Battitore liberoAmbiente: a proposito di bugie

Su MC del marzo 2005 ho letto la recensione, molto critica, che Paolo Moiola fa del libro “Le bugie degli ambientalisti. I falsi allarmismi dei movimenti ecologisti”. Un’altra rivista missionaria, Mondo e Missione, sul numero di agosto/settembre 2004 ospita un contributo dei suoi autori (non è precisato se si tratti o meno di un estratto dal medesimo) e presenta la pubblicazione come “Un’inchiesta che, prendendo le mosse dal magistero della Chiesa, propone una chiave di lettura “fuori dal coro” sul tema della salvaguardia dell’ambiente e smaschera ipocrisie e falsità portate avanti da una parte del movimento ecologista…”.
Cosa dire, forse bisognerebbe proprio leggerlo… eppure ho scelto di non farlo. Leggo molto, purtroppo ho molto tempo per farlo sui mezzi pubblici che uso quotidianamente, per scelta, al posto dell’auto, ma i due articoli sopra citati sono stati sufficienti a convincermi dell’inutilità, almeno per me, di un tale testo! Per quel che può valere la mia opinione, mi permetto, invece, di invitare alla lettura di un altro libro, davvero molto valido, già da voi in citato: “Futuro sostenibile” (ed EMI) di Wolfgang Sachs. Ottima la vostra iniziativa di intervistarlo! Da decenni mi occupo di ambiente per passione, più di recente anche per lavoro (in un comune), ed alcuni anni fa, quando di sostenibilità non si parlava così tanto come oggi (purtroppo se ne parla molto ma in concreto si fa poco!) ho regalato questo libro al mio assessore all’ecologia perché ne tenesse in considerazione i principi nelle scelte politiche dell’amministrazione.
Detto questo (era la cosa che davvero mi premeva segnalare), se può essere di qualche interesse per vostri lettori, vi propongo qualche considerazione che motiva la scelta sopra espressa. Ovviamente gli argomenti sono estremamente complessi e la sintesi obbliga a semplificazioni che rendono ancor più difficile cercare di farsi ben comprendere. Ci provo.
1. La Terra starebbe benissimo anche se fosse un deserto inospitale come gli altri pianeti che conosciamo. Perché la nostra specie possa sopravvivere, siamo noi “umani” ad aver bisogno che l’ambiente conservi certe ben definite caratteristiche.
2. E’ difficile anche per gli addetti ai lavori e gli scienziati avere un’idea precisa dei fenomeni ambientali sia a scala planetaria sia a scala locale. A maggior ragione questo vale per chi non ha la possibilità di accesso diretto agli studi scientifici.
3. Di fatto è più il desiderio di profitto di pochi che l’esigenza del bene pubblico ad orientare le scelte degli stati, compresi gli investimenti nelle ricerche e nella divulgazione dei loro risultati.
4. Alcune delle affermazioni degli autori del libro “inquisito”, compresa qualcuna fra quelle criticate da Paolo Moiola, per quanto ne so io sono vere, ma descrivono solo una parte e non tutta la realtà. Condivido l’affermazione che la creatività e la tecnologia umane “contribuiscano” a definire le risorse, ma non bastano! Lo dimostra proprio l’esempio del petrolio: Mathis Wackeagel (ideatore e divulgatore dell’indicatore “Impronta ecologica”) di recente a Milano ha osservato che “E’ scorretto parlare di paesi produttori di petrolio, più giusto sarebbe definirli “liquidatori di petrolio” visto che si limitano ad estrarlo e venderlo; a produrlo davvero sono stati processi naturali in tempi infinitamente più lunghi rispetto a quelli in cui lo stiamo consumando”. La migliore tecnologia risulterebbe quindi inutile in assenza della risorsa naturale.
5. Con tutta la nostra creatività non potremo mai far a meno di alimentarci, bere, respirare. E ci sono anche modi diversi per farlo: che producono differenti livelli di benessere. Per aiutarci a ricollocare nel giusto ordine di priorità le nostre esigenze essenziali, può essere illuminante provare a verificare per quanto tempo riusciamo a resistere trattenendo il fiato!
6. Senza addentrarmi in complesse problematiche planetarie sull’effettivo stato dell’ambiente, mi limito ad un’osservazione molto semplice: ci rifiuteremmo categoricamente di acquistare un paio di scarpe sporche e usate ma riteniamo accettabile che l’acqua che beviamo contenga una quantità, definita per legge, di sostanze nocive (ma non abbastanza!). Nota di colore: alcune derivano, fra l’altro, dagli scarichi dei nostri servizi igienici!
7. La questione ambientale dunque non è un fatto di tutela della natura fine a se stessa ma una necessità per la nostra salute e per vivere meglio. E’ anche una questione di giustizia e di rispetto della dignità umana. Tutela dell’ambiente e tutela dei diritti umani sono molto più strettamente connessi di quanto si possa superficialmente pensare. Con soddisfazione rilevo che anche il mondo religioso da qualche tempo se ne sta occupando sempre più di frequente (MC compresa).
8. La prima necessità, in questo come in tutti gli ambiti della nostra vita, risiede nella corretta informazione. Che non si fa semplicemente accusando il mondo ambientalista, dimostrandone oltretutto una conoscenza quantomeno incompleta. Specie se limitata a quanto ne appare sui mezzi di comunicazione di massa. Anche in campo ambientale è semmai proprio di questi ultimi la responsabilità nel presentae, spesso superficialmente, solo gli aspetti più eclatanti, sbagliando nel ritenerli i soli interessanti per il pubblico. Sarebbe invece doverosa una molto più capillare, quotidiana e competente informazione. Capace di suscitare l’interesse di tutti, perché non sia lasciato ai soli “ambientalisti” l’onere di occuparsene. Dopo di che… siamo in una democrazia e, se le scelte andranno comunque in una direzione che non ci piace, non ci resterà che impegnarci ancora di più per convincere chi non la pensa come noi sulla necessità di modificarle.

Giovanni Guzzi

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