totalmente alla volontà del Signore, senza pretendere di avee spiegazione. Anche lei infatti ogni mattina prega come il suo uomo, ma con una piccola variante: «Benedetto sei tu, Signore… che non mi hai fatto pagana/idolatra… schiava… e mi hai fatto nascere secondo la tua volontà».
Nella donna si compie la Legge, perché la volontà dell’Onnipotente si assume la forma del ventre di una donna: «Ecco, vengo! Nel rotolo del libro sta scritto per me di fare la tua volontà. Sì, mio Dio, lo voglio: la tua Toràh/Legge (è/sta) in mezzo alle mie viscere» (Sal 40/39,8-9).
Quando giunse la pienezza del tempo
Una donna ebrea, una ragazza appena adolescente, di fronte al mistero di un Dio che la sceglie Arca della Nuova Alleanza, lei che si nutre della preghiera dei salmi, si lascia trasportare dal suo cuore e si abbandona alla volontà del Re dell’universo: «Oh, sì! Ecco (mi! Sono) la serva del Signore: avvenga di me secondo la sua Parola» (Lc 1,38). Circa 35 anni dopo, il Figlio farà sue le parole della Madre, abbandonandosi alla morte per amore: «Padre… si compia la tua volontà» (Mt 26,42).
Celebrare il natale è entrare in questa volontà fino a identificarsi con essa: carne di Dio e sangue dell’uomo.
È natale! Bisogna spegnere le luci che distraggono dal silenzio che avvolge tutte le cose nella notte di Dio, per ascoltare la Parola che vagisce dal ventre di donna come una spada affilata (Sap 18,14-16; cf Eb 4, 12) che porta all’umanità il vangelo della fine dell’esilio perché Dio riprende possesso della tenda carnale di un grembo di donna: la tenda nuova del convegno dove ora Adam ed Eva possono riposare in pace!
La favola
Il natale-favola è comodo e liberante, perché non tocca le corde vitali della vita, ma solo la superficie del sentimento, che oggi c’è e domani scompare come l’erba del campo (Mt 6,30). Il natale-mistero, al contrario, fa paura sia ai credenti che ai pastori, i quali si gingillano a costruire scenari di poetici presepi, cullati dalle note edulcorate di nenie insulse e bolse, e finiscono per annegare in un mare di sentimentalismo buonista da un giorno e lasciano che il mistero del Figlio-di-Dio-e-Figlio-di Donna si disperda per l’aria, sommerso da una montagna di convenevoli formali che anestetizzano l’anima davanti allo scandalo della nascita di Dio.
Si consuma il rito del natale civile, del natale senza Dio, ridotto a infantile rappresentazione, a cui nemmeno i bambini di oggi credono più. Dormi, dormi, Bambin… ninna nanna Gesù! A natale bisogna essere buoni e ricordarsi dei poveri! A natale anche i vescovi visitano le mense dei poveri. A natale! Peccato che ogni anno è di 365 giorni e 366 quelli bisestili. A natale il mistero del natale è sostituito dall’angoscia del regalo che bisogna fare per obbligo e convenienza: chi fa il regalo, infatti, aspetta anche un regalo a sua volta.
A natale… Dio è altrove!
A natale Dio non è in questa inciviltà occidentale, che nega ai poveri il diritto alla sopravvivenza, contravvenendo alle sue stesse leggi; non è nell’illegalità diffusa per salvaguardare privilegi individuali a danno del bene comune; non è nella religione civile senza il Bambino nato all’ombra della croce; non è nelle alleanze politiche tra lobby di potere; non è nelle cattedrali sfoggianti abiti sfarzosi e calici d’argento; non è nello scintillio dei negozi che sostituiscono la grotta di Betlemme; non è… dove lo abbiamo esiliato: nel natale, festa della finzione elevata a sistema. Sì, perché nel natale pagano dei cristiani e nel natale pseudo-cristiano dei pagani tutto è finzione. Frivolezza di favola.
È Natale! Un Bambino è nato per noi!
Gesù Bambino ritorna puntuale all’appuntamento della storia, nella pienezza del suo tempo che è la nostra eternità. Al contrario, noi ci perdiamo dietro la stupidità e la superficialità alla ricerca di una identità cristiana perduta da noi stessi e che ora vogliamo contrabbandare come identità culturale di civiltà. Siamo italiani perché cattolici, siamo cattolici perché italiani… Natale vuol dire che ogni identità parziale è annullata perché ora Dio è «tutto in tutti» (1Cor 12,6).
A natale bisogna sapere e avere coscienza che il Bambino che chiede di nascere…
• è un extracomunitario, perché è un palestinese di Nazaret;
• è un emigrato in Egitto, perché perseguitato politico e religioso;
• è vittima della Bossi-Fini, perché senza permesso di soggiorno;
• è ebreo di nascita e ricercato per essere eliminato;
• è palestinese di nazionalità, perché figlio di quella terra;
• è un fuorilegge, perché è un clandestino e ricercato dalla polizia;
• è un poco di buono, perché figlio di una ragazza-madre, appena adolescente;
• è oppositore del potere religioso e politico e finisce morto ammazzato;
• è povero dalla parte dei poveri e deve essere eliminato;
• è un laico credente atipico e controcorrente;
• è poco raccomandabile perché frequenta lebbrosi e prostitute;
• è Dio perché i suoi pensieri non sono i pensieri dei benpensanti (Is 55,8).
Quel Bimbo chiede a uomini e donne di rinascere donne e uomini nuovi, per essere abitanti vivi e seri della polis e della ekklesìa. Donne e uomini liberi, pronti a compromettersi sempre per il diritto di chiunque subisce un sopruso o vede non riconosciuto un suo diritto.
Quel Bimbo è solo un Bimbo, cioè un progetto sul futuro, una ipoteca di vita e una speranza proiettata sul domani, nonostante… tutto; e «finché nasce un bambino è segno che Dio non si è ancora stancato degli uomini» (Tagore), perché egli stesso continua a nascere per noi, a natale
Paolo Farinella