L’Africa c’è, è viva, anche culturalmente. E lo dimostra la straordinaria produzione cinematografica, fiction e documentari, lungo e cortometraggi, video per la tv e serie televisive.
La settima arte si confronta sul continente ai problemi di finanziamenti, scarsa presenza di centri di formazione e, soprattutto, difficile o inesistente distribuzione
(i film africani hanno difficoltà a essere presentati nelle sale africane). Ma gli addetti ai lavori vedono queste piuttosto come sfide per il futuro.
Così, ogni due anni, si incontrano al Festival panafricano del cinema
e della televisione di Ouagadougou (Fespaco) per mostrare il meglio della produzione, per scambiare, per fare progetti.
Una settimana di delirio cinematografico, che ha visto quest’anno un’elevata qualità
nelle diverse competizioni.
I temi sono quelli cari a questa cinematografia, fatta di registi e attori impegnati. Un cinema spesso sociale, talvolta di denuncia. Tematiche come i conflitti e la loro risoluzione, i problemi del dopo guerra e della riconciliazione nazionale. Ma anche il dovere della memoria, la riflessione sul passato dell’Africa e sulla colonizzazione.
Spesso presente è il rapporto tra Africa ed Europa: il dialogo cercato, l’incontro e lo scontro tra le culture, inteso come il capirsi o non capirsi affatto. Il tema del potere, la famiglia (soprattutto il rapporto genitori-figli), l’infanzia e l’Aids.
Dal Maghreb al Sudafrica, passando per l’Africa dell’Ovest (che con
il Senegal e il Burkina Faso è un po’ la culla della cinematografia africana), il Congo, l’Angola.
E il Fespaco del 2005 sancisce che è giunto il grande momento del cinema anglofono, soprattutto sudafricano, che mostra una buona maturità.
È del Sudafrica il grande vincitore del Festival, Zola Maseko, con il suo Drum, sull’apartheid degli anni ’50 nel suo paese.
Per molti esperti il 2005 è anche il cinquantenario della nascita del cinema dell’Africa nera. Così organizzatori del Fespaco hanno offerto al pubblico una preziosa retrospettiva con la proiezione di opere difficilmente rintracciabili.
Un’Africa che parla di sé, si racconta. Un’Africa culturale, spesso trascurata in Europa, dove la si associa solo a sanguinosi conflitti e a genocidi. Un continente culturale che si mette in scena e potrebbe, grazie al grande schermo, smantellare almeno un po’ quegli stereotipi così forti con i quali la caratterizziamo.
Marco Bello