Sandali al vento
Con l’11° Capitolo generale i missionari della Consolata hanno esaminato il lavoro degli ultimi tempi e progettato il cammino dei prossimi sei anni, per rispondere alle sfide del mondo attuale e alle attese dei popoli in cui svolgono la loro opera di evangelizzazione.
Zaccaria, dallo sguardo sorridente. C’è pure lui, alto ed esile come un grissino. Partecipa, insieme ad altre 48 persone provenienti da Africa, America, Asia ed Europa, all’11° Capitolo generale di São Paulo (Brasile). È la massima assemblea dell’Istituto Missioni Consolata.
Ogni sei anni i missionari della Consolata, presenti i loro delegati da tutti i paesi dove operano (oggigiorno 22), sostano un mese abbondante a valutare il trascorso sessennio e a programmare quello futuro. Inoltre il Capitolo elegge la nuova direzione generale dell’Istituto, composta da un superiore e quattro consiglieri.
In pullman… Zaccaria appare alquanto spaesato, mentre dal finestrino rincorre la sterminata metropoli paulista, immersa in una fungaia di grattacieli. Approdato tutto solo dalla Costa d’Avorio, si sente troppo smilzo in una nazione dove tutto è «maior do mundo».
Tuttavia, oggi, 11 aprile, apertura ufficiale del Capitolo generale, Zaccaria si rasserena un poco. Con i 48 colleghi (comprese le missionarie della Consolata, anch’esse riunite in Capitolo), dopo il viaggio in autobus, si trova a pregare nel santuario mariano di Nossa Senhora Aparecida. Ma questa «signora» è una «madonnina»: non bella, troppo nana, a pezzi. Si racconta che, nel 1717, sia «apparsa» ad alcuni pescatori addirittura senza testa!
Ma sorride. Forse è l’unica Madonna al mondo che sorrida sempre con smagliante spontaneità. Zaccaria se la gode, perché ride come lui ed è nera quanto lui.
Zaccaria King’aru è un missionario della Consolata kenyano. Appartiene al popolo dei kikuyu, nato a Tuthu nel 1953, esattamente nel villaggio dove il 29 giugno 1902 i missionari della Consolata celebrarono la prima messa in Kenya in onore della loro omonima patrona.
Attualmente padre Zaccaria è il superiore, in Costa d’Avorio, dei 13 missionari della Consolata italiani, congolesi, spagnoli, kenyani e colombiani. Al Capitolo di São Paulo è il loro portabandiera.
Dopo 37 giorni di sessioni, incontri, dibattiti e gruppi di studio, l’11° Capitolo generale chiude i battenti tra il sollievo comune.
Il 16 maggio padre Zaccaria fa le valigie, per ritornare in Costa d’Avorio. Non è un problema raccogliere poche camicie e canottiere. Più difficile, invece, è districarsi fra la congerie di relazioni, schede, comunicati e mozioni che il Capitolo ha prodotto. «Troppa carta!» mormora tra sé il missionario maneggiando una pila di fotocopie.
Ma, dovendo informare i confratelli sui lavori e le scelte del Capitolo, padre Zaccaria passa in rassegna con cura l’intera documentazione acquisita e si sofferma pure a rileggerla. Anche perché è interessante.
Recita, per esempio, la relazione dell’Italia: «Bisogna essere testimoni della missione ad gentes, che supera la questione degli aiuti economici. Nostro compito specifico è invitare la chiesa locale e la società civile a respirare un’aria di mondialità e a destare in tutti una sana inquietudine per il regno di Dio. Se la chiesa è rannicchiata sui propri problemi e paralizzata da schemi del passato, dobbiamo offrire le vivaci esperienze delle giovani chiese, e non solo raccontare avvenimenti patetici, tali da suscitare facili emozioni per elemosinare denari. L’animazione missionaria è ben altro!».
A proposito di soldi (ma non solo), ecco quanto si scrive dal Tanzania: «Ringraziamo la Provvidenza, che ci giunge attraverso vari canali: parenti, amici, benefattori e associazioni varie. È spesso un coro di generosa solidarietà, a volte del tutto inattesa. Forse la missione non può che avere che questo unico cespite sicuro: la Provvidenza. Riconoscenza, sobrietà, responsabilità e fedeltà amministrativa devono essere le caratteristiche con cui noi, missionari, riceviamo e doniamo. Ma anche disceere, valutare bene ed essere pronti, eventualmente, a ridimensionare il nostro stile di realizzare la missione…».
Quanto al Kenya (paese cui Zaccaria è, ovviamente, molto attento), le diocesi di Maralal e Marsabit sono ancora un campo d’avanguardia, con aree di primissima evangelizzazione. Il problema di tanti idiomi e il disagio di vivere in zone impervie non facilitano il lavoro missionario. Ciononostante, si auspica un rinnovamento della pastorale, che coinvolga maggiormente la popolazione locale.
Varie volte, durante il Capitolo, è risuonato il termine «pandemia», assai più eloquente del pur grave «epidemia». Oggi la pandemia per antonomasia si chiama Aids e furoreggia in Africa. «Aids che per molti è una parola-tabù, da non pronunciarsi mai» ha denunciato in assemblea padre Zaccaria. «Aids che ha ucciso 500 persone nel mio villaggio natale e sei fratelli nella mia stessa famiglia» ha precisato un altro capitolare africano, raggelando l’uditorio.
Nell’Africa subsahariana dove operano i missionari della Consolata, dall’Etiopia all’Uganda, dal Congo al Mozambico, l’Aids produce il deserto: scompare la generazione degli adulti (la più valida economicamente e culturalmente), lasciando alle spalle solo vecchi e bambini orfani, sovente sieropositivi.
Dal Sudafrica si è udita, forse, la voce più sconsolata. In media, ogni giorno, un migliaio di persone contrae il virus Hiv-Aids. Nel 2004 oltre 400 mila individui sono deceduti. Però (ed è un’assurdità!), nonostante la forte pressione internazionale per usufruire di farmaci a basso costo, «il governo sudafricano, ottenutili, non ha approvato alcuna terapia, quale ad esempio gli antiretrovirali durante il parto». Perché?…
La relazione dal Sudafrica (a suo tempo caratterizzato dall’odiosa discriminazione razziale, imposta ai neri dai bianchi) ha impressionato anche per il clima di insicurezza e paura che regna in varie parti del paese: a tal punto che alcune abitazioni sono munite di «recinti ad alta tensione elettrica» per respingere i malintenzionati.
Intanto l’anziano e saggio Nelson Mandela raccomanda a tutti «un piano di ricostruzione e sviluppo che nasca dall’anima».
Data la diversità culturale, padre Zaccaria ha ascoltato con interesse soprattutto gli interventi riguardanti le nazioni dell’America. Nazioni socialmente travagliate. Fa testo l’Argentina (un tempo granaio del mondo), dove ieri si moriva anche di fame, mentre oggi si sopravvive alla «buena de Dios». Oppure il Venezuela, che vede crescere spudoratamente il divario fra ricchi e poveri.
Per i missionari della Consolata la scelta dei bisognosi è sempre stata una priorità. E bisognosi sono, specialmente, i popoli indigeni. In Argentina e Venezuela la loro scoperta (o riscoperta) qualifica la missione.
Gli aborigeni latinoamericani sono stati il cavallo di battaglia in tante campagne di sensibilizzazione. L’ultima in ordine di tempo è stata «Nos existimos»: ha riguardato i contadini poveri, gli emarginati urbani e gli indios di Roraima (Brasile). Ebbene, con quale gioia, il 16 aprile, i capitolari hanno salutato l’omologazione dell’area indigena Raposa/Serra do Sol di Roraima! Esultanti specialmente i padri Antonio Feandes e Laurindo Lazzaretti, nonché fratel Carlo Zacquini, operanti in loco…
E la Colombia? Da decenni, con i suoi 25 mila morti ammazzati all’anno, è dilaniata da un tasso di violenza superiore persino a quello dell’Iraq. Eppure non mancano spiragli di luce, come la Scuola di riconciliazione e perdono «Espere». È un antidoto efficace al clima di odio instauratosi nella nazione per motivi politici. «Gli effetti positivi di questa scuola – ha affermato padre Piero Trabucco, ex superiore generale – potrebbero suggerire al nostro Istituto di favorire l’iniziativa ovunque svolgiamo un’azione missionaria».
Dunque, riconciliazione e perdono, però non disgiunti da verità e giustizia.
Poiché i missionari della Consolata sono intercontinentali, padre Zaccaria ha accolto con stupore l’analisi sul Nordamerica (Stati Uniti e Canada). Qui la multiculturalità è, nello stesso tempo, dono e fardello. In ogni caso assurge a sfida che i missionari, sia di cultura inglese che francese, vogliono affrontare con coraggio.
E coraggioso è stato padre Leonard De Pasquale, superiore del Nordamerica, nell’affermare che «gli Stati Uniti esportano la loro ideologia di democrazia in un modo non accettabile da tutti i cittadini. Di conseguenza molti si sono opposti all’aggressione degli Usa all’Iraq, come pure alla politica di controllo e dominio del mondo».
Valigia in mano e borsa a tracolla, padre Zaccaria King’aru lascia Rua Itá 381 – São Paulo, sede dell’11° Capitolo generale. Poiché assai difficilmente vi rimetterà piede, il missionario, prima di andarsene definitivamente, si volta a guardare per l’ultima volta… e incontra sulla facciata dell’edificio l’altorilievo della Consolata: bislungo, sproporzionato, impassibile. Non sorride questa Madonna; anzi, non ha neppure volto. Ma è volutamente incompiuta.
E forse, proprio per questo, è eloquentissima. Senza manto, indosserà e il sari indiano e il pareo tanzaniano e il ruana colombiano. Senza sguardo, avrà gli occhi verdi della mamma canadese, quelli a mandorla della coreana o le pupille estasiate dell’etiope.
Consolata e consolatrice, sorella e madre di tutte le genti.
Box 1
«Il nostro stile
di vita e missione»
È il titolo del documento ufficiale prodotto dall’11° Capitolo generale. Consta di due parti. La prima offre una sintesi articolata sul come i missionari della Consolata:
– sono discepoli di Cristo,
– vivono l’appartenenza al proprio istituto,
– manifestano la comunione,
– prestano servizio missionario,
– dispensano i misteri di salvezza,
– amministrano i beni materiali,
– sono organizzati.
L a 2a parte (assai diversa dalla prima) comprende alcune «schede» con proposte operative attinenti a:
– santitá di vita come orizzonte della missione,
– comunitá multiculturale e interculturale,
– comunione e collaborazione con altre forze,
– attenzione all’ad gentes degli areopaghi,
– giustizia, pace e integritá del creato,
– dialogo interreligioso,
– formazione di base e permanente,
– fratelli missionari consacrati,
– animazione missionaria e vocazionale,
– mezzi di comunicazione sociale
– sfida dell’Aids.
N el sessennio 2005-2011 la direzione generale dei missionari della Consolata sarà composta dai padri:
– Aquiléo Fiorentini, superiore generale
– Stefano Camerlengo, vicesuperiore e primo consigliere
– Francisco de Asís Jesús López Vásquez, secondo consigliere
– António Manuel de Jesus Feandes, terzo consigliere
– Matthew Ouma, quarto consigliere
C omplessivamente i missionari della Consolata sono un migliaio. Provengono da Argentina, Brasile, Canada, Cile, Colombia, Congo, Corea del Sud, El Salvador, Eritrea, Etiopia, Inghilterra, Italia, Kenya, Mozambico, Polonia, Portogallo, Spagna, Tanzania, Usa, Uganda, Uruguay, Venezuela. Operano, in comunità inteazionali, in questi stessi stati (esclusi Cile, El Salvador, Eritrea, Polonia, Uruguay). Ma sono presenti anche a Gibuti.
Francesco Beardi